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domenica 21 febbraio 2016

Lettera ad una professoressa del Canavese

Gentilissima Collega,
non ci siamo mai incontrate e io non insegno più da moltissimi anni, ma la noia della scuola e del lavoro la conosco bene e la vivo quotidianamente oggi più di ieri. E come te ho sognato un'altra vita, piena i passione e di novità, che persino un mocciosetto vanesio come Gabriele poteva offrire. Non ti condanno certo per questo.
D'altronde il mondo è pieno di uomini che si lasciano abbindolare da giovanissime fanciulle che si attaccano al loro portafoglio e li dissanguano in cambio di un bacio rubato e di una promessa mai mantenuta. Ma forse gli uomini hanno dalla loro parte millenni di sfruttamento e storicamente sono più preparati al mercimonio. La consapevolezza conferisce loro una patina di cinismo che li fa godere già solo per questo.

Noi donne, no. Salvo qualche rara mantide, capace spingere un uomo all'omicidio, per le donne è maledettamente diverso. Antropologicamente avvezze alla sottomissione, quando ci comportiamo come un uomo ci vergogniamo.
Ecco, deve essere successo qualcosa del genere a te, hai consegnato i tuoi risparmi a un ambiguo Narciso e quello ti ha fregato. E la vergogna deve averti sopraffatta.  Ma non hai mollato. Forte della tua forza, lo hai denunciato.

Quello che non potevi immaginare è che quest'efebico ragazzotto potesse arrivare ad uccidere. E senza neanche un'ombra di pentimento.

Ecco, cara Collega,  adesso che sei libera dai quotidiani affanni, spero che il tuo assassino venga dimenticato al più presto e non diventi l'idolo catodico di fragili adolescenti pronti a tutto per 15 minuti di notorietà.

Il tuo assassino merita la peggiore delle pene: un premeditato oblio, una vita banale e una morte insolente.