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sabato 30 agosto 2014

Raccolta differenziata: le sorprese del "clean day"

Sarò banale, ma il sabato lo dedico alle faccende domestiche respingendo sdegnosamente al mittente i plurimi inviti a mostre, incontri, dibattiti e party di fine stagione.

In sintesi mi piace farmi gli affarucci miei in santa pace e ripulire il minuscolo attico dove vivo dalle nefandezze accumulate nel corso degli anni. Come sia possibile che in quaranta metri quadrati  ci stia tutta questa mercanzia è un'incognita da Nobel. E potrebbero essere necessari molti anni prima che qualcuno lo vinca, perciò, direttamente dal passato, mi dedico alla raffinata arte del repulisti.

E questo sabato è toccato a due cuscini, acquistati moltissimi anni fa nello store Ikea per quattro soldi, colpevoli di avermi "sturzellato" il collo e perciò  finiti nel fondo di un armadio.

Ora, non volendo infliggere a nessun altro una simile pena, ho modestamente deliberato di buttarli via. Certo un anno fa sarebbe bastato scucire la federa, ridurre la supersintetica imbottitura in minuscoli pezzetti con le cesoie da giardiniere, mettere il tutto in un sacchetto della spazzatura e accompagnare i pietosi resti nel bidone della spazzatura. Peccato che la mia ossessione classificatrice, la vocazione ambientalista e pure il Comune, con la raccolta differenziata porta a porta, ci abbiano messo lo zampino costringendomi a fare i conti con la differenziazione dei rifiuti solidi urbani.

Uhhhhh! E dove lo conferisco il cuscino?

Perciò ho consultato avidamente il rifiutologo, la bibbia del perfetto cittadino, quello che ogni sindaco del sud Europa vorrebbe come elettore, alla ricerca del sito perfetto per depositare  un quarto di metro cubo di imbottitura: ma  non ho trovato risposta.

Ho scorso diligentemente il dettagliatissimo elenco senza trovare la voce "cuscino", quindi sono passata alla voce "imbottitura" anche nella sua declinazione plurale, ma anche in questo caso non ho individuato alcunché. Allora sono ho deciso di passare alla nomenclatura del "letto", che in prima battuta me lo passava come rifiuto ingombrante e dovevo chiamare il servizio di "prelievo a domicilio". Beh, scomodare un camion per due cuscini mi sembrava uno spreco di soldi pubblici. Allora ho cercato la voce "lenzuola" e anche in questo caso nisba, l'occhio mi è poi caduto sulle successive "lettiere per animali" e "lettiere compostabili" che non facevano  propriamente il caso mio. Ho tralasciato anche "libri"  e "lische" e con la lettera "L" avevo terminato. Quindi ho indirizzato lo sguardo speranzoso alla voce "coperta", buttata lì tra "coperchi di yogurt in carta stagnola" e "cosmetici vari" i quali, sia detto per inciso pedagogico, vanno gli uni nel "vetro e lattine" e gli altri nell'indifferenziata. Le coperte, invece vanno nel "tessile".

Ed ancora al punto di partenza.

Quindi non avendo capito ancora dove buttare questi maledetti cuscini, e il tempo trascorreva inesorabile, temendo di sprecare un'altra mezz'oretta di una sabato pomeriggio qualunque,  ho assunto la determinazione di portarli all'ecocentro, luogo ameno dove i rifiuti di ogni tipo, dall'abecedario del nonno sopravvissuto a quattordici traslochi alla zappa monca che ha conosciuto ben altri splendori, trovano la loro ultima collocazione, e forse anche una nuova vita.

Così con la morte nel cuore ho caricato sulla mia fantastica Aygo i due negletti per accompagnarli nel loro ultimo viaggio.

Sopraggiunta all'ecocentro chiedo lumi su dove conferire i cuscini a due signore gentilissime, probabilmente per gli effetti della nicotina combusta,  che mi indicano il bidone dell'indifferenziata, un container dalle dimensioni di un rimorchio di un Tir con apertura superiore.

Ho cercato disperatamente una balestra per lanciare il materiale all'interno senza alcun risultato, così   le due sempre gentilissime signore mi hanno indicato una scala per realizzare l'improba impresa.

Quale spettacolo mi si è parato davanti non appena mi sono affacciata al ciglio del cassone! Si butta proprio di tutto. Giacevano senza soluzione di continuità teste di bambole separate dal corpo, residui di scaffali di ignota manifattura, pezzi legno, metallo e altri materiali non identificabili, l'intera collezione in cassette del corso di francese proposto da Repubblica negli anni '90 e che ha migliorato i rapporti con i cugini d'oltralpe, persino un'intera dispensa di sottaceti, presumo scaduti, tutti in barattolo di vetro, che a rigor di differenziata bisognava svuotare il contenuto e  dopo averlo sgocciolato, gettarlo nell'umido, mentre i barattolini, a seguito di accurato lavaggio, erano destinati al "vetro e lattine". Mi è rimasto qualche dubbio sui coperchi. Ma nessuno è perfetto.

lunedì 21 aprile 2014

Dal cesso pubblico mi guardi Iddio....

Sarà che è la cosa più naturale del mondo e allora uno la prende sottogamba o che il bisogno quando è impellente ti fa commettere qualche errore, ma qualcuno me lo deve spiegare come mai in Italia i cessi pubblici fanno quasi sempre schifo.

Stavolta la "minzione" speciale la conquista la Gam di Torino, dove questa mattina  sono andata a sbirciare un Caravaggio appena arrivato dalla fondazione Longhi di Firenze - sì: è il celebre "Ragazzo morso da un ramarro" che ha una copia quasi gemella alla National Gallery di Londra, che però si son guardati bene dal prestarci - ebbene, al termine della visita  con osservazione compita a debita distanza del quadro, decido che è arrivato il momento di tagliare la corda, tanto la Gam la conosco bene, non è che ogni volta devo fare il giro di tutti i piani.  Così tacito la mia coscienza e confermo il no dirigendomi con passo sicuro verso l'uscita. 
Tuttavia, data l'ora, decido per un bel caffè, ma  mi rendo conto che la necessità mi batte il tempo. Ok, niente di grave. Trovandomi io nella sede di un museo che attira folle di turisti sono certa che troverò un bagno degno di tanta cultura. 


Così è. In fondo a sinistra al piano terreno si parano le porte con l'inequivocabile simbolo di genere: spingo la porta con sovraimpressa una figura di donna e dopo aver superato con poche falcate l'avveniristico lavandino, entro direttamente nel cesso a caccia di un sostegno dove poggiare borsa, giacca e depliant esplicativi per  avere le mani libere. Ma ecco cosa trovo:




Un cesso degno di una giornata di sciopero degli addetti alle pulizie sui treni a lunga percorrenza: carta assorbente buttata alla bell'e meglio sul pavimento irrorato di piscio e gocce sparse sulla tavoletta.
Ora io capisco che il bisogno quando arriva è un tiranno spietato ed egoista, ma se siamo a questo punto facciamocene una ragione e usiamo i pannoloni: oggi ne vendono di invisibili anche sotto un abito attillato - certo se andate in giro conciate come Belen non è sufficiente, in questo caso occorre farsi confezionare un catetere glitterato con sacchetto a forma di farfalla,  ma non è da tutti. Per deretani più ordinari è sufficiente:
a) estrarre dall'apposito contenitore un copriasse      monosuso e biodegradabile
b) stenderlo sulla tavoletta
c) scoprire le parti molli
d) poggiarle sulla tazza
e) rilasciare la muscolatura.

Soddisfatto il bisogno ripetere il procedimento a ritroso fino al punto c)

Prima di uscire ricordate di tirare l'acqua. Il bagno è pronto per un nuovo avventore.
Tanto difficile?