mercoledì 23 febbraio 2011

Dialoghi della vescica


Un litro di acqua in poche ore. Ma qualche bicchiere in più non guasta. La prescrizone è chiara e insidacabile e l'utente femmina, cultura universitaria e malattia in agguato, è pronta per l'ecografia addome superiore e addome inferiore.
L'appuntamento è per le 11 del mattino in una clinica della galassia sanitaria piemontese, uno di quei gioiellini cosmetizzati che hanno avuto l'accreditamento dalla sanità pubblica. In sintesi: efficienza svizzera a nordovest delle penisola.
La povera utente, caricata la vescica, si dirige a passi lenti per evitare sollecitazioni fino alla porta dell'ambulatorio. Si è tarata per resistere fino alle 11 e mezzo, oltre non risponde sulla continenza dell'organo.

Sulle sedie allineate si sono accomodati un aziano accompagnato dalla moglie, che, temendo una seconda corvè lo invita a bere in continuazione, e un ragazzo sotto tutela di un accompagnatore che gli impartisce precetti di buona educazione. Non appena l'educatore si allontana il ragazzo si inginocchia davanti alla sedia e confessa mentalmente peccati mai commessi.
L'utente femmina si informa sulla sequenza e scopre con piacere di dover passare dopo l'uomo ostaggio della moglie, ma soprattutto prima dell'aspirante seminarista.

A interrompere la conversazione tra coniugi  ci pensa l'infermiera che chiama dentro l'anziano, la moglie tira un sospiro di sollievo e spera che il pedagogico accompagnamento abbia dato i suoi frutti e la colecisti del marito si visibile al primo ultrasuono.
L'utente femmina contrae i muscoli e guarda con sospetto il ragazzo ancora inginocchiato davanti alla sedia.
L'attesa, in queste condizioni, rende tutti avversari.

Quando la porta si apre, esce l'anziano che, senza salutare, si dirige veloce verso il bagno, la moglie lo segue, l'utente femmina sta per alzarsi, ma il ragazzo mostra riflessi straordinari nonostante i negativi effetti dei farmaci neurolettici e con una sola falcata si infila nell'ambulatorio.

Allora l'utente femmina ha un moto di orgoglio e, messa da parte  la solidarietà per gli ultimi, incattivita dal bisogno fisiologico e senza neanche bussare, entra nello studio medico reclamando la precedenza.

Il corpo vestito con camice bianco, infastidito dalla piazzata, la redarguisce per i modi poco urbani, ma l'utente femmina non si lascia intimidire e replica con fermezza alle obiezioni del medico.

Il breve certamen decreta la vincitrice che si accomoda sul lettino per l'ecografia. E l'educatore, indovinato l'alterco, ha ricondotto alla giusta sequenza il giovane con ambizioni da seminarista.

Arriva la fine anche per l'utente femmina che già pregusta il rilascio della muscolatura striata che preserva l'ampolla urinaria. Ma di fronte alla porta del bagno almeno otto persone attendono il turno con uguale impazienza.

Il tempo è poco e il bisogno urge. Dopo lo smarrimento iniziale, l'utente femmina  medita, cogita e delibera:  cerca un altro bagno. Perciò torna alla recpetion dove urpiste in divisa capiscono impellenza e la dirottano al bagno di riserva.

A questo punto l'utene femmina se ne fotte della segnaletica orizzontale, dell'assenza del cartello uomo/donna/handicappato - per lei quel bagno potrebbe essere riservato agli elefanti - entra nello stanzino e cerca di attivare la funzione "rilascio".

Sarà stata la tensione della mattinata o l'aspirante seminarista poco ecumenico che le ha lanciato una maledizione, ma i risultati tardano a manifestarsi.

E' un dialogo interiore delle grandi occasioni quello che si consuma con la vescica nel bagno di servizio tra preghiere, rinvendicazioni e promesse. Poi finalmente si manifesta l'epifenomeno grazie a un'asana venuta in aiuto da un vecchio corso di yoga.
Benedetta circoscrizione.

1 commento:

  1. ahahahahaha come capisco ...
    sarà che quando sei lanciato verso il bagno del capolinea di solito ne avvengono di tutti i colori ...
    Mi hai dato un bello spunto per un post che prima o poi scriverò ;-)))

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