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mercoledì 4 dicembre 2013

Collant al femminile




Sì lo ammetto: uso i collant. Quella guaina antierotica al cui cospetto si abbatterebbe la vistosa e ingombrante erezione di un satiro è la mia seconda pelle, ma solo in inverno. Perché quando la temperatura si avvicina allo zero e la galaverna imbianca gli infissi di casa vostra, vi assicuro che andare in bici con le autoreggenti si può annoverare tra gli sport estremi, come il cimento invernale sul Po o altre prove del similari che lasciano dietro un discreto numero di morti.
Preferisco vivere.

Tuttavia, se si ignora la debacle erotica e si accetta di buon grado una vita sessuale assimilabile in tutto a quella degli anellidi Oligocheti, vermi ermafroditi costretti a differenti tempi di maturazione degli organi sessuali per evitare l'autofecondazione, ci si può compiacere per le infinite opportunità proposte dalla moda. Mai due giorni con le gambe uguali.

Perciò per affrontare il gelo dicembrino  e al contempo pedalare a strafottere ho svaligiato il Calzedonia dietro casa mia e pure le bancarelle del mercato rionale le quali, in vista del Natale, proponevano l'imperdibile offerta "sette per cinque" che tradotto vuol dire: spendere una discreta somma di denaro in calze, illudendosi di aver fatto un affare perché due sono in regalo.  Potere del marketing.

Così la mia cassettiera  si è riempita di collant da 30, 40 e pure 50 denari, di tutti i colori del Pantone  e arditissimi grafismi, in lana, cotone e microfibra,  a vita bassa, alta e pure "tutto nudo", con tassello e senza tassello, con una cucitura e con doppia cucitura, con punta e senza punta, sagomanti e aderentissimi, mancavano solo quelli a compressione graduata, e poi li ho comprati tutti.

Ora però, assolta la funzione principale dell'acquisto - ripararsi dal freddo senza rinunciare alla femminilità - si pone un altro problema.

Chi non ha mai indossato un paio di collant non potrà capire, ma questo innovativo indumento, quando supera la consistenza necessaria a evitare la smagliatura già mentre li si indossa, consistenza che si misura in "denari", non ne vuole sapere di aderire al femore, e prima di arrivare a fine giornata, inizia lenta e inesorabile la sua discesa lungo gli arti inferiori,  costringendovi a difficoltose e  imbarazzanti manovre per ripristinare lo staus quo.  Questo se state sedute, perché se solo siete costrette a una camminata di pochi metri il processo accelera e, in men che non si dica, da emule delle Kessler vi ritrovate con le gambe coperte di grinze e il tallone che ha occupato il collo del piede. Così mentre in cuor vostro maledite l'acquisto compulsivo,  un punto interrogativo che si fa strada nella vostra memoria:
"Avrò mica sbagliato taglia?"

domenica 7 ottobre 2012

Leggins in ecopelle e lo specchio impietoso

Nonostante l'età, non proprio da ninfa, e la zazzera da lesbica berlinese, non ho resistito al richiamo dei pantaloni in ecopelle molto di moda negli settanta quando ero un'adolescente che ascoltava i Sex Pistols.

Per dirla tutta, da vera peccatrice seriale, ne avevo già un paio che a però sono arrivati al capolinea.  Certo quest'anno la moda mi aiuta, perché grandi magazzini e catene di abbigliamento trendy propongono il latex nero, senza dover necessariamente visitare siti per sporcaccioni per poterli acquistare. E persino alcune linee per audaci cicciottelle fashion victim propongono il nero lucido al posto degli stravisti  jeans.

Già, ma si tratta di leggins, che ai miei tempi si chamavano fuseaux, un indumento che a rigor di buon gusto possono permettersi, ad essere generosi, Naomi Campbell, Nicole Kidman o  Sarah Jessica Parker. Per tutte le altre esame dello specchio senza attenuanti.

Io invece cercavo quelli veri, un cinquetasche con taglio a sigaretta, degno di un motociclista della ex Ddr. E dopo un'estenuante ricerca mi sono ricordata di un vecchio negozio dove si rifornivano i punk di Torino. Certo adesso è tutto diverso, c'è uno sito web, ma in vetrina sono esposti gli stessi anfibi Dr Martens made in Uk.

Così sono entrata gelando la commessa che stazionava nell'antro nerissimo del negozio che non a caso si chiama Inferno.

"Lei si chiederà cosa ci fa una signora come me qua dentro?" l'ho apastrofata tanto per rompere il ghiaccio.

"No, signora, qui vengono persone di tutte le età" mi ha risposto educata e rassicurante.

Io, anziché prenderla a sberle e invitarla a frequentare un corso di tecnica di vendita di primo livello, dall'evocativo titolo "Cosa non dire mai al cliente", ho incassato il colpo e ho chiesto la merce.

E sotto i miei occhi si sono materializzati pantaloni neri lucidissimi, a vita alta, a vita bassa, con cerniere ai lati, senza cerniere, con taglio a sigaretta, anche un po' più stretti, insomma tutto quello che serve per poter sembrare appena uscita da una banda di skinhead, solo con qualche anno di più.

E la commessa mi ha fatto pure lo sconto "Per la simpatia..."