domenica 27 marzo 2011

Call me

E' stata una sorpresa che mi ha bloccato in mezzo all'incrocio: un telefono pubblico proprio all'angolo vicino casa mia. In tutti questi anni non me ne ero mai accorta. Da quando cioè l'avanzare dei cellulari ha definitivamente soppiantato le cabine telefoniche. E quelle superstiti vanno bene per ripararsi dalla pioggia o, all'occorrenza, per sostituire i vespasiani.
Invece no. Questa mattina un signore di mezza età, con accento italiano, stava parlando nella campana di protezione acustica del telefono pubblico, anche se così ad alto volume che l'ho sentito.

Affetta da cecità pregressa, ho chiesto lumi al bar di fronte, perchè io proprio non ci volevo crdere che ci fosse un telefono funzionante in mezzo al traffico del corso.

Il solito avventore, che tutto sa della zona, conferma la presenza da circa un anno del fungo telefonico e mi fornisce anche le statistiche del fermo impianto.

Ora io mi riprometto di usare l'apparecchio al più presto perchè occorre premiare tanto senso civico. E soprattuto rimbalzare indietro nel tempo, quando c'era ancora la lira e per telefonare dovevi farci cadere dentro una moneta da cento lire, tariffa urbana illimitata, oppure quando, nelle sere d'inverno ti stropicciavi nelle cabine con il tuo fidanzato o, ancora anche, quando la cabina telefonica era il posto da dove venivano rivendicate azioni  sovversive: "Qui gruppi armati ecc. abbiamo eseguito esproprio proletario." Click. Oppure  presentate richieste di riscatto "Portate mezzo miliardo in banconote da mille non segnate nel posto , vi faremo sapere."

Chissà con chi parlava quel signore di mezza età in modo così concitato.

giovedì 24 marzo 2011

Totem e tribù

Sono prove importanti quelle che la sorte, qualche volta, ti chiama a superare. E per chi vive dietro lo sportello la sfida sta nel sopravvivere quando il totem elimina coda si rompe e non eroga più minuscoli foglietti con numeri progressivi per rabbonire l’utente.
È successo questa mattina.
Erano circa le dieci e l’urpista diligente mi ha cercato sul telefonino per annunciarmi disordini nel salone: utenti in derelegulation rimbalzavano tra gli sportelli senza riuscire a consegnare documenti o perfezionare pratiche.

Cristo! E tu che hai fatto?” l’ho interrogata con ansia.
E cosa vuoi che abbia fatto – mi ha risposto con tono compiaciuto – ho chiamato l’assistenza e ho distribuito i numeri a mano”.

Tiro un sospiro di sollievo e penso al caffè, ma l’urpista diligente affonda il colpo:
“Già, adesso c’è poca gente, ma domani, all’ora di apertura, come faremo?”
Il muro umano schiacciato sulla porta vetri dell’ingresso alle 8.30 del mattino mi fa tremare i polsi. Occorre ritornare al lavoro manuale. Allora scendo per preparare almeno 227 biglietti con il numero disegnato a pennarello, confido su maschio di razza bianca e corporatura robusta posizionato all’ingresso per domare folla e nuovi disordini
In ascensore imploro il tecnico del totem.

Ma il destino, per la verità un po’ avverso di questi ultimi tempi, mi dà una mano. L’uomo del totem mi apostrofa e mi prospetta una soluzione rapida. Poi armato di spry, olio e un lunghissimo bastoncino flessibile, ha rimesso in funzione la macchinetta salva-sportello che ha ripreso a sputare biglietti a ripetizione con una sola carezza sullo schermo - tecnologia touch screen - ricomponendo la pace nel salone.

mercoledì 23 marzo 2011

Abuso della professione medica



Lui si chiama “Animalware Doctor” ed è un virus che si è installato sul mio sistema operativo sotto le mentite spoglie di un programma che ti protegge dalle infezioni.
Falso.
Il lurido cavallo di Troia anziché curare il pc, vuole impossessarsi della mia identità e di tutte le password che io non ho mollato.
L’ho respinto, ho cercato debellarlo, ho scansito il disco con l’antivirus poi, vinta dall’abuso, ho spento il computer e ho chiamato un softwarista di lungo corso, un vero dottore del computer, che il giorno successivo è corso al capezzale del morituro.

La cura è stata pesante e radicale, una bonifica file per file prima di trovare l’insidioso batterio in salsa bit e, successivamente, l’escissione chirurgica a colpi di mouse.
Un ultimo controllo e una nuova scansione con uno speciale antivirus e il mio hard disk è avviato a una veloce ripresa.

Problema. A chi denunciare l’abuso di professione medica?

martedì 15 marzo 2011

La spoon river delle scuse

L'utente medio attinge a un fondo dedicato alle scuse che sfodera tutte le volte che scopre di essere in ritardo.

Stavolta è un sussidio erogato tutti gli anni, e sempre nello stesso periodo, ad alcune famiglie. Dopo il primo assalto degli utenti più zelanti, il flusso si regolarizza per toccare un nuovo picco all'approssimarsi della scadenza.
L'ultimo giorno, indossata l'armatura e si affronta l'ultimo assalto. Mentre la giornata successiva è dedicata ai respingimenti.

E il dialogo si declina sempre uguale.

"Davvero?"
"Sì"
"E quando?"
"Ieri"
"Allora non posso più presentare la domanda?"
"No"
"Ma io sono stato in ospedale..."
"Per 56 giorni?"
"No, ieri a fare degli esami."
"Ha avuto 55 giorni per presentare la domanda."
"E adesso che faccio?"
"Paga tutto."

"Davvero?"
"Sì"
"E quando?"
"Ieri"
"Allora non posso più presentare la domanda?"
"No"
"Ma io solo ieri ho trovato la lettera."
"L'abbiamo spedita a gennaio."
"Sarà colpa del postino"
"Gli chieda i danni"


"Davvero?"
"Sì"
"E quando?"
"Ieri"
"Allora non posso più presentare la domanda?"
"No"
"Non ne sapevo niente."
"Sono dieci anni che Lei ottiene il sussidio, non può non saperlo?"
"La mia assistente sociale non ha voglia di lavorare"
"E Lei?"


"Davvero?"
"Sì"
"E quando?"
"Ieri"
"Allora non posso più presentare la domanda?"
"No"
"Sul cartello c'era scritto che scadeva oggi"
"Maledetto inchiostro simpatico"


"Davvero?"
"Sì"
"E quando?"
"Ieri"
"Allora non posso più presentare la domanda?"
"No"
"Ma da quando scade oggi?"
"Dal '96"


"Davvero?"
"Sì"
"E quando?"
"Ieri"
"Allora non posso più presentare la domanda?"
"No"
"L'ascensore non funzionava"
"Lei è privo degli arti inferiori?"
"No"

martedì 8 marzo 2011

Dolenti casse

Anche al supemermercato l'utente medio sfodera pezzi da novanta. Solo che lì si chiamano clienti. Ma per il cassiere, condannato a passare sul lettore ottico migliaia di prodotti in turni di due ore senza pausa, il risultato è lo stesso.

Così, con l'approssiamarsi dell'ora x, l'addetto alla cassa accende il semaforo rosso, mette il cartello "CHIUSO", avverte l'ultimo della fila e spera nella buona sorte.

Ma al cliente distratto, con il telefonico ultima generazione attaccato all'orecchio, per parlare, quando il discorso si fa aulico, di pappe per cani, non basta una faglia oceanica per interrompere il suo inutile interloquire vie etere.

Ci cade dentro mentre continua a berciare.
Così il cassiere di fine turno esercita le gambe alzandosi ogni volta e intimando l'altolà a ogni nuovo avventore che allunga la fila.
Ma merita un oscar alla carriera l'espressione stupita del cliente quando viene bloccato: "Ma questa cassa è chiusa?!"

lunedì 7 marzo 2011

Day off

Dopo 20 minuti attaccata al termosifone della cucina per trovare uno stratagemma che mi spingesse al lavoro, ho deliberato:  mi meritavo giorno di ferie.

Un calcolo veloce sul residuo del 2010 ha abbattuto il muro della mia indecisione. Ho alzato il telefono, composto il numero, annunciato all'ufficio personale la mia assenza e ho tirato un sospiro di sollievo.

Alla riunione sulla firma digitale può andarci qualcun altro. Non io.

Io mi godo il dolce far niente a casa mia, mi lacco le unghie, leggo la cronaca bianca sul giornale, faccio surfing in internet. Ma l'ufficio non avrà il mio cervello. Almeno per oggi

venerdì 4 marzo 2011

Bit e non più bit


Succede così. Il computer del mio ufficio ha smesso di funzionare. Si accende, mi chiede login e password e, dopo un tempo infinito, si materializza il primo avviso:
"Aggiornamento non riuscito"

Insisto e vado avanti, ma di scaricare la posta elettronica non ne vuol sapere, nè di entrare nel sistema, figuriamoci fare surfing su  internet.

Il tecnico per venire a dargli  un'occhiata vuole una richiesta via e mail

"Scusa, ma ma posta elettronica non funziona, non posso mandarti la richiesta?"
"Chiedi al referente per l'informatica del tuo servizio, è la procedura".

Giro lo sguardo in cerca di aiuto e la collega indulgente capisce ed invia in tempo reale una richista  in bit al servizio informativo aziendale.

Questo succedeva martedì.

Per due giorni si son alternati al capezzale del mio computer due esperti in hardware e software, hanno riprogrammato il computer, reinstallato il bios (?), sostiutito il cavo, controllato la funzionalità del punto rete, spostato gli attacchi.

Ma la macchina si ingrippa sempre. Apre la sua schermata, sembra che carichi il programma, poi, dopo che sullo schermo sono passate migliaia di righe bianche su sfondo nero, emette la sentenza:
"Aggiornamento non riuscito".

E io sempre lì ad attendere un segnale di vitalità, mentre i colleghi del protocollo mi guardano sospettosi, la segretaria incuriosita da tanto movimento chiede cosa stia succedendo.

Non voglio neanche immaginare che sia una strategia aziendale, qui la persecuzione batte vie mai percorse. Ma tant'è.

Per due giorni ho vagolato per il palazzo in attesa delle 17.30 l'ora della mia libertà.
E domani è un altro giorno.




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