giovedì 15 gennaio 2015

Presidente della Repubblica: qualche nome fuori dal coro

Corazzieri (foto rubata a Dagospia e ritocata) 
Non è che voglia promuovere la mia candidatura al Colle, sebbene ne abbia i requisiti anagrafici, ma qualche suggerimento ai mille cristiani che dal 29 gennaio affronteranno la maratona politica per eleggere il presidente della Repubblica mi sento in dovere di darglielo.


Perciò se deve essere un nome fuori dal coro, non avrei esitazioni: voglio Raffaella Carrà. Non le manca niente a quel diavolo di donna! Sa cantare, ma soprattutto sa ballare, qualità da non sottovalutare in posti come come quello. Magari non conosce la Costituzione come Zagrebelsky, quindi rappresenta a pennello gli italiani, senza contare che può sempre impararla, con lo stuolo di assistenti non commetterà più errori di altri che l'hanno preceduta. Un plus? Ha lavorato per la Rai e Mediaset, così Berlusconi non si sente emarginato. Sì, direi che è la candidata su cui puntare senza se e senza ma.

Certo se non si riuscisse a mettere d'accordo i due terzi dei grandi elettori alla prima seduta sull'autorevole soubrette, faccio il nome di Cécile Kyenge, ex ministro  dell'integrazione sotto il il governo Letta, sulla cui statura politica, nessuno oserebbe obiettare. D'altronde lo ha dichiarato anche lei che vorrebbe un presidente nero, solo che in questo paese mancano i candidati. Alla fine non ci resta che lei. Donna e nera. Ai leghisti verrebbe un colpo e per l'Italia, al contrario, sarebbe un colpo da maestro che le farebbe superare in democrazia persino gli Stati Uniti: quel paese che ha ignorato la Clinton, preferendo un nero a una donna. Per tacere dell'Europa, che ci tratta sempre con sufficienza. E poi diciamolo: da quando Mario Draghi ha declinato garbatamente l'invito, siamo rimasti con il cerino in mano. In più la Kyenge è un medico e risparmieremmo anche sulle spese sanitarie del Quirinale, che in tempi di spending review non guasta. Se la cosa va in porto, voglio almeno un posto da dirigente al ministero della Salute.

E se anche il suo nome venisse bruciato? Proporrei Giovanna Chirri, giornalista dell'Ansa, che ha tradotto in simultanea le dimissioni di Benedetto XVI e dopo questo scoop non si sa più niente di lei. Per questo ingiusto oblio, un posto di rilievo se lo merita pure, o no? Migliorerebbe i rapporti con la Santa Sede, non che siano tesi, per carità, ma su temi come lavoro e povertà, tanto cari a papa Francesco, mi sembra che l'esecutivo faccia orecchio da mercante e il Santo Padre, un giorno o l'altro potrebbe tirarcelo questo orecchio, meglio mettersi al riparo con buone relazioni.

In più sa il latino, perciò può capire la lingua astrusa del burocratese, così quando vede come sono scritte le nostre leggi, prima di promulgarle corregge la consecutio temporum e finalmente anche  i comuni mortali potranno rispettarle. Se non è un nome di garanzia questo.