lunedì 31 dicembre 2012

Capodanno 2013 io vado a teatro


Buon 2013 

Io passo la notte del 31 dicembre al Teatro Alfieri.   Brindisi di Mezzanotte con gli attori e poi lo spettacolo. Stasera si rappresenta "La Commedia dei Gemelli"  di Gian Mesturino e Girolamo Angione  
da I Menecmi di Tito Maccio Plauto. 

Domani le foto dello spettacolo.  


Auguri a tutti

martedì 25 dicembre 2012

Babbo Natale stai più attento!

Foto scaricata dal sito della Stampa
Babbo Natale stai più attento!
Ti avevo chiesto un corpo snello e un grosso conto in banca, non il contrario.
Uffa!


mercoledì 28 novembre 2012

Tff: ma l'etica del lavoro è o no cosa nostra?

Alzi la mano chi non ha provato dolore nel sapere che le scarpe da ginnastica indossate per passeggiare sono state cucite in Bangladesh per quattro soldi, o chi non si sia indignato di fronte allo sfuttamento del lavoratori laureati nei call center.

Ecco. Lo stesso vale per il Tff, o almeno così dice  Paul Laverty, sceneggiatere dei film di Ken Loach, il regista che ha rifiutato il  premio gran Torino per solidarieta ai lavoratori sfruttati della cultura. La lettera,  pubblicata dalla Stampa di Torino,  accusa di politica di Ponzio Pilato il Tff.
Leggetivi il j'accuse

http://www.lastampa.it/2012/11/28/spettacoli/festival-di-torino/2012/il-festival-fa-come-ponzio-pilato-lo-sceneggiatore-di-loach-all-attacco-QsUoQjhamQ8Z5rixFEfoDM/pagina.html

giovedì 8 novembre 2012

Obama presidente americano innamorato


Lo so: ieri è stata la foto più cliccata del web. Obama che abbraccia Michelle dopo averle dichiarato ancora più amore davanti a tutti.
Io dopo un giorno intero di fumi per l'invidia, la rimando nel circolo del web con qualche considerazione a latere.

Michelle, dimmi come hai fatto. Sì spiegamelo - anche in americano tanto lo parlo - quale malìa hai teso a Barack per guadagnarti un simile riconoscimento? Perché sai, noi qui in Italia, nel paese dei latin lover, un'effusione così ce la sogniamo. Nella migliore delle ipotesi, in un'occasione pubblica, i nostri uomini ci chiedono se i calzini si intonano alla cravatta e si incazzano se non li hai inseguiti per strapparglieli dai piedi il mattino presto. Poi puntano la venticinquenne scosciata in prima fila e sorridono ebeti certi che la signorina, anzichè compatirli per la loro goffaggine, sia ammaliata dal loro fascino. Intanto iniziano un disconoscimento di paternità dei pargoli che lo chiamano dall'altalena.

Tu invece dopo vent'anni di matrimonio, due figlie, un fondoschiena non proprio taglia 42, un mandato di presidenza Usa, decisamente sfiancante, la ginnastica con i bambini obesi tutte le mattine e l'orto alla Casa bianca susciti ancora queste reazioni? E dimmi, quando zappi e puzzi come una capretta lui ti spia da dietro le tende dell'ufficio ovale e ti manda i bacetti volanti?  Sìììì? Dio che invidia.

Perchè noi invece un abbraccio così passionale ce lo prendiamo solo il mattino presto, durante il picco ormonale che tutto offusca  e che ti innalza al rango di fata, a patto che tu non la faccia tanto lunga, se no anche quello sfuma spezzando l'incantesimo e rispedendoti di filato nella categoria "coniuge frusto".

Beh,  si accorgono di te anche quando zitta, zitta te ne via,  allora ti corrono dietro promettendo fuochi e fiamme eterne. Vietato crederci, si estinguono in pochissimi giorni. Bisogna sospettare anche quando esibiscono testosterone quotidiano al di fuori degli orari ordinari, probabilmente sono infoiati dalla giovane collega e fanno esercizi di stile.
Poi ti adorano se capiscono che hai una liaison dangereuse con il collega d'ufficio, allora è tutto uno stropicciarti i vestiti prima di andare a lavorare: in questo caso fatevi dare più soldi per la donna delle pulizie. Ma sul rivale è sufficiente anche solo un sospetto affinchè vengano a prenderti in ufficio vestiti da motociclisti con il giubbotto aperto.
Ma tu Michelle, dicci la verità: non è durante la campagna elettorale hai strizzato l'occhio a Romney?

mercoledì 7 novembre 2012

Piccoli espedienti senza importanza

Di fronte alla frusta tiritera del "siamo senza soldi" enunciata in molteplici lingue da tutti gli enti, l'italico ingegno ha trovato una soluzione per distribuire ai lavoratori della Pa, al palo fino al 2017, qualche avanzo d'amministrazione del fondo dipendenti.

Niente di folle, per carità, massimo 800 euro all'anno, ma sputaci sopra in questo periodo.

Ovvio che almeno sulla carta l'obolo non è gratis, ma richiede un impegno formalizzato da un progetto che risulti innovativo, che ottimizzi risorse e, manco a dirlo, che  generi risparmio.
Ora dopo aver ricacciato nella tomba Milton Friedman, ridestatosi per la bestemmia economica e riscritto le regole del sindacato, nel mio ente è stato tutto un rincorrersi nel cercare idee con le caratteristiche di cui sopra, poichè si sa, sulla Luna ci siamo già andati, su Marte ci abbiamo mandato Curiosity, un fagnano che passa il tempo a cinguettare con i suoi fan, e ripulire in apnea la fossa delle Marianne richiede ancora qualche aggiustamento. 
Allora, poichè niente di nuovo emergeva dall'incubatore dei geni, me inclusa, sono state rispolverate e lucidate a nuovo le attività ordinarie, battezzate con nomi altisonanti, contabilizzate in ore/uomo, e riorganizzate in gruppi di lavoro, quindi presentate alla dirigenza come veramente innovative durante un'estenutate trattativa sindacale.

Ovvio che la dirigenza abbia storto il naso, ma di fronte alla necessità di motivare il diniego, elaborare criteri uniformi, attribuire punteggi equi e  compilare  schede,  ha accolto i progetti senza obiezione alcuna. Sempre meglio che lavorare, avranno pensato le teste di cuoio. 

Il tutto è stato inviato poi ad un'apposita commissione di valutazione esterna che li ha approvati.

Sembrava che tutto fosse a posto. Ma inesorabile è arrivato  il momento dell'operatività. Così l'ufficio peronale, ops, la Direzione organizzazione,  sviluppo risorse umane e formazione, ha inviato a tutti i dirigenti la comunicazione di approvazione del progetto e la richiesta di monitoraggio del medesimo.

La scala gerarchica, che nel mio ente dal direttore generale passa direttamente a me poiché da sei anni manca il  dirigente del servizio, mi ha regalato la richiesta di monitoraggio. Io ho cercato di ignorarla per circa 10 giorni, finchè la telefonata di sollecito mi intimato la redazione del documento.

Allora chiamo il capo progetto e gli chiedo a che punto siamo con i lavori. Lui, un uomo più lento di una lumaca carnivora,  mi risponde con un lunghissimo giro di parole circa l'opportunità di utlizzare questo istituto  contrattuale  per ottenere solo elemosina. Lo blocco prima che sciorini i suoi pezzi da novanta sul contratto nazionale collettivo di  lavoro e gli chiedo una data: ma neanche con le tenaglie infuocate riesco a strappargli una dichiarazione, che non sia d'intenti.
Sogno di chiuderlo nella vergine di Norimberga e penso al da farsi, finchè ripongo la bozza di documento sulla sua scrivania e gli dico candida:

"Allora quando avete iniziato a lavorare? Dammi una data se no io scrivo 1 gennaio 2013 e voi i soldi del  2012 ve li sognate"  e  me sono andata via.

Un po' di terrorismo non può far male.



mercoledì 24 ottobre 2012

Spending review: il 10 per cento che sconvolse l'ente

Si parla di spending review. Protagonista di conversazioni, riunioni e trattative sindacali, non c'è cristiano che non citi questo orribile anglicismo come se avesse studiato alla London of School Economis and Political Science
Io che ho studiato letteratura italiana e comunicazione, invece me ne impippo e anziché tremare come una fogliolina al vento per timore di perdere la mia indennità, continuo come se niente fosse la mia vita dissipata.

Intanto nel mio ente si decidono le strategie aziendali del prossimo triennio e per risparmiare abbiamo assunto un consulente a 80mila euro più indennità di risultato con l'inequivocabile mandato di ottimizzare i costi aziendali.

Dopo un'accurata ricerca tra le pieghe del bilancio il consulente ritiene "sia opportuno tagliare tutti i capitoli di spesa del 10 per cento e anche di più".
Sinceramente colpito da questa proposta di finanza creativa davvero inusitata, il direttore generale, sempre il solito, ha fatto chiamare il consulente per prenderlo a calci nel culo di persona e farsi restituire lo stipendio in monete da due euro. La segretaria lo ha trattenuto ricordandogli che il CdA non avrebbe apprezzato simili intemperanze e perciò ha desistito ritornando su modelli di governance già collaudati.

Così ha convocato tutti i dirigenti e ha chiesto conto di tutti i capitoli di spesa, oltre mille, scrivendo su ciascuno, a mano e con la penna rossa proprio come prescritto dalla circolare Astengo, il risparmio ottenuto a seguito di minacce, ingiurie e contumelie.

Quando si è passati al mio servizio, privo di un dirigente da oltre sei anni, il direttore ha chiamato i suoi funzionari nella speranza di restringere di una taglia tutte quelle cifre.

Io con grande semplicità ho ricordato di aver già subito una riduzione del 20 per cento all'inizio dell'anno, pertanto per tagliare ulteriormente i costi - fondamentalmente del personale - occorre ritornare al più presto alla tratta degli schiavi:  il direttore ha subito apprezzato il suggerimento, ma il capo del personale gli ha ricordato che è stata abolita ufficialmente. Il direttore ha stigmatizzato la decisione quantomeno affrettata.

Una collega, invece, dopo aver concesso 5mila euro ha messo un prorprio rene all'asta. Il direttore ha ancora una volta apprezzato l'idea e ha dato mandato alla segretaria per l'organizzazione della riffa. A spegnere l'entusiasmo ci ha pensato il medico del lavoro, consultato in tutta fretta, che ha ipotizzato maggiori costi di spese mediche e un aumento dell'assenteismo della collega per i postumi dell'intervento.
"Già nel prossimo triennio?" si è informato cauto il direttore.
"Verosimilmente sì" gli è stato risposto. Non pienamente convinto ha tuttavia dovuto desistere: grande delusione tra gli astanti.

La terza collega pronta a dare battaglia, si vista invece scippare 25mila euro. Dopo un momento di smarrimento ha ricordato che per un ulteriore prelievo occorreva andare direttamente a scassinare la banca sotto casa sua. Bastavano un piccone e un operaio. Il direttore si è compiaciuto per  lo spirito collaborativo e ha chiesto i turni dei muratori. Ma il dirigente del bilancio ha frenato gli entusiasmi ricordando che le transazioni in contanti sopra i mille euro sono vietate dal decreto Salvaitalia. E come se non bastasse l'avvocatura al gran completo ha formulato un parere orale sulla liceità dell'operazione "prelievo banca" che si può prefigurare come un reato di furto con l'aggravante dello scasso... il direttore li ha ferma prima che prevedessero altre disgrazie. Per la consulenza gli avvocati ricevono 2mila euro di propine.
Il direttore sogna una piazza Sintagma per i nostri dirigenti.
Per favore non ditelo a Bondi.

martedì 23 ottobre 2012

Contrordine compagni: le bugie hanno le gambe corte

Dopo aver superato il rischio gravissimo di bruciare per sempre tra le fiamme dell'ente senza alcun valido motivo dissoluto, tranne qualche vaffa lanciato a denti stretti, ecco la risposta che mi ha mostrato la cagoria protetta dopo averla strappata a una fine orribile:

"Si informano tutti i dipendenti che al piano di evacuazione ed emergenza sono apportate le seguenti modifiche:



"Forse lo hanno scritto perchè non abbiamo preso gli stivali..."

"!?"

giovedì 18 ottobre 2012

Qualche volta le bugie hanno le gambe lunghe

L'allarme scatta mentre sto telefonando. Interrompo la comunicazione, più per il fischio che per il rispetto delle procedure, e cerco i responsabili della sicurezza. Entrambi sono fuori per il corso di aggiornamento sulla sicurezza. Logico.

Gli altri colleghi attendono alle consuete occupazioni e anche io mi dispongo a farmi rompere i timpani dalla sirena o ardere viva sulla scrivania, che è la stessa cosa. Tanto dall'ottavo piano del mio palazzo ho poche speranze di salvarmi. Vantaggi di chi lavora al top.

Così apro la posta elettronica a caccia di notizie tipo "Nessun problema stiamo provando i sistemi di sicurezza del palazzo" quando vedo arrivare il direttore generale, lui in persona, singaro in bocca e faccia seria, che intima la fuga immediata.
Orbene, se il direttore generale, uomo cosi parsimonioso che se si dimentica di stampare fronte/retro si addebita da solo la pagina bianca,  fa uscire i dipendenti in orario di servizio devo aspettarmi le  lingue di fuoco lambire il tetto.

Perciò agguanto la borsa, prendo la giacca e scappo via a gambe levate trascinandomi dietro la collega appartenete alle categorie protette che però vuole assolutamente prendere gli stivali di ricambio, prima di uscire.
"Ma dove sono gli stivali?" le chiedo nella confusione.
"Nell'armadietto" mi risponde come se fossimo al bar.
"Quale armadietto?" chiedo stupita, scoprendo per la prima volta in dieci, dico dieci anni di lavoro là dentro, che esistono degli armadietti.
"Quelli dentro lo sgabuzzino di fronte ai bagni".  Posto così remoto che ci rimani secco solo entrarci,  figurarsi respirare l'acido cianidrico prodotto dalla combustione della lana di roccia presente nell'intercapedine dei muri.
"Le chiavi sono nel secondo cassetto della mia scrivania, vado a prenderele" mi annuncia sicura.
Qui, qualcuno è fuori posto, penso tra me e me.
"Lasciali lì" le ordino risoluta, poi mi sento un verme e la rassicuro, "più tardi ritorniamo a prenderli"
"E se  bruciano?" obietta lei. Giusto. E se bruciamo noi? Temo io, ma a che serve dichiararlo.
Allora serve un avviso ci garanzia condito da una bella bugia.
"Tranquilla,  non bruceranno, perchè è un'esercitazione. Ma ci prendono i tempi da Roma dobbiamo fare in fretta"



mercoledì 17 ottobre 2012

L'utente fantasma

Lo ammetto: ho sfruttato le mie conoscenze nella sanità e sono stata punita da Utor, il dio degli utenti che ho bestemmiato infinite volte in questo blog.

La pena? Tra le più dure. Vagare senza sosta per i sottarranei dell'ospedale alla ricerca della risonanza magnetica.

Il tutto è iniziato un pomeriggio di metà settembre quando, colta da un attacco di "casalinghitudine incontines" patologia di cui soffrono prevalentemente le lavoratrici di alta professionalità, mi sono dedicata al bucato, attività che abitualmente condivido con la mia lavatrice, ma che richiede comunque un'accurata cernita dei panni per creare, dall'informe massa di biancheria sporca ospitata in un cestone, dei mucchietti omogenei in base al tessuto, tipologia e/o colore della stoffa da destinare al lavaggio automatico.

E se gli elettrodomestici hanno liberato le donne dalla schiavitù della casa, regalando loro tante ore libere, alcune donne non sanno che farsene e ogni tanto anelano a sciabordare come lavandaie professioniste sull'argine del fiume. Quel pomeriggio di settembre io appartenevo alla seconda categoria e ho pretrattato compulsivamente con  sapone di marsiglia colli, colletti, polsini, pattine, orli, fodere e cerniere interni e esterni, di dritto e di rovescio, macchie visibili e invisibili.

Ma nel rialzarmi ho potuto apprezzare l'insostituibile dono del progettista di lavatrici, al quale comunque suggerisco di aggiungere due braccini retrattili per caricare autonomamente la biancheria, e mentre tentavo di riconquistare la stazione eretta, la mia schiena ha subito un'interruzione di manovra segnalata da un dolore pari alla bastonata assestata dalla Cosa dei Fantastici quattro.

Dopo il primo soccorso, prestato da un'amica medico invocata via telefono prima di schiantarmi sul letto, e la cura di cortisone, protratta per diversi giorni che mi ha permesso di ritornare a lavorare tra le categorie protette, siamo arrivati all'indagine diagnostica.

"Non ti preoccupare Cassandra, ti faccio la richiesta io così tu non impazzisci, e passi dal mio reparto"

Anche provata dal dolore cerco di opporre una qualche resistenza a questa corsia preferenziale che stigmatizzo nell'utente; ma di fronte alla sua insistenza: "Ma che sei scema, non lo vedi come sei ridotta!" e la garanzia di partecipare alla quota di spesa sanitaria, meglio conosciuta come pagamento del ticket cedo e ringrazio, confermando la tesi secondo la quale "l'occasione fa l'uomo ladro".

Così oggi pomeriggio passo dal reparto e mi dirigo verso la risonanza magnetica, pronta ad entrare in un tubo calamitato con una potenza in grado di staccarti la protesi dell'anca non ancora calcificata.

E siccome la mia amica doveva fare una consulenza in un altro reparto, io me ne sono andata tranquilla, tranquilla verso il servizio di radiologia diagnostica, certa che la segnaletica potesse farmi da guida.

Ma Utor tendeva il suo tranello. E io, impegnativa del medico in una mano e precedente referto nell'altra, ispezionavo i sotterranei dell'ospedale.

Ad ogni cartello alzavo gli occhi e cercavo il nome del servizio, lo trovavo, seguivo la direzione della freccia, calpestavo il percorso tracciato dalla linea blu e mi ritrovavo al punto di partenza.

Così ho ceduto e imbattutami in un camice bianco proveniente dal senso opposto, ho assunto l'espressione dell'utente medio e l'ho importunato.

L'uomo ha scossa la testa, ha guardato l'impegnativa e mi ha indicato la strada.

Arrivata a destinazione ho preso il biglietto segnacoda,  mi sono seduta e ho aspettato in una sala vuota. Trascorsi 20 minuti senza alcuna presanza umana dietro il vetro, visto che tra una cosa e l'altra iniziavo ad accumulare ritardo, ho bussato a una porta di un ufficio con su scritto "Accettazione".

Ne esce una segretaria indispettita che dopo aver guardato l'impegnativa, bonfonchiato qualcosa contro le richieste interne, controllato l'orologio, attestato che ero in ritardo, verificato che non avrei più potuto pagare il ticket perche ormai gli uffici erano tutti chiusi, recitato una ramanzina contro i pazienti indolenti, di fronte alle mie scuse, con sussiego mi  ha spedito dentro il tubo magnetico in men che non si dica, minacciando tuttavia di spedirmi il  cobrador del frac se non avessi pagato il ticket al ritiro degli esami.

domenica 7 ottobre 2012

Leggins in ecopelle e lo specchio impietoso

Nonostante l'età, non proprio da ninfa, e la zazzera da lesbica berlinese, non ho resistito al richiamo dei pantaloni in ecopelle molto di moda negli settanta quando ero un'adolescente che ascoltava i Sex Pistols.

Per dirla tutta, da vera peccatrice seriale, ne avevo già un paio che a però sono arrivati al capolinea.  Certo quest'anno la moda mi aiuta, perché grandi magazzini e catene di abbigliamento trendy propongono il latex nero, senza dover necessariamente visitare siti per sporcaccioni per poterli acquistare. E persino alcune linee per audaci cicciottelle fashion victim propongono il nero lucido al posto degli stravisti  jeans.

Già, ma si tratta di leggins, che ai miei tempi si chamavano fuseaux, un indumento che a rigor di buon gusto possono permettersi, ad essere generosi, Naomi Campbell, Nicole Kidman o  Sarah Jessica Parker. Per tutte le altre esame dello specchio senza attenuanti.

Io invece cercavo quelli veri, un cinquetasche con taglio a sigaretta, degno di un motociclista della ex Ddr. E dopo un'estenuante ricerca mi sono ricordata di un vecchio negozio dove si rifornivano i punk di Torino. Certo adesso è tutto diverso, c'è uno sito web, ma in vetrina sono esposti gli stessi anfibi Dr Martens made in Uk.

Così sono entrata gelando la commessa che stazionava nell'antro nerissimo del negozio che non a caso si chiama Inferno.

"Lei si chiederà cosa ci fa una signora come me qua dentro?" l'ho apastrofata tanto per rompere il ghiaccio.

"No, signora, qui vengono persone di tutte le età" mi ha risposto educata e rassicurante.

Io, anziché prenderla a sberle e invitarla a frequentare un corso di tecnica di vendita di primo livello, dall'evocativo titolo "Cosa non dire mai al cliente", ho incassato il colpo e ho chiesto la merce.

E sotto i miei occhi si sono materializzati pantaloni neri lucidissimi, a vita alta, a vita bassa, con cerniere ai lati, senza cerniere, con taglio a sigaretta, anche un po' più stretti, insomma tutto quello che serve per poter sembrare appena uscita da una banda di skinhead, solo con qualche anno di più.

E la commessa mi ha fatto pure lo sconto "Per la simpatia..."

giovedì 4 ottobre 2012

21 giorni e anche un po' di più senza sigarette

L'ultima sigaretta

Ventuno giorni. Sono quelli necessari per cambiare un'abitudine.

Per me anche un po' di più,  forse, da quando ho acceso l'ultima sigaretta. Sì perché dal 20 agosto scorso io non fumo più.

La salute, prima di tutto. Ma da allora è successo di tutto.

Una tonsillite con placche e febbre mi ha prostrata per cinque giorni, solo l'antibiotico endovena di prima generazione mi ha permesso di rialzarmi dal letto.

Poi un colpo della strega mi costretto in posizione ragno ferito per quattro giorni: grazie a Dio hanno inventato il cortisone e sono riuscita ad assumere la stazione eretta e una deambulazione senza ausili ortopedici.

Nei momenti di benessere, davvero rari, la mancanza di sigarette mi regalava una fame da cavallo e la concentrazione mentale di una pulce tarantolata che mi impediva di leggere anche l'etichetta del detersivo liquido, figurarsi un post su questo blog.

E per completare la deriva salutista, vado a nuotare nell'unica piscina con l'acqua quasi calda della mia città.

Ma la pratica del nuovo sport mi ha suggerito un nuovo taglio di capelli corto corto,  che ha donato a  colleghi e amici un'espressione stupefatta,  e a me un look da lesbica berlinese degli anni '80.

La salute, prima di tutto.

lunedì 20 agosto 2012

Controesodo: Aygo, ti amo.

Code al casello 


Finalmente a casa.
Un viaggio di ritorno sotto un sole rovente, con Lucifero che buttava fuoco sull'asfalto dell'autostrada, e la mia Aygo che ha sopportato tutto.

Ha percorso con delicatezza l'autostrada di La Spezia  lasciandosi il mare a sinistra, ha seguito docilmente un Peugeot  per sette chilometri sull'unica corsia di Genova causa lavori, ha scansato ha una Megane che si è accorta tardi che doveva andare a Milano, ha gareggiato con una Mito tutta fumo e niente arrosto, ha macinato chilometri da Sarzana a Torino senza mai un ripensamento e con poco più di mezzo serbatoio e il tachimetro sempre a 130.

Accidenti che ritorno a casa io e la mia Aygo.

Certo, quando ha scorto le colline di Asti la velocità si è impennata, al casello si è riposata in attesa di passare,  ha stillato acqua adai tergicristalli superando la Ilte di Moncalieri in ricordo delle tristi vicende degli ultimi anni,  ma di fronte al Castello di Moncalieri ha illuminato gli abbaglianti e alla vista del Po i pistoni sono impazziti,  i tergicristalli facevano festa e non teneva più la strada per la felicità.

Nei viali  alberati di Torino viaggiava a velocità di crociera godendosi la città vuota fino a casa.
Per lei il parcheggio più bello, quello sempre all'ombra, tanto sono tutti via e si può scegliere, e il meritato riposo, fino al prossimo viaggio.
 
Grazie Aygo, sei la macchina più bella che ci sia.




mercoledì 15 agosto 2012

Lucca: sono single, merito un posto al ristorante?

Di vacanze distensive ne ho piene le tasche. Ma me lo sono imposto e vado avanti. Però non posso stare tutti i giorni in piscina, anche perché temo eritema più di quanto Monti tema la fine dell'euro. Perciò oggi visitina a Lucca. Cittadina graziosa, circondata da mura che ho percorso per intero e tanta cultura. Io e i soliti francesi, olandesi, americani e altri. Insomma, la solita babele delle città d'arte.

All'ora di pranzo, colta da solito languorino che mi sarei mangiata un bue intero di traverso, in un ristorantino dietro piazza Napoleone, dall'indimenticabile nome "Ale's bar" chiedo di potermi sedere.

L'omone all'ingresso mi squadra dall'alto e mi chiede se sono da sola.
"Sì, caro signore. Sono sola e voglio un tavolo fuori con vista sulla piazza?"

Scuote la testa e mi dice che non c'è posto fuori, ma solo dentro. Passa il suo assistente, e scambiandomi per una turista tedesca, evidentemente il mio abbigliamento e la macchina fotografica al collo lo hanno ingannato, si rivolge a me in tedesco dicendomi di entrare. Non che io parli la lingua teutonica, ma qualcosetta ho studiato e poi di quello si stava parlando.

Sorrido tra me e me per l'errore, e anche un po' compiaciuta, poi  giro i tacchi indispettita alla ricerca di altri lidi.

Ed eccomi in piazza San Giusto. Chiesetta e bistrot con dieci tavolini. Mi lancio:

"Avete posto? Sono sola."

"Certo signora  - mi risponde una giovane e indaffaratissima cameriera - dove vuole stare, dentro o fuori?"

Mi accomodo fuori in un tavolo da quattro e la proprietaria non batte ciglio, anzi manda via quattro turisti francesi che vogliono stare fuori,  ma l'ultimo tavolino me lo sono beccato io.

Perciò mi sono mangiata un tagliere di salumi grande quanto tutto il tavolino, un po' di pane d'accompagnamento, per sentirmi meno in colpa, un piatto di verdura grigliata, caffè, acque e dolce per 24 euro con ricevuta.

Perciò grazie bistrot Cuore, sono stata proprio bene.





martedì 14 agosto 2012

Lei partita, io tanto bene, ma un po' invidiosa

Finalmente è partita. Domenica mattina io sono uscita presto per visitare Carrara, le cave di marmo e il museo del marmo. Un pezzo di storia dell'Italia riassunta in una galleria dentro il cuore delle montagne toscane.

Al mio ritorno era ancora lì e me è preso un coccolone. Ma la sera finalmente se ne andata. Madame Bovary della Transilavania ha caricato la macchina il mattino, si è goduta la giornata in piscina e poi si è fatta venire a prendere dallo Ieti in fuoristrada che l'ha traghettata verso un'altra meta.

"Io parte, ciao. Bello conoscerti. Tu brava donna."

"Ciao, buon rientro in Romania"

"Romania? No, io va in altro posto ancora settimana, poi lui porta me in vacanza"

Vacanza? E i nipotini, i figli, il richiamo della terra natia?

"Lui, tanto male. Così, lui porta me in vacanza"

E fino adesso cosa ha fatto? Ditemi dove si impara a vendersela bene e se c'è il test d'ingresso, perché temo di non superarlo.

sabato 11 agosto 2012

Lui tanto male, io parte domani


Comunque se ne doveva andare questa mattina. Una certezza che mi ha fatto sopportare continui inviti a prendere un caffè “Freddo di stamattina Cassandra vuoi?” Sigarette da far guadagnare ai  dipendenti dei monopoli di Stato un premio aggiuntivo sulla produttività “Dai Cassandra, fuma sigaretta con noi (Lei e lo Ieti)” O vino che reggo come un mattone sullo stomaco “Solo bicchiere di vino, non male poco vino” il tutto con la speranza che madame Bovary della Transilvania questa mattina andasse via.

Mi sono alzata in grande forma per la colazione e l'ho vista intenta a sistemare i vettovagliamenti.

Gioia mi assale e azzardo un dialogo di cortesia, certa che si tratti delle ultime battute del logorroico assedio mitigato solo da fughe e bugie.

Allora parti?
Si oggi
Ottenuta conferma mi dirigo nel patio per la colazione.

Fai colazione? Io vengo” annuncia con tono dimesso seguendomi verso la terrazza.
Sento che l'incantesimo si sta sbriciolando e perciò cammino più forte per non pensare.
Che dire tu Cassandra, porta soldi io?
????????
“Si per colazione! Oppure paga dopo. Tu che dire?
Oddio! Un nuovo dilemma.

Non so che accordi tu abbia con i gestori....” rispondo con tono neutro senza perdere il passo da bersagliera.

Non c'è trippa per gatti e quindi lascia cadere l'argomento.

Beh, io prende solo caffè

Ma quando si siede al tavolino si succhia mezza moka del mio caffè e un quarto di bricco del mio latte e rifiuta sdegnosamente il pane “No, no, grazie, non mangia io mattino, no fame

Come non compatirla, le si sarà chiuso lo stomaco per la sofferenza.

Ma...... non c'è quello pane con marmellata, quello poco piccolo pane..
Croissant?

Sì, sì, quello, non vedo su questo tavolo

No, non c'è. Perchè a me schifo i dolci, io mangia pane” “Se lo vuoi devi chiederlo tu”. Dichiaro.  

No, no. Io no fame mattino, io dice così, tanto per dire” non per mangiare, ovviamente.

Cala nuovamente il silenzio e mentre lavoro di mandibole sul pane tostato lei emette un sospirone.

Tu non sa Cassandra. Tanto male lui rimasto quando io detto lui che parto. Tanto male lui”.

Scusa, ma allora, giacché non hai un posto dove andare perchè non vai a stare a casa sua, visto che sta tanto male” e mi tolgo il sassolino dalla scarpa per tutte le manipolatrici che mi rompono le tegoline con il loro dubbi.  

"Tu pensa questo Cassandra, anche io pensa questo."

Ogni donna normale pensa questo, solo che tu vuoi alzare il prezzo.

La conversazione cade, la colazione finisce e io passo la giornata pigramente tra sole, piscina e la lettura di "Le avventure di Hackleberry Finn", straordinario romanzo di  di Mark Twain. 

La sera ritorno e la ritrovo nel patio a fumare.  

"Fuma sigaretta Cassandra"

"Ancora qui?"

"Si, io parto domani" annuncia trionfante.
Come diceva mia madre, certe donne ce l'hanno d'oro. 

venerdì 10 agosto 2012

Archeologia dei beni culturali


Dopo aver dribblato con abile mestria la madame Bovary della Transilvania, in una giornata ancora torrida nonostante le nuvole, decido di dedicarmi alla cultura e vado a visitare il sito archeologico di Luni, paese al confine della Liguria ma con lo sguardo verso la Toscana.

Sono le quattro del pomeriggio e a passeggiare tra i resti delle mura erette nel 177 a.c.  dai romani per ingraziarsi la dea Luna dopo una logorante guerra contro i Liguri Apuani, siamo io e un coppia di anziani francesi di stanza a Lerici.

Mentre passeggio tra quel che rimane della città e dei mosaici che hanno impreziosito i grandi ingressi delle ville patrizie e un anfiteatro abbastanza ben conservato piango per la sorte dei beni culturali in Italia.

Le erbacce la fanno da padrone, i pochi pannelli esplicativi sono scritti esclusivamente in italiano, operatori demotivati si rianimano alla vista di coraggiosi visitatori e un senso di desolazione mi opprime il petto.

Penso ai paesi stranieri dove basta un rocco impolverato per creare un polo d'attrazione per turisti di ogni parte del mondo, e questo maledetto paese che ha un terzo del patrimonio modiale, ma non sa valorizzarlo. Ha ragione Settis quando compie una delle più spietate analisi sulla negligenza italiana. 

La prossima volta che mi viene in mente di andare in vacanza in Italia, sparatemi.






mercoledì 8 agosto 2012

Manipolazioni verbali

La vacanza al mare che io immaginavo in assoluta solitudine, si è rivelata una fotocopia della mia vita di città, delle amiche sposate e dello Ieti a corredo, ma targato La Spezia.

E sì che quando ho prenotato il titolare ha giurato sulla propria madre, che a questo punto temo odi profondamente: “No signora ci sono solo francesi e olandesi” e io sono corsa con il miraggio di un otium di rinascimentale memoria.

Invece no. Da oggi orde di italiani caciaroni sono calati dalla pianura padana per uno scampolo di sole. Ed è finita la quiete.

E come se non bastasse la mia vicina di bungalow, una signora romena in attesa di nuova occupazione, mena la giornata in attesa dell'amante. Lo Ieti lavora di giorno e arriva la sera, la chiama ogni tre minuti per controllarla, fa battute grasse.
Lei passa la giornata a girare i petali della margherita – m'ama o non m'ama – e a chiedersi cosa fare. Ma soprattutto a chiederlo a me.

Cassandraaaaa, che devo fare? Vado in Romania o resto con uomo? Tu dà me consiglio”.
Io che non sopporto la somministrazione di consigli preconfezionati, cerco di eludere la domanda e rimango interlocutoria.

Cara, io non dà te consiglio perché tu solo sai che fare”.

La mia vicina, evidentemente non avvezza a tanta saggezza, torna alla carica.

No, Cassandra, io sempre sentire suggestio di persona amica, poi fare di mia testa

Cara, se tu fare di tua testa, perché farmi perdere tempo e fiato per elaborare suggestio?”.

No, Cassandra, tu dare me... come dite voi? Consiglio, io piace sentire amici

Io non so che diavolo vuoi fare, quindi non posso darti un consiglio;  e adesso mi lasci leggere?

E sento che la mia riserva di pazienza sta per esaurirsi.
Dopo qualche minuto di silenzio che mi ha permesso di leggere giusto, giusto tre righe, eccola di nuovo all'attacco.

Tu hai bello pigmento, hai preso colore su gambe, io da più tempo di te al mare, ma bianca. Guarda!

Capisco che è solo uno stratagemma per la prossima imboscata verbale, perciò rimango incollata alla pagina sibilando un “”.

Nuova pausa di pochi minuti e tenta di aprire un nuovo varco.

Cassandra, vuoi frutti. Io sempre mangia frutti quando è caldo. Mela, susina. Mangia. Per te ho comprato”.

Eccola la femmina manipolativa che fa capolino. Anche se ho la bocca riarsa, rifiuto. Lei insiste, io chiudo il libro, sto per pronunciare un verbo, che lei mi sovrasta:

Cassandra, tu che dici, parto? Io parto per Romania. Tutto fatto per miei figli. Ora loro bisogno di me e io parto. No?

Io invece voglio partire per Torino, i 40 afosissimi gradi della città adesso mi sembrano un miraggio.

martedì 7 agosto 2012

Una giornata al mare


Un sole abbacinante saluta la giornata già alle 6 e trenta. Finalmente. Ventilato il giusto mi alzo e vado a fare un giro a piedi per le colline – devo pagare il debito alimentare di ieri – ma alle 8 e mezzo sono pronta per un nuova colazione e per giro al mare.

Marinella di Sarzana è la mia meta, ci arrivo in mattinata inoltrata giusto giusto per il sole da cancro, quello dell'ora di pranzo che farebbe inorridire qualsiasi salutista. Io me ne fotto del mio fototipo nordico e mi sdraio su una spiaggia sabbiosa. Il caldo piacevolissimo, mitigato dalla brezza del mare, mi regala piacevolissima giornata e l'eritema solare d'ordinanza.

lunedì 6 agosto 2012

Finalmente in vacanza

Finalmente in ferie. Lisa è sopravvissuta all'esame di maturità e io a un mese di afa e di noia - quella a tempo indeterminato - del mio lavoro.

Ma da ieri, vacanze. In Liguria come non ne facevo da quando avevo quindici anni. Di nuovo c'è che ho cambiato riviera: quest'anno tocca a levante.

Eccomi a Sarzana, in un posto incantevole, un bungalow immerso nel verde con piscina. Quattro libri e tanto sole. Non tantissimo a dir la verità. Io stamattina ero avevo già messo in borsa crema solare protezione 30 e una mela, per far finta di stare a dieta, tanto lo so che appena arrivata in spiaggia mi faccio un bel cappuccino con un tramezzino alle cipolle fritte che ci vogliono due litri di acido cloridrico per scomporre il materiale e spingerlo verso il duodeno, e almeno quattro ore prima che riesca a terminare il percorso. Ammesso che sia possibile.

Ma un cielo coperto di nuvole incombenti mi ha dato il benvenuto. Così in due minuti ho cambiato il mio programma e sono andata a farmi un bel giro nell'entroterra ligure.
Un'infilata di paesini incastonati nella val di Vara. Da Arcola, borgo raggiungibile solo con marce ridotte, dove campeggia una torre pentagonale bellissima, fino a Varese Ligure, detto anche borgo rotondo, e se lo visitate capirete il perché, passando per Brugnago, il paese della grande tenaglia.

Ma per chi ha voglia di inerpicasi lungo sette chilometri di tornanti dentro un bosco di castagni, non rimarrà deluso, percheé Calice a Cornoviglia si mostra con il suo imponente castello Doria-Malaspina, dominando tutta la valle.

Di fronte a tanta bellezza me ne sono fregata del caldo torrido e della pioggia, ho mangiato cipolle grigliate con olio ligure in un antico frantoio riattato a ristorante e ho rinviato la dieta a domani.

martedì 19 giugno 2012

Maturità: l'esame degli altri

Raramente uso questo blog per questioni personali, ma un'eccezione mi verrà perdonata. Domani Lisa inizierà l'esame di maturità.

E allora: in bocca al lupo. E che crepi.

Dopo 29 anni anni io ricordo ancora il mio. La prove iniziavano a luglio, si portavano due materie e i voti erano in sessantesimi.

Quell'anno, era l'83, faceva un caldo terribile, io sono arrivata davanti alla scuola con il mio vocabolario, un vecchio Zingarelli regalato a tuo padre quando era piccolo.

Invece la sera prima ero piegata in bagno a studiare Pascoli, ma il giorno dopo dalle buste del ministero è spuntato Leopardi. L'ho accantonato per il timore di scrivere una marea di banalità. E ho fatto bene. Anni dopo, quando la vita mi convocata a scuola, ma dall'altra parte della cattedra, ho letto infinite declinazioni del pessimismo cosmico che mi sarei volentieri risparmiata. Ma anche temi di grande spessore, alcuni divertenti e arguti che hanno fatto guadagnare ai redattori benevolenza e anche qualche punto.

Perché anche i professori hanno un'anima e si annoiano da morire. Ma si entusiasmano di fronte a studenti entusiasti e si rammaricano per una domanda senza risposta.

Alla mia prima maturità da insegnante, ero commissaria di italiano e latino in un liceo molto prestigioso, uno studente era stato ammesso con una media scoraggiante.
Alla riunione preliminare, il membro interno (non so so si chiamino ancora così, sono anni che ho lasciato la scuola) ha invocato la sua promozione "perché tanto un altro anno non cambierebbe niente. Fa il maestro di sci ed è bravo. Lasciamolo sulle piste". 

Dopo due scritti disastrosi è arrivato all'orale. Il presidente di commissione si è seduto accanto a me e sottovoce mi ha detto: "Professoressa, questo  ragazzo bisogna promuoverlo, lei capisce vero? Tenerlo un altro anno qui lo rovinerebbe. Ma oggi arrivano gli ispettori del ministero e dobbiamo cavargli qualche cosa... Mi affido a lei".

E io ho capito. Così quando si è seduto di fronte a me gli ho chiesto "Alla sera" di Foscolo. Il presidente è sbiancato temendo la défaillance del poveretto. Da sotto il banco gli ho fatto segno di stare tranquillo, perché da questo sonetto si ricava tutta la poetica del Foscolo. Così è stato. 

Non ti dirò mai chi è questo studente, ma non sono pentita. Ho solo dimostrato che si può cavare sangue dalle pietre, se sai dove scavare.

A lui la vita ha regalato grandi soddisfazioni e lui le ha restituite all'Italia.  

Tu  non hai bisogno di aiuti, e tuttavia temi per l'esame più importante della tua vita, e perciò ricorda che sopra le nuvole c'è sempre il sole. 

lunedì 11 giugno 2012

Ma sono proprio italiana, e anche un po' di più.

Supertitolata, altissimamente professionalizzata e profondamente annoiata: ecco la fotografia della mia situazione lavorativa.

Per dare un colpo di novità alla languida quotidianità che mi accompagna in ufficio non mi rimane che cercare altre strade. Così dopo aver fatto il bilancio delle competenze, verificato che non ho un mentore pronto a scommetere sulla mia personcina, schiacciata come un guscio di noce tra i grandi poteri occulti che manovrano questo paese, decido di presentare domanda per un concorso alla comunità europea.

Esaltata dalla semplicità con cui presenti domanda, c'è un form sul loro sito che ti guida a costruire il curriculum, niente a che vedere con i concorsi pubblici in Italia, mi immagino già negli uffici di Bruxelles a conversare in inglese con colleghi davvero simpaticissimi.

Compilati tutti i campi richiesti, il sistema mi assegna un numero di registrazione e  un account personale sul quale riceverò tutte le comunicazioni. Il messaggio finale è chiaro:  "Controlla il tuo account perchè lì, e solo lì, troverai tutto le info per la selezione".

Questo succedeva ad aprile. Poi le feste di Pasqua mi hanno spinto in Oman a scoprire nuovi mondi e sono tornata certa che 200mila candidati in 27 paesi richiedono una certa organizzazione e anche qualche mese.

Così oggi, spinta dalla consueta noia, ho controllato il mio account. Sorpresa!
Il capo dell'ufficio di selezione del personale, certo Gilles Guillard, mi ha scritto una bella letterina in iglese semplice semplice con la quale mi comunicava che la mia candidatura era stata accettata, che avevo fatto le cose per benino e che non mi rimaneva che prenotare la data della prima selezione, operazione che avrei dovuto eseguire on line dal 14 al 16 aprile ora di Bruxelles, pena l'esclusione dal concorso.  Solo la nascita di un figlio, la morte di un congiunto prossimo, madre, padre, fratello e/ sorella, o ricovero in ospedale poteva costituire un'eccezione alla ferrea regola

Ma come? Il concorso era scaduto il 5 aprile e il 6 questo diligentissimo funzionario già scriveva per confermare candidatura e data delle selezioni? A più di 200mila candidati. Ma che sistema hanno a Bruxelles quando in Italia per un concorso a due posti andiamo avanti almeno due anni.

Bene sono certa che a guardare la posta in ritardo saranno stati prevelentemente italiani. Ora io mi vergogno come una ladra e per tenere alto l'italico onore  ho deciso di dichiarare il falso e di traformare la mia nazionalità da italiana in svedese, tanto per distribuire un po' di fango ache ai paesi del nord, sempre così perfettini.

Noi qui ne abbiamo già abbastanza di verecondia, senza che ci aggiunga la mia.

domenica 10 giugno 2012

Meteorologi di tutto il mondo: nascondetevi


Me li immagino piegati su cartine, legati mani e piedi al computer grandi quanto una stanza -  ve lo ricordate Hal 9000, il computer quasi  umano di "2001 Odissea nello spazio"? -  oppure impegnati ad osservare le variazioni del  mercurio stipato in sottilissime asticelle di vetro, vivere in laboratori costruiti su cocuzzoli impervi, con il cuore rivolto all'interpretazione di venti e cirri per disegnare la mappa del sole e della pioggia con l'istogramma delle temperature, insomma ad elaborare le meglio note come previsioni del tempo.

Ecco, dei veri e propri eroi. 

Ma lo sanno questi oracoli del terzo millennio che migliaia di persone pendono dalle loro divinazioni? Lo sanno che sono due week end che me ne sto buttata in casa anziché lanciarmi su pei monti a fare lo stambecco, perché sulla Val Susa, valli limitrofe e pure a Torino si vedono nuvole, gocciolone e  fulmini che rischi di tornare a casa in barca.

E invece per due domeniche di fila il sole brillava in un cielo azzurro e splendente, l'afa ci attanagliava e di musei al chiuso ne ho le scatole piene. 

Allora, cari meteorologi, io non vi ascolto più. Non vi darò più retta e domenica prossima, anche se disegnate la sagoma di un tornado sul Piemonte, io  me ne vado in montagna a 2mila metri e se un fulmine  mi centra in pieno, un pack alpino mi investe o una raffica di vento mi precipita in un dirupo, lasciando lo zaino impigliato all'unico cespuglio cresciuto sulla nuda roccia, sarà colpa vostra della vostre previsioni approssimative. 

domenica 3 giugno 2012

Campanula addenda: gioie e pungiglioni

Campanula Addenda Blue Star

Quella che vedete nella foto è una deliziosa piantina che ogni primavera mi omaggia con una cascata di fiori di un azzurro intenso. Si chiama Campanula Addenda Blue Star e, come illustra la scheda esplicativa, è un prelibato bocconcino che non delude gli sforzi di chi la coltiva. 

Acquistata al mercato dei fiori un venerdì mattina di tanti anni fa, ha mantenuto le promesse. Dalle foglioline verdi e perenni che rallegrano i miei inverni, in aprile e fino a settembre inoltrato, è tutto un fiorire di stelle blue, da cui il nome Blue Star. 

Con poca manutenzione, se escludete una quantità d'acqua pari a quanta è necessaria per raffreddare un reattore nucleare in fiamme e la spigolatura  dei fiori appassiti, circa un centinaio/die che si depositano sul pavimento del  balcone costringendovi a spazzare ogni giorno la zona sottostante, operazioni che faranno di voi uno schiavo al cospetto di questa principessina dal manto azzurro,  otterrete risultati strabilianti e l'invidia di amiche e vicini di balcone, alcuni dei quali non esiteranno a usare il binocolo per rimirare tanta beltà. 
In men che non si dica vi guadagnerete l'ambito titolo di Miss Pollice Verde del condominio. E vi assicuro che non è poco.

Così non soddisfatta di questa meravigliosa sfera stellata quest'anno ho voluto strafare e l'ho rinvasata ottenendo una chioma fiorata grande quanto una quercia centenaria e l'ingresso nell'esclusivo olimpo delle Gardenwomen, titolo che ti regala una straordinaria notorietà nel quartiere,  qualche caffè gratis al bar dell'angolo, e il saluto di donna Amabile Radicati di Genola, instancabile animatrice dell'associazione commercianti. 

Ma ogni medaglia ha il suo rovescio è questa fa veramente male. Già, perché non sono l'unica a godere di tanta bellezza, anche le vespe si sono accorte dei fiori olenti e meravigliosi e vengono a visitarli in continuazione per suggere nettare, accoppiarsi con vespi o forse anche per organizzare una rivoluzione entomologica. Non lo so. Ma sono tantissime e quando il beccuccio dell'innaffiatoio si insinua nel verde e nell'azzurro - e succede due volte al giorno - si leva una sciame incazzato con le levette dei pungiglioni issati e diretti sulla mia persona. E son dolori.

Perciò due volte al giorno sono costretta cospargermi di repellente, indossare uno scafandro, impugnare l'innaffiatoio e sperare nella buona sorte. 
Ma io al titolo non rinuncio manco morta.

martedì 29 maggio 2012

Se la terra trema senza ordine del direttore

Non è che siamo abituati a tutte queste scosse di terremoto, perciò quando la terra trema, anche un cuor di leone diventa un coniglietto e, colto da pavidi suggerimenti, corre fuori.
Così questa mattina,  appena entrata in ufficio, dall'alto del mio grattacielo, ho sentito l'oscillazione terrestre e su indicazione del responsabile dell'emergenza, in maniera scomposta noi tutti abbiamo lasciato il palazzo.

Dopo una breve sosta nella piazzetta antistante l'edificio, in attesa che qualche pezzo di cemento armato ci cadesse in testa, evento che non si è verificato, siamo rientrati alle nostre scrivanie.

Ma le procedure in caso di sisma dicono cose ben diverse, che si può uscire solo su ordine del dirigente, che questa mattina, come tutti i giorni, alle nove non si era ancora presentato, interrompendo  l'oleata catena del comando e assegnado ad un umile impiegato  la salvezza del personale.

E dopo le tragiche notizie dell'Emilia, ecco l'email del responsabile della sicurezza dei lavoratori che avverte che "solo al  termine dell’evento si attiva, se necessario, la procedura di evacuazione della sede e nel caso odierno  non è stato dato alcun ordine di evacuazione"

Così il direttore del personale, lo stesso che è sempre l'ultimo a sapere le cose, va in giro per uffici minacciando ritorsioni contro chi è uscito senza autorizzazione.

lunedì 21 maggio 2012

Terremoto in Emilia: te la sei fatta l'assicurazione sulla casa?


Non è bastato tremare alle quattro di una domenica mattina e neanche passare una notte fuori con questo tempo da lupi, freddo e pioggia per più di 24 ore, per gli ultimi terremotati del 20 maggio 2012 c'è un altro regalo, impacchettato nella 113a  Gazzetta Ufficiale del 16 maggio scorso. Un decreto legge, il  59, che obbliga tutti quanti a far fronte alle calamità naturali con un'assicurazione privata (art. 2).

Beh, cari amici se da mercoledì scorso a domenica mattina non siete corsi in agenzia a farvi una bella polizza contro il terremoto, ammesso e non concesso che possiate averne trovata una disposta a coprirvi i danni causati dagli eventi tellurici, siete fregati due volte.

Questo è l'ultimo regalino del Governo che, stanco di sborsare soldi per ogni inezia, ha pensato bene di regolare la materia con una virata privatistica degna del miglior tradizione liberista. Ai pochi fortunati che ci hanno pensato prima, se la pioggia e le transenne vi permettono di rientrare in casa,  cercate subito il contratto stipulato con l'assicurazione per reclamare i danni, a meno che siate stati così provvidi e nei pochi secondi di terrore, mentre cercavate di mettere in salvo famigliari, non vi sia venuto in mente di cercare anche i documenti. Si sa, di solito in queste circostanze si ha il tempo di stilare una lista delle cose più importanti da portarsi dietro, sistemarle bell'e in ordine in un trolley, darsi una pettinata e uscire sorridenti.

A tutti gli altri non posso augurare che la lentezza dei nostri governanti impedisca al decreto legge di trasformarsi in legge, 60 giorni, e poter confidare in un giusto trattamento.

In ogni caso il decreto prevede:
a) mappatura del territorio per grado di rischio;
b) stima della platea dei soggetti interessati;
c) dati percentuali sull'entita' dei contributi pubblici finora concessi in caso di stato di emergenza;
d) simulazione dei premi, suddivisi per tipologia di copertura assicurativa.

In caso contrario mi sembra che ci siano che ci siano gli estremi per far causa.

Speriamo che qualche associazione che ci pensi.


domenica 20 maggio 2012

Terremoto

Amici dell'Emilia Romagna come state?
Io non sono un'esperta,  però leggete questo articolo di Cado in piedi
http://www.cadoinpiedi.it/2012/05/20/quelle_strane_fuoriuscite_dacqua_dal_terreno_prima_del_terremoto_-_foto.html

Poi ancora una domanda. Che ci facevano i due operai morti alla Sant'Agostino ceramiche la notte tra sabato e domenica al lavoro? Un'altra fabbrica a ciclo continuo come la Uru di Ponte Rondoni di Bodeno, che produce polisitrolo e  la Tecopress di Dosso, frazione di Sant'agostino, fonderia dove gli altiforni non si spengono mai.

Chissà come erano contenti di poter guadagnare un po' di straordinari festivi in questi tempi di magra.



Terremoto a Torino e l'insonnia

La terra trema alle 4,07 del mattino. Fuori è ancora buio, io invece sono già in piedi causa un attacco di insonnia.

Sono seduta e mi sto gustando caffelatte quando sento tremare la sedia. Ora come mai una persona normale alle quattro di domenica mattina, anziché dormire il sonno dei giusti tra due guanciali, sia di fronte alla colazione, lo spiegherò in un altro post, quando sarò pronta, ma tant'è.

Non che abbia avuto paura, solo quell'effetto sorpresa che sempre ti coglie quando senti la sedia tremare, temi un effetto "morgana", poi vedi tende e lampadario, l'unico non sostituito da applique e tende oscillare e pensi:
"Acc.. allora non sono pazza".

Comunque. Al momento non so quale sia stato l'epicentro, ma speriamo che non abbia fatto danni in altre zone.

martedì 15 maggio 2012

Colombo bianco non avrai il calco (di guano)

Pochi giorni di pioggia e, probabilmente, qualche tempesta magnetica hanno trasformato il mio balcone nell'habitat ideale dei piccioni torinesi che a frotte sono planati all'ultimo piano per trovare riparo sotto la falda del tetto. Non senza prima aver consumato diversi pasti pasti a base di semi, pane secco gentilmente offerto dalle anziane benefattrici, che in questa zona della città sono più numerose dei loro assistiti e perciò rivolgono le loro amorevoli cure pure agli animali, e non so cos'altro.

Ma di sicuro hanno mangiato, perché altrimenti non riesco a spiegarmi, se si esclude qualche alchimia darwiniana che permette a questi uccelli di produrre più sterco di quanto pesino, lo spettacolo che mi si è parato davanti all'apertura delle imposte.

Le simpatiche bestiole avevano lordato, di strisce e di chiazze, il muro del balcone, il pavimento e pure le gelosie con tanto guano da rendere il deserto Sahara più fertile delle sponde del Nilo.

Ma per noi che preferiamo la chimica, il guano di piccione è semplicemente merda. Così per evitare un'ordinanza urgente del sindaco e un'epidemia di psittacosi ho preparato il composto magico per scoraggiarne il ritorno Itaca. Perché non basta pulire, occorre rendere ostile l'ambiente, se no quelli sono sicuri di aver trovato casa.

Sapone di marsiglia bollito e acqua calda: la pozione magica.

Poi ho indossato i dispositivi di sicurezza previsti dalla 626,  infilato i guanti gomma color blu elettrico, regalo della donna delle pulizie dell'ufficio, impugnato il raschietto da muratore,  sono salita sulla scala e ho iniziato la bonifica della parete, delle finestre e dei davanzali.

Ci sono volute sei ore di duro lavoro e due sacchi della spazzatura prima di far ritornare agli antichi splendori la balconata. E vorrei mantenerla così ancora a lungo.

Perciò  sono andata in prefettura a richiedere il porto d'armi e in armeria a comprare un fucile a pompa e ho spedito una lettera di autodenuncia preventiva alla Lipu.

E adesso aspetto.

domenica 6 maggio 2012

Improve your English, but pay attention

Esercitare l'inglese in chat va di moda. Ma attenzione dove si va parare, perché in men che non si dica, tra simboli, abbreviazioni e frasette stringatissime, che a seguirle in inglese non è proprio facilissimo, ti senti chiedere con il proverbiale pragmatismo anglosassone : "Sei nuda?"

Ma come? Eravamo rimasti che fai il manager per un'impresa di noleggio auto, che digitavi dall'Australia, si è vero che mi hai chiesto se sono sposata, ma passare alle vie di fatto, così in fretta. Sono europea , un po' di tatto.

Forse qualche segnale me lo aveva anche lanciato Sam, quando mi ha chiesto se preferivo il miele o il cioccolato. Io pure sono caduta in errore dichiarando il mio amore per il gelato, ma pensavo si stesse parlando di cibo e gusti. Invece. Alla faccia del lifestyle, così si chiamava la chat, fossi andata almeno in  "hot & spicy".

Mi sono sentita una cretina e ho scritto che forse avevo commesso un errore, che quella mi sembrava una hot  chat.
Ha risposto semplicemente: "" e se ne andato.
Per educazione mi sono giustificata dicendo che volevo solo praticare un po' d'inglese, ma Sam non voleva perdere tempo e credo sia andato a cercare qualcuno che conoscesse meglio l'inglese.
Ben mi sta.

martedì 1 maggio 2012

La metro di Torino val bene una corsa

Poiché Hannibal, l'anticiclone africano che avrebbe dovuto portare caldo e sole su tutta l'Italia, come da programma ministeriale, si è fermato sulle Alpi, a Torino da giorni piove senza tregua. E della temperatura non ne parliamo proprio.

Così lasciata a riposo la mia bici, una fantastica Bottecchia con telaio da uomo, taglia 28 che grazie al mio femore posso cavalcare con disinvoltura anche nelle condizioni più avverse, ma i prodromi dell'alluvione non sono stati ancora affrontati e non avendo sottomano un mezzo anfibio dell'esercito, ho ripiegato sul trasporto pubblico.

Perciò, biglietto dell'autobus che faceva capolino dalla borsa,  aumentato a febbraio a 1 e mezzo - così potete usare le linee extraurbane e urbane con lo stesso "titolo di viaggio" per 90 minuti anziché 70 come prima - che Dio fulmini sindaco e tutto il consiglio di amministrazione della Gtt (Gruppo torinese trasporti), sono partita alla volta della tentacolare periferia torinese.

Ora noi a Torino abbiamo la metropolitana solo da 2006, l'anno delle olimpiadi invernali, mica dal secolo scorso, e non siamo mica tanto abituati, figurarsi io che marcio a piedi per tutta la città. E anche i torinesi mica la usano tanto, preferendo il trasporto su terra. Allora dai vertici di Gtt, per invogliare i torinesi, proverbialmente  abitudinari, ad usare la metro, hanno ridotto i percorsi di alcuni mezzi che incrociano la metropolitana. Perciò se vuole andare in centro da piazza Bengasi, uno deve saltare su un autobus, poi scendere sottoterra in una delle avveniristiche stazioni della metro, agguantare il convoglio a guida automatica, cioè senza conduttore, e risalire in superficie. E viceversa. Tutto entro 90 minuti.

Dunque ho pianificato la mia uscita al centesimo.
Sono andata al lavorare a piedi, sono uscita dall'ufficio, mi sono armata di biglietto, sono scesa nella stazione della metro, ho obliterato il titolo di viaggio, ho superato il tornello, ho controllato l'ora, ho preso la metro,  sono risalita in superficie, ho agguantato il pullman, ho letto sette pagine di Delitto e castigo di  Dostoevskij, sono scesa dall'autobus, ho fatto la commissione, ho di nuovo preso l'autobus nella direzione opposta, ho proseguito per sole tre pagine nella lettura di Delitto e castigo perché alcuni ragazzotti, evidentemente poco usi alla cultura, si spintonavano tra loro distogliendomi dall'amena lettura, sono scesa dal mezzo, ho di nuovo controllato l'ora e mi sono rallegrata per il timing perfetto: solo 46 minuti.

Quindi sono rientrata nella stazione della metro, ho di nuovo affrontato i tornelli che hanno magnificato una sonora X rossa al mio cospetto, risputando fuori il biglietto. Nessuna paura mi ha pervasa. Ho ricontrollato l'ora e, rassicurata,  ho reinfilato il biglietto dalla parte opposta. Stavolta me lo ha sequestrato con tanto di bip, perciò sono andata al citofono  customer service, ho chiamato l'addetto e ho presentato vibrata protesta.

L'uomo è arrivato e ha estratto il rettangolino di carta dalla timbratrice e me lo ha consegnato ammonendomi perché sulla metro il biglietto vale solo una corsa, non 90 minuti.  "C'è scritto sul retro"

Ah, non lo avevo letto.

Tuttavia ho manifestato il mio disappunto, poi ho solidarizzato con l'addetto che  non ne può niente, ho promesso lettere ai giornali, poi ho desistito ricordandomi quante risposte prestampate scrivo ai miei utenti, ho ipotizzato una class action, poi mi è tornato in mente che di aule di tribunali in questi ultimi anni ne ho già calcate abbastanza,  infine mi sono immaginata alla guida di un gruppo di cittadinanza attiva per il controllo dei servizi pubblici locali in stile britannico, poi ho lasciato perdere perché vivo in Italia e me sono tornata a casa con una combinazione di autobus e tram da far tremare i polsi al mobility manager della mia azienda. Ma con un solo biglietto.

venerdì 27 aprile 2012

Fuori garanzia


Panni stesi a Sarajevo (foto mia)
Dell'amore che provo per la mia lavatrice ho già scritto in questo blog.

Un amore intenso e confortato da frequenti lavaggi e reciproca soddisfazione. Io acquisto per lei detersivi di primissima qualità, in polvere, liquidi e per capi colorati. Mantengo alto il tono della passione con qualche goccia di ammorbidente e addolcisco l'acqua della centrifuga con un anticalcare di importazione. Costa un po' più degli altri, ma ne vale la pena.

E per non cadere nella monotonia cambio spesso programma: forte con prelavaggio quando necessario, misto nella routine, delicati, lana e seta solo raramente perché la noia è sempre in agguato.

Poi lei ha un posto d'onore nel mio bagno, protetta da un armadio che la ripara da sguardi indiscreti, può mettersi in mostra sono ai palati più esigenti e curiosi.

Sono una donna fortunata. E molto. D'altronde tra le infinite invenzioni che facilitano la vita il posto d'onore spetta alla lavatrice che ha liberato le donne dallo sciabordare dei panni al fiume e gli uomini dalle zecche.

E tuttavia non le basta.

Da un po' di tempo non vuole fare il suo dovere e nel bel mezzo del lavaggio cambia programma. Passa da 1200 giri a zero lasciandomi gli asciugamani in spugna così carichi di acqua che come stendibiancheria occorre usare i cavi dell'alta tensione oppure mi plissetta a 90 gradi le camicie di seta che per stirarle devo metterle sopra un geyser. E non è che Italia se ne trovino molti.

Sono casi estremi, ma mi rompono decisamente le tegoline. Perciò, dopo aver esperito alcuni metodi casalinghi, pulizia del filtro, cambio di detersivo, riduzione il carico, invocazione ai santi, ed esaurita la pazienza, ho chiamato il tecnico.

Va da sé che la garanzia è scaduta giusto giusto tre mesi fa e le tegoline mi girano ancor di più, ma di fronte alla prospettiva di bucati alla lavanderia a gettone insieme a studenti fuori sede e stranieri senza fissa dimora ho avuto paura e ho chiesto aiuto all'assistenza Hoover.

Il tecnico, impegnato su più fronti si è fatto aspettare quattro giorni ma oggi si è presentato.

Ora dove siano andati a finire gli operai con la tuta sporca di grasso e le chiavi inglesi nella borsa che ti smontavano l'elettrodomestico in mille pezzi, ti scheggiavano la ceramica del bagno, sporcavano l'ingresso di terra seccata nel carrarmato delle scarpe e buttavano nel lavandino residui di fili elettrici - plastica e rame - che poi dovevi chiamare pure l'idraulico perché avevano ingolfato il tubo di scarico? Non so. A casa mia si è presentato un signore vestito di Armani, con mani curate dall'estetista e una valigetta piccola, piccola.

L'ho osservato senza alcuna fiducia e gli ho passato la mia cassetta degli attrezzi, perché pensavo se la fosse dimenticata nel furgone. ah, che stupida, lui in città usa la Smart.

Invece dopo un'occhiatina complice e suggerimenti generici, buoni giusto per il manuale istruzioni che io già letto avidamente, ha sostituito la manopola del programma, il motivo di tanta instabilità di lavaggio, e mi ha presentato il conto.
70 euro con ricevuta compresa la chiamata. "Signora, avesse avuto l'estensione dell'assicurazione - ha recriminato - avrebbe pagato solo la chiamata".



giovedì 26 aprile 2012

Innovatio non petita

Sto via qualche tempo e mi cambiano le carte in tavola. Questa proprio non me l'aspettavo. La piattaforma di questo blog si è rifatta il look e pretende che mi adegui al nuovo modello. Magari me lo presentano pure come più semplice e intuitivo. E io dovrei adeguarmi. Cari gestori di blog ve lo dovete mettere nella testolina: gli utenti non amano le innovazioni, né di processo, né di prodotto. Sì, sì, cari gestori. Ho dedicato un intero blog all'utente medio e credete che io sfugga al pattern sociologico dell'utilizzatore finale. Sono al centro della media. E mi sono spaventata. Come una figurina del catalogo per corrispondenza quando viene abolito il servizio postale. Non esiste più. Io sono rimasta silente per una settimana a guardare i disordinati pixel senza risolvermi. Infine l'istinto di Eros ha prevalso ed eccomi qua. Superstite nel web a raccontare un quarto di vita. Ma per favore per i prossimi tre anni concedetemi abitudini e consuetudini consolidate e sedimentate. Vi ripagherò con sedulosa attenzione.

mercoledì 4 aprile 2012

Urp esternalizzato e lo scaricabarile

Era nell'aria ed è successo. L'Urp è stato esternalizzato. Perciò l'urpista ad interim è sceso dalle valli no tav dove si era asserragliato piuttosto che continuare a stare all'Urp,  riconquistando le precedenti occupazioni, mentre  l'urpista ortodossa, stremata da tanto lavoro, dopo aver chiesto trasferimento è stata destinata ad altro servizio. Ma non l'ha presa bene.

Io invece mi sono guadagnata due ragazzi a tempo determinato che accompagno il mattino per insegnare loro  i trucchi del mestiere e qualche miracolo:  che so, restituire l'utilizzo delle mani all'utente che non vuole compilare il modulo, incremento dei posti di lavoro con la regolarizzazione di badanti perchè tanto le spese condominiali le pagano a persona e altri episodi al vaglio della commissione per le canonizzazioni.

Ma l'Upista ortossa, nonostante la sua richiesta di trasferimento, non l'ha presa bene e si arrabbiata come una iena a leggere l'ordine di servizio. Dopo avermi chiesto lumi e offerto la sua intepretazine autentica sulla lettera inviata a mezzo mondo, sindacati inclusi "che non era per motivi di salute, in realtà  era una proposta per migliorare il servizio, ma non mi possono mica spostare così" è andata a conferire con il direttore, che non l'ha ricevuta, poi ha interrogato il  capo del personale, che ha garantito di non saperne niente, poi ha intervistato il dirigente dell'altro servizio, che non era stato informato, quindi è tornata da me  accusandomi di essere l'artefice del suo trasferimento.

Io ho timidamente obiettato che il direttore aveva firmato l'ordine di servizio, che il capo del personale viene informato per legge di tutti i traferimenti interni ed esterni, recesso e pensionamenti, giacchè esprime parere obbligatorio, anche se non vincolante e non poteva chiamarsi fuori, e che l'altro dirigente era tra i destinatari della comunicazione e non poteva ignorarla.

Invece i simpaticoni hanno così risposto:
Direttore (140mila euro all'anno): ho accolto la sua richiesta di traferimento per motivi di salute;
Capo del personale (126mila euro all'anno): non ne sapevo niente perchè nessuno mi infoma, ma abbiamo chiesto parere all'avvocatura e possiamo trasferirla;
Dirigente del servizio  (104mila euro all'anno): non ho letto la posta in questi giorni.

Diano a me la metà del loro stipendio e oltre ai miracoli all'Urp, ingoio giornali, pulisco vetri, faccio il censimento delle blatte e soprattutto leggo la posta.

giovedì 22 marzo 2012

Articolo 18 e sbilanci

Da quando l'urpista diligente e l'urpista empatica si sono sublimate in una statistica, quella dei disoccupati, l'Urp monco ha cambiato aspetto, ma non il numero dei passaggi. 
E non è sufficiente l'urpista ad interim, sebbene abbia profuso grande impegno, a mantenere gli standard minimi. Tra gli utenti è panico e per gli psichiatrici è una festa molestare la superstite del trio, unica donna rimasta ad ascoltare e informare gli utenti.
Così l'urpista ortodossa, già provata dalle frequenti emicranie, pediculosi recidiva del figlio, instabilità emotiva, furto dei pattini da ghiaccio, chiusura del lattaio storico del quartiere, di fronte all'utente che da due settimane si presenta allo sportello per invitarla a cena  è andata ko e ha chiesto trasferimento in un ufficio più tranquillo.
L'urpista ad interm dopo aver resistito per due mesi pieno di entusiasmo, difeso la collega dallo stalking dell'utente, ha preannuncato la fuga nelle valli no tav "perchè almeno mi massacrano per una giusta causa" e ha chiesto le ferie arretrate di due anni.

Di fronte a tanta determinazione ho preso atto e, chiamata in audizione dal consesso dei dirigenti,  ho rappresentato a tinte forte tutta la drammaticità della situazione, naturalmente nell'ottica del servizio al cittadino.

La dirigenza, sempre sensibile al benessere dei lavoratori, ha liquidato la questione con la solita negligenza e mancanza di adattamento della working class. Il direttore generale, forse toccato dall'abnegazione dei colleghi, li ha fulminati con lo sguardo lanciando una bestemmia dietro il sigaro, che tuttavia è stata indovinata dagli astanti, cottolici inclusi che si sono segnati con discrezione.

In questa atmosfera pesante, carica di pathos per la sorte dell'urp e delle urpiste, i dirigenti si son guardati l'un l'altro senza proferire verbo. Terrorizzati al pensiero di dover cedere una risorsa, temendo per le vacanze incombenti, sperando in una soluzione magica del problema, attendevanno un vaticinio dal direttore generale.

Io pure nel mio piccolo, dopo aver accavallato tre volte le gambe, persorso la mia carrera in un lampo, esaurito tutti  gli argomenti, non sapevo che cazzo fare.

Allora il direttore generale, reiterata la bestemmia, maledetto il giorno della nomina, per altro recentissima, all'ambìto ruolo di capo supremo, stracciato per rappresaglia la legge finanziaria ha così sentenziato:

"Si esternalizza!".

Immediatamente la tensione si è sciolta: il sorriso è comparso sulla bocca dei presenti, il sole è tornato a risplendere nella sala riunioni e i dirgenti si sono alzati per riprendere le consuete occupazioni.

Ma io, che per un momento così avrei pagato qualsiasi cifra, timidamenteo ho annunciato:
"Ehm, veramente non ci sono soldi nel mio capitolo di spesa per esternalizzare il servizio".

E silenzio fu.

Di nuovo terrore e sospetto. "Son forse mie le risorse da destinare all'urp?" si chiedevano l'un l'altro. Solo il capo del personale taceva mentre il dirigente del bilancio masticava numeri.

Dalla porta della sala riunioni la segretaria faceva cenni al direttore genarale, il telefono squillava, l'agenda accumulava ritardi e non un cane che risolvesse la situazione.

Tocca di nuovo al direttore farsi parte diligente: "Cassandra, prepara il bando, i soldi li prendiamo dalle minori entrate per gli stipendi delle due urpiste cessate dal servizio".

"Ahhhh" sospirano tutti in coro.

"E dal taglio dell'uno per cento dei capitoli di tutti, così si ristuttura anche l'ufficio urp" ha aggiunto prima di sciogliere la seduta.

martedì 20 marzo 2012

Pasqua con chi vuoi, reperibiltà permettendo

Tra le fondamentali incombenze che mi sono state delegate dopo due cause di lavoro compare l'organizzazione dei turni di reperibiltà dei dirigenti. Attività che ho assunto con orgoglio dopo aver prestato un nuovo solenne giuramento di fedeltà alla mia amministrazione.

Così ogni mese preparo un calendario con i nomi degli altissimi papaveri costretti a rispondere telefonicamente in caso di rovinose emergenze, per esempio attacco di alieni, caduta di  asterodi - non ridete è successo - epidemia di vaiolo, notoriamente eradicata nel 1979, ma che può nuovamemente recrudere esclusivamente fuori orario di servizio, e altri accadimenti molto eventuali durante la notte o nei week end.

Oggettivamente l'impegno è gravoso e perciò ciascuno cerca di schinarlo come può. Ma io, con commovente ostinazione, ogni mese spedisco l'intimazione a comparire nelle date riportate nel file allegato. Sono ammessi solo scambi di turno concordati tra le parti e notificati via e mail agli attori interessati - e a me - entro la data stabilita nella comunicazione. 

Non debba trarre in inganno il tono prescrittivo, poiché i primi tempi, quando ancora praticavo l'allotropica arte della democrazia, invitavo gli esemplari dirigenti a manifestare la propria disponibilità a partecipare al buon andamento della cosa pubblica.

Mal me ne incolse. Trasformavano la mia casella di posta elettronica in un forum per rivendicazioni salariali, comprensivi della parte accessoria e di retribuzione di risultato, senza verecondia alcuna. Per non parlare di telefonate riservatissime per guadagnarsi il turno senza festività. E con l'avvicinarsi del Natale il traffico telefonico aveva dei tali picchi che la Consip ha segnalato l'anomalia alla Corte dei conti.

Così, fallita miseramente l'utopia democratica, ho buttato nel cesso i testi di Marx e Engels, cancellato i discorsi di Pericle e rinnegato Rousseou, poi ho ceduto alla deriva autoritaristica  e ho agguantato l'elenco alfabetico dei dirigenti piazzandone uno a settimana in ordine rigorosamente alfabetico: e ha funzionato. Per qualche mese. 

Ma aprile mi attendeva al varco con il suo carico di feste. Da Pasqua al Primo maggio è tutto un capolino di giorni rossi sul calendario nero e relativi ponti.

Quindi all'invio dell'irresistibile programma del prossimo mese, il computer è esploso di bugie e richieste di sostituzioni e al cellulare aziendale è saltata l'antenna per le questue. Il dibattito, serratissimo e quotidiano, è andato avanti per più di una settimana. Chi ha spigolato tra i turni degli ultimi dieci anni per contabilizzare l'equità delle presenze, chi ha chiesto la restituzione di antichi favori al collega in pensione, mentre i più audaci hanno dichiarato l'inutilità e il nocumento del servizio, qualcuno l'ha buttata sul patetico con la laurea del figlio ultraquarantenne alla cui discussione non si può certo mancare.

Sembrandomi un po' speciose le loro argomentazioni sono intervenuta e, con il consueto garbo che mi contraddistingue, ho usato la formula magica che adesso vi rivelo:

"Gentilissimi Direttori, pur confidando sul Vostro senso di responsabilità e nella speranza che qualcuno accolga i Vostri appelli, devo tuttavia ricordarVi che mercoledì sarò costretta a riferire le Vostre rimostranze al DIRETTORE GENERALE (che si incazzerà come una iena e, nella migliore delle ipotesi confermerà il mio calendario, ma se è veramente incazzato estrarrà a sorte senza neanche farvi dire né bi, né ba.  n.d.r.). Rimango in attesa di conferma.
Cassandra Cassandrini"

Miracolo.

Con due sole e mail hanno spostato le sessioni di laurea, restituito la caparra del viaggio appena prenotato, confermato la bontà del servizio reperibilità e soprattutto non mi hanno più intasato la casella di posta elettronica.

A dicembre la prossima puntata.

giovedì 1 marzo 2012

Lettere dal carcere, ma Gramsci non c'entra

Una vecchia novità tutela gli utenti: è il difensore civico. Si rivolgono a lui cittadini in cerca di giustizia nella speranza che spezzi le reni alle amministrazioni pubbliche.
Lui non è che proprio sia dotato di manganello, ma armato di penna scrive per segnalare ingiustizie e stigmatizzare comportamenti non proprio ortodossi della Pa.
Certo il lavoro non gli manca, ma l'utente medio lo considera un paladino e si rivolge a lui con il cuore gonfio di speranza.
Anche la mia amminstrazione ne ha assoldato uno e anche bravino, a dir la verità. Così è tutto un trillare di telefoni per prendere appuntamenti e l'urpista ad interim, quello che sostituisce l'urpista diligente entrata di diritto nelle statistiche della disoccupazione, deve ancora abituarsi.

Ma ecco un altro utente in cerca di soddisfazione.

"Buongiorno avrei bisogno di un appuntamento con il difensore civico" chiede educato al telefono.
"Lei è fortunato, c'è posto già oggi" la rassicura l'Urpista ad interim, orgoglioso di questo nuovo incarico.
"Oggi non posso..." l'utente declina l'invito.
"Allora domani mattina" lo incalza l'urpista con spirito da piazzista, manco lo pagassero a cottimo
"Veramente sto andando in carcere" si giustifica l'utente.
"Ah sì? - risponde l'urpista senza alcun imbarazzo - e quando esce?"

Questa è professionalità pura. Avrà una nota di merito.

martedì 28 febbraio 2012

No Tav: Te lo diciamo ad Alta Voce

Lo avranno capito anche i bit che sono di sinistra. Ma qui si va oltre. Dopo i fatti di sabato alla stazione di Torino e l'incidente di questa mattina, forse è il caso di saperne di più sulla Tav, treno ad alta velocità.

Le ragioni del no sono ben esposte da Massimo Zucchetti, professore del Politecnico di Torino, sì proprio quella prestigiosa università che esporta cervelli in tutto il mondo, nel suo blog.

Buona lettura.

lunedì 27 febbraio 2012

Utente medio perdonami

Caro utente medio, per più di un anno ti ho messo alla berlina su questo blog. Ho riso dei tuoi errori e ho raccontato le tue quotidiane meschinità per saltare la coda. Come se non bastasse ti ho anche accusato di non avere una coscienza di classe.
Ma esiste una giustizia superiore che oggi ci ha livellato sul foglio bianco della lettera che ti ho scritto. Complici la fretta, l'ossessione pedagogica e l'accanimento alla semplificazione, la tastiera del mio computer ha liberato un paradosso sintattico di cui non, forse, ti sei neanche accorto.

Ma io sì.

Così in risposta alla tua richiesta ti ho specificato che il "pagamento è gratuito" è l'ho messo anche in neretto. In realtà volevo dire che il bonifico è gratuito se lo fai in un particolare  circuito bancario perché c'è una convenzione. E non devi andare per forza in posta  e versare l'obolo per il bollettino. Ma era troppo lungo e l'ho sintetizzato in quel terribile ossimoro: "il pagamento è gratutito".

Me ne sono accorta solo rileggendo il testo mentre lo spiegavo all'urpista superstite. Spero, utente medio, che tua abbia un figlio/a che sta frequentando il liceo classico e che leggendo la mia lettera si sia fatto una grassa risata e l'abbia pubblicata su You Tube alla categoria "strafalcioni e affini dalla Pa" con tanto di firma e di titolo accademico.
Sarebbe la giusta ricompensa per sussiego con il quale ti ho sempre trattato.

Ma se questo non dovesse accadere, sappi  che io mi sono costituita da direttore chiedendogli una pena esemplare, che lui non ha voluto in alcun modo comminare. E che il pagamento è davvero gratutito. Ma la cifra è giusta e la devi versare tutta. Davvero.