venerdì 17 giugno 2011

Brunetta e precari nella Pa: ma chi sono e cosa fanno 2

Rispondono al telefono degli infiniti numeri verdi istituiti dalle Pubbliche Amminstrazioni, Vi forniscono informazioni agli sportelli, passano sotto lo scanner i vostri 730, oppure scrivono comunicati stampa sui siti, ma non mancano squadre di verniciatori dei cancelli delle scuole,  addetti alle pulizie negli uffici pubblici, biologi che analizzano il vostro sangue o infermieri - prevalentemente stranieri - che fanno prelievi di sangue o somministrano terapie in ospedali pubblici.
E l'elenco potrebbe continuare. Tutti con le stigmate del precariato.

Entrano in ufficio come me, ma  non timbrano il cartellino,  mangiano come me, ma non hanno diritto alla mensa, si ammalano come me, ma non hanno mutua,  lavorano come me, ma non conoscono  un aumento di stipendio, invecchiano come me, ma non avranno una pensione pari alla mia, lavorano come me, ma ma si prendono il 20 per cento in meno.  Sono i paria del nuovo millennio.

A loro è vietato fare un mutuo o affittare una casa, comprare una macchina a rate o più semplicemente fare un figlio.

Ditemi che lavoro fate e il tipo di amministrazione per la quale lavorate: questo blog è aperto a chi desidera arricchire la lista della vergongna.

Brunetta e precari nella Pa: ma chi sono e cosa fanno

Forse non tutti sanno che da alcuni anni la Pubblica Amministrazione, Comuni, Province, Regioni, ma anche Ministeri e ospedali - sì signori, pure negli ospedali - alcuni servizi, anche fondamentali, si reggono su precariato.
Sia chiaro, il fenomeno non è nuovo. Se interrogate qualche impiegato Vi dirà che è passato dalle forche caudine del "tempo determinato" oppure che è entrato come "avventizio".

Niente di nuovo sotto il sole, dunque.

Non è proprio così. Facciamo qualche passo indietro. Di molti anni.

Erano gli anni Settanta, l'Italia viveva anni bui, l'inflazione correva al 17 per cento, cortei in piazza e scioperi a cadenza settimanale e le P38 colpivano alle gambe. Per far fronte alla dilagante disoccupazione giovanile venne istituita la legge speciale giovani: in sintesi le pubbliche amministrazioni assorbirono una gran numero di giovani, tutti con contratti a termine di tre o sei mesi e qualifiche basse. Ci fu un'infornata di bidelli con licenza liceale, coadiutori amministrativi alle soglie della laurea e postini reduci dall'esame di maturità.

Il meccanismo era semplice e garantista. Dopo qualche rinnovo di contratto si arrivava al concorso riservato e alla stabilizzazione. Posto fisso e stipendio assicurato. Dalle Poste alle Ferrovie dello Stato, con ancora convertiti al capitalismo delle SpA, migliaia di persone si sono assicurate lavoro e futuro dignitoso.

Ma il mondo cambiava veloce  e ci voleva tutti flessibili. I lacci della stabilità imbrigliavano un mercato in continua evoluzione e, dopo la grande abbuffata degli anni Ottanta, quando se non eri un agente di borsa o una Pr, non eri nessuno, le imprese reclamavano flessibilità in nome di un dinamismo e in cambio di crescita economica e ricchezza senza fine.

Ci hanno creduto tutti. Anche Treu, ministro del lavoro nei governi Dini e Prodi, che ha varato il pacchetto di riforme sul lavoro interinale, prima vietato in Italia, ma molto diffuso nei paesi anglossassoni, e altre misure. Era il '97 e queste leggi si applicavano solo al lavoro privato.

Ma nel decreto legislativo 29 del '93 si iniziava a parlare di privatizzazione del  pubblico impiego, rinviando per esempio al Giudice ordinario le cause di lavoro in precedenza dibattute nei sileziosi tribunali amministrativi. E si fissavano i paletti per le grandi riforme sull'occupazione. 
Basta con l'impiego a vita. I vento del cambiamento soffiava forte sul mondo del lavoro e Biagi, quello ucciso dalle Brigate Rosse, lo ha alimentato inserendo nuove tipologie contrattuali, i famosi contratto a progetto. Obiettivo della riforma: contrastare la disoccupazione. Era il 2003

Come sia possibile da buone intenzioni arrivare all'inferno del precariato, non è dato saperlo.
Ma a meno di 10 anni di distanza, il risultato è un  sconfortante aumento non solo del numero dei precari, ma soprattuto dei tempi di precariato. E senza speranza. Altro che due o tre contratti da avventizi, prima del concorso. Nella Pa c'è gente che fa il Co.co.co, il Co.co.pro, l'interinale anche per 10 anni senza alcuna speranza  e lo fa accanto al collega strutturato e garantito facendo lo stesso lavoro, ma a prezzo molto più basso.
Certo è l'Italia peggiore, perchè è il peggio che può dare l'Italia fondata sul lavoro. Sottopagato.
(I continua)

mercoledì 15 giugno 2011

Precari della Pa: Brunetta li ignora


Il giustiziere della Funzione pubblica ha colpito ancora. Lo ha fatto ieri a Roma al convegno sull'Innovazione nella Pa di fronte alla platea accorsa per rendere omaggio al ministro censore.

Perciò, memore dell'impegno verso il pubblico, che ha sempre il diritto di essere ascoltato quando arriva allo sportello, il ministro ha dato prova di come ci si debba comportare con l'utente medio.

Così alla precaria salita sul palco dei relatori è bastato dichiare l'appartenenza alla "rete dei precari della Pa" per far scattare nel rappresentante del governo un moto di stizza che lo ha costretto a lasciare immediatamnte l'aula.

A nulla sono valse le proteste di altri precari, nè il tentativo di fermare la macchina nella quale il giustiziere si era rifiugiato, il ministro ha lasciato il palazzo in tutta fretta lasciando il pubblico basito.

Il video dell'accaduto lo si trova sul sito di Repubblica
Signor Ministro, ma Lei la faccia non ce la mette mai?