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martedì 23 settembre 2014

Equinozio d'autunno: meno male che me lo avete ricordato


colori autunnali in un bosco

Era rimasta sepolta nella mia mente, dove autorevoli studiosi giurano "nulla si perde", anche se non sarei in grado più in grado di illustrarne in dettaglio i fondamenti. Già, perché la spiegazione scientifica dell'equinozio d'autunno  me la ricordo dai tempi del liceo, quando l'ho studiata in una materia denominata genericamente "geografia astronomica", disciplina che spaziava dai moti tellurici fino allo studio della volta terrestre e dei moti di rivoluzione e rotazione della Terra con calcoli sessagesimali che non saprei più ripetere, ammesso che ne sia mai stata capace.

Alle menti più distratte oggi basta un doodle di Google per inaugurare ufficialmente l'autunno mentre gli esserini più curiosi di un bradipo potranno approfondire l'argomento semplicemente cliccandoci sopra o andando a zonzo per il web.
Facile, veloce ed effimero. Infatti della approfondita spiegazione del fenomeno non rimarrà persistenza alcuna fino al prossimo equinozio, quello di primavera, dove si ritornerà  a parlare di moto di rivoluzione che niente ha a che vedere con l'insurrezione delle masse, quanto un simpatico giretto ellittico del nostro pianeta intorno al Sole.

Così con le nuove tecnologie io mi perdo quell'aria da saputa, e anche un po' antipatica, che ha sempre accompagnato l'esposizione orale del mio sapere enciclopedico, atteggiamento che riconosco in questo post.
Grazie per avermi letto.

mercoledì 4 dicembre 2013

Collant al femminile




Sì lo ammetto: uso i collant. Quella guaina antierotica al cui cospetto si abbatterebbe la vistosa e ingombrante erezione di un satiro è la mia seconda pelle, ma solo in inverno. Perché quando la temperatura si avvicina allo zero e la galaverna imbianca gli infissi di casa vostra, vi assicuro che andare in bici con le autoreggenti si può annoverare tra gli sport estremi, come il cimento invernale sul Po o altre prove del similari che lasciano dietro un discreto numero di morti.
Preferisco vivere.

Tuttavia, se si ignora la debacle erotica e si accetta di buon grado una vita sessuale assimilabile in tutto a quella degli anellidi Oligocheti, vermi ermafroditi costretti a differenti tempi di maturazione degli organi sessuali per evitare l'autofecondazione, ci si può compiacere per le infinite opportunità proposte dalla moda. Mai due giorni con le gambe uguali.

Perciò per affrontare il gelo dicembrino  e al contempo pedalare a strafottere ho svaligiato il Calzedonia dietro casa mia e pure le bancarelle del mercato rionale le quali, in vista del Natale, proponevano l'imperdibile offerta "sette per cinque" che tradotto vuol dire: spendere una discreta somma di denaro in calze, illudendosi di aver fatto un affare perché due sono in regalo.  Potere del marketing.

Così la mia cassettiera  si è riempita di collant da 30, 40 e pure 50 denari, di tutti i colori del Pantone  e arditissimi grafismi, in lana, cotone e microfibra,  a vita bassa, alta e pure "tutto nudo", con tassello e senza tassello, con una cucitura e con doppia cucitura, con punta e senza punta, sagomanti e aderentissimi, mancavano solo quelli a compressione graduata, e poi li ho comprati tutti.

Ora però, assolta la funzione principale dell'acquisto - ripararsi dal freddo senza rinunciare alla femminilità - si pone un altro problema.

Chi non ha mai indossato un paio di collant non potrà capire, ma questo innovativo indumento, quando supera la consistenza necessaria a evitare la smagliatura già mentre li si indossa, consistenza che si misura in "denari", non ne vuole sapere di aderire al femore, e prima di arrivare a fine giornata, inizia lenta e inesorabile la sua discesa lungo gli arti inferiori,  costringendovi a difficoltose e  imbarazzanti manovre per ripristinare lo staus quo.  Questo se state sedute, perché se solo siete costrette a una camminata di pochi metri il processo accelera e, in men che non si dica, da emule delle Kessler vi ritrovate con le gambe coperte di grinze e il tallone che ha occupato il collo del piede. Così mentre in cuor vostro maledite l'acquisto compulsivo,  un punto interrogativo che si fa strada nella vostra memoria:
"Avrò mica sbagliato taglia?"

mercoledì 6 novembre 2013

Seo per Casanova 2.0

  



Ci mancava solo internet a rendere impossibili i rapporti umani, come se il telefono in bachelite non fosse già stato un valido alleato dell'accidia maschile. Ma devo confermare che il web, come tutti sostengono, offre delle potenzialità ancora inesplorate.

Perciò se avete incontrato uno che vi ha stregato con un sorriso da canaglia,  che dà prova di sagacia oggettivamente fuori dal comune per il genere maschile, ed è misterioso quanto basta per farvi contorcere le budella, non  sposato e, soprattutto, se non l'avete tirato giù dall'affollatissimo carro delle Drag Queen  all'ultimo Gay Pride, forse avete verosimilmente sperato in una relazione "pari requisiti".

Per carità niente di serio come matrimoni o convivenze con patti di futura rendita,  solo un intermittente shakeraggio di estrogeni e testosterone, destinato alla frequentazione part time e a tempo determinato. Insomma, quello che una volta si chiamava fidanzamento.

O almeno così avevate capito. E anche lui lo voleva.

Ma una molla vi deve pur scattare in quella testolina se avete superato gli anta e vi è capitata cotanta fortuna.

Perché statene certe, se a questa età non se l'è preso nessuna, un motivo ci sarà pure: lui è un accidioso laureato.

E lo scoprirete dopo il ventisettesimo sms arguto, preceduto e seguito da altri sms di sole faccine sorridenti o con l'occhiolino, al quale siete costrette a rispondere a tono senza che il figuro si materializzi in alcun modo. Oppure dopo avervi ripetutamente invitato ad uscire per poi trovare una scusa a poche ore dalla sortita.
Sappiate che il signore in questione si è conquistato a buon diritto il poco ambito titolo di "uomo senza quantità", variante contemporanea dell'esteta perditempo di antica memoria, tutto parole o zero fatti. Una sorta di onanista del terzo millennio che trae soddisfazione narcisistica dalla convinzione di avervi conquistata, anche se non ci avete fatto niente.

Solo che oggi, anziché tentare di imbonirvi con lunghe telefonate, usa  i messaggini. A strafottere. Poi con l'avvento di WhatsApp o altra diavoleria gratuita per iPhone o Android, che permette l'invio massivo e soprattutto gratuito di minuscoli testi, non c'è spendig review che possa trattenerli.

E non stiamo parlando di under 20 o 30, qui parliamo di capelli grigi, quando ci sono, e di andropausa incombente.

Perciò cari uomini, non riempitemi la memoria del iPhone con punti esclamativi e interrogativi se al quinto "Come stai? Bene I suppose :)" non vi rispondo. Già grazie che non vi sfanculo.
Evitate anche di replicare il modello su Facebook o su tutti gli altri social da voi frequentati.

Se volete conquistarmi veramente, invitatemi ad uscire con una più  tradizionale telefonata, anche registrata, va bene lo stesso, basta che non sia un sms e poi  mandatemi un fascio di fiori. Veri per favore.
Gli emoticon teneteli per vostra figlia. Grazie.

mercoledì 25 settembre 2013

Alta pressione e falsa abbronzatura. Secondo atto

E due. No, questa china non mi piace per niente.

Ho appena fatto fuori un paio di calze open toe, pagate l’irrisorio prezzo di sei euro e mezzo, e oggi trovo un’insinuante smagliatura nell’incavo del ginocchio, che per impigliarsi in quel punto occorre fare sesso estremo e anche un po’ inesperto, giacché una donna normale, per il sesso estremo, usa  biancheria in latex e catene d’acciaio, se no spende un capitale solo per il coté,  e tutto per guadagnarsi quattro ceffoni  ben assestati  e restituire un urletto più cinematografico che provocato. 

E oggi un'altra smagliatura ha fatto la sua comparsa, destinando un nuovissimo paio di calze a rete, anche quelle neanche tanto economiche, direttamente nel cestino delle spazzatura. Se vado avanti con questo ritmo mi toccherà a rivolgermi a una finanziaria per mantenere il tenore dell'abbigliamento intimo oppure  far cadere una delle più resistenti barriere ideologiche e sdoganare il lavoro minorile nei paesi emergenti per far rimagliare dalle manine operose dei bambini le calze smagliate. O ripiegare verso i più economici pantaloni, magari con gambaletti. No. Non posso cadere così in basso.

E che pantaloni siano! Ma favore, non dico pioggia, ma un po’ di nuvole,  perché le mie gambe, ribelli per natura, non ne vogliono proprio sapere di farsi addomesticare da un po’ di stoffa malamente cucita sul cavallo.

lunedì 15 luglio 2013

Ehi dico a te, attempato maratoneta calzato di lilla




Ehi dico a te, attempato maratoneta calzato di lilla che corri accanto al tuo cane lupo un lunedì mattina, nell’ora lucana in cui gli ominidi vanno a lavorare. E lo fai con la sicumera che solo la certezza dell’incasso mensile della pensione ti può dare, mentre io in sella alla mia bici corro sul nastro della ciclabile per affrontare il fuoco incrociato di incombenze.

Non ti sei accorto, benedetto fruitore dell’Inps o di altra cassa, che la tua bestiola di taglia media si è fermata per produrre fecaloidi di pari misura sulla ciclabile di corso Duca degli Abruzzi, dal nome dell’indomito esploratore dell’orbe terracqueo che apprezzerebbe la spontaneità del gesto se solo fosse in vita, ma evidentemente non è per lui che siamo qui?

E non hai notato che tutto questo avveniva in un percorso dedicato alle bici e ad altri simili velocipedi, mentre per piedi e zampe alla tua destra c’è  un marciapiede, nome dall’imperscrutabile etimo dedicato a chi va a piedi, altrettanto bello, ma molto, molto più largo, con tanti spazi tra le automobili dove il tuo cane può cagare senza farmi rompere l’osso del collo per evitarlo?

Ecco. Per favore, pensaci la prossima volta, invece che molestarmi con le tue ipocrite scuse e tentativi di attaccar bottone. Io vado a lavorare e, grazie alla Fornero, lo dovrò fare andare ancora per 18 anni.

Capisci perché questa mattina ho estratto i canini al tuo animale e me li sono messi in bocca?

giovedì 11 luglio 2013

Cassandra c'è




Lo so. Non sono stata molto presente negli ultimi tempi e non posso neanche scaricare la colpa su qualcuno. Si è trattato solo di pigrizia, un po' di mal di schiena e un naturale esaurirsi della spinta iniziale.

L'utente medio non mi dà più soddisfazione. Con le sue querele standardizzate mi ha tolto ogni vena creativa, aggiungi anche che le urpiste sono andate a casa, sostituite da un rutilante servizio di accoglienza degno più di un circo di strada che di un ente pubblico.

Ed ecco spiegato il lungo silenzio. Ma la vocazione mica se la straccia di dosso come le vesti. No cari miei. Per quanto uno assuma una condotta zen di fronte alle stupidaggini della quotidianità, la vigliacca fa copolino e fa le moine per farti tornare alla tastiera.
Naturalmente ho resistito il giusto, ma ora eccomi qui.
e vi racconto questa.

Buon divertimento.




giovedì 8 novembre 2012

Obama presidente americano innamorato


Lo so: ieri è stata la foto più cliccata del web. Obama che abbraccia Michelle dopo averle dichiarato ancora più amore davanti a tutti.
Io dopo un giorno intero di fumi per l'invidia, la rimando nel circolo del web con qualche considerazione a latere.

Michelle, dimmi come hai fatto. Sì spiegamelo - anche in americano tanto lo parlo - quale malìa hai teso a Barack per guadagnarti un simile riconoscimento? Perché sai, noi qui in Italia, nel paese dei latin lover, un'effusione così ce la sogniamo. Nella migliore delle ipotesi, in un'occasione pubblica, i nostri uomini ci chiedono se i calzini si intonano alla cravatta e si incazzano se non li hai inseguiti per strapparglieli dai piedi il mattino presto. Poi puntano la venticinquenne scosciata in prima fila e sorridono ebeti certi che la signorina, anzichè compatirli per la loro goffaggine, sia ammaliata dal loro fascino. Intanto iniziano un disconoscimento di paternità dei pargoli che lo chiamano dall'altalena.

Tu invece dopo vent'anni di matrimonio, due figlie, un fondoschiena non proprio taglia 42, un mandato di presidenza Usa, decisamente sfiancante, la ginnastica con i bambini obesi tutte le mattine e l'orto alla Casa bianca susciti ancora queste reazioni? E dimmi, quando zappi e puzzi come una capretta lui ti spia da dietro le tende dell'ufficio ovale e ti manda i bacetti volanti?  Sìììì? Dio che invidia.

Perchè noi invece un abbraccio così passionale ce lo prendiamo solo il mattino presto, durante il picco ormonale che tutto offusca  e che ti innalza al rango di fata, a patto che tu non la faccia tanto lunga, se no anche quello sfuma spezzando l'incantesimo e rispedendoti di filato nella categoria "coniuge frusto".

Beh,  si accorgono di te anche quando zitta, zitta te ne via,  allora ti corrono dietro promettendo fuochi e fiamme eterne. Vietato crederci, si estinguono in pochissimi giorni. Bisogna sospettare anche quando esibiscono testosterone quotidiano al di fuori degli orari ordinari, probabilmente sono infoiati dalla giovane collega e fanno esercizi di stile.
Poi ti adorano se capiscono che hai una liaison dangereuse con il collega d'ufficio, allora è tutto uno stropicciarti i vestiti prima di andare a lavorare: in questo caso fatevi dare più soldi per la donna delle pulizie. Ma sul rivale è sufficiente anche solo un sospetto affinchè vengano a prenderti in ufficio vestiti da motociclisti con il giubbotto aperto.
Ma tu Michelle, dicci la verità: non è durante la campagna elettorale hai strizzato l'occhio a Romney?

domenica 7 ottobre 2012

Leggins in ecopelle e lo specchio impietoso

Nonostante l'età, non proprio da ninfa, e la zazzera da lesbica berlinese, non ho resistito al richiamo dei pantaloni in ecopelle molto di moda negli settanta quando ero un'adolescente che ascoltava i Sex Pistols.

Per dirla tutta, da vera peccatrice seriale, ne avevo già un paio che a però sono arrivati al capolinea.  Certo quest'anno la moda mi aiuta, perché grandi magazzini e catene di abbigliamento trendy propongono il latex nero, senza dover necessariamente visitare siti per sporcaccioni per poterli acquistare. E persino alcune linee per audaci cicciottelle fashion victim propongono il nero lucido al posto degli stravisti  jeans.

Già, ma si tratta di leggins, che ai miei tempi si chamavano fuseaux, un indumento che a rigor di buon gusto possono permettersi, ad essere generosi, Naomi Campbell, Nicole Kidman o  Sarah Jessica Parker. Per tutte le altre esame dello specchio senza attenuanti.

Io invece cercavo quelli veri, un cinquetasche con taglio a sigaretta, degno di un motociclista della ex Ddr. E dopo un'estenuante ricerca mi sono ricordata di un vecchio negozio dove si rifornivano i punk di Torino. Certo adesso è tutto diverso, c'è uno sito web, ma in vetrina sono esposti gli stessi anfibi Dr Martens made in Uk.

Così sono entrata gelando la commessa che stazionava nell'antro nerissimo del negozio che non a caso si chiama Inferno.

"Lei si chiederà cosa ci fa una signora come me qua dentro?" l'ho apastrofata tanto per rompere il ghiaccio.

"No, signora, qui vengono persone di tutte le età" mi ha risposto educata e rassicurante.

Io, anziché prenderla a sberle e invitarla a frequentare un corso di tecnica di vendita di primo livello, dall'evocativo titolo "Cosa non dire mai al cliente", ho incassato il colpo e ho chiesto la merce.

E sotto i miei occhi si sono materializzati pantaloni neri lucidissimi, a vita alta, a vita bassa, con cerniere ai lati, senza cerniere, con taglio a sigaretta, anche un po' più stretti, insomma tutto quello che serve per poter sembrare appena uscita da una banda di skinhead, solo con qualche anno di più.

E la commessa mi ha fatto pure lo sconto "Per la simpatia..."

martedì 19 giugno 2012

Maturità: l'esame degli altri

Raramente uso questo blog per questioni personali, ma un'eccezione mi verrà perdonata. Domani Lisa inizierà l'esame di maturità.

E allora: in bocca al lupo. E che crepi.

Dopo 29 anni anni io ricordo ancora il mio. La prove iniziavano a luglio, si portavano due materie e i voti erano in sessantesimi.

Quell'anno, era l'83, faceva un caldo terribile, io sono arrivata davanti alla scuola con il mio vocabolario, un vecchio Zingarelli regalato a tuo padre quando era piccolo.

Invece la sera prima ero piegata in bagno a studiare Pascoli, ma il giorno dopo dalle buste del ministero è spuntato Leopardi. L'ho accantonato per il timore di scrivere una marea di banalità. E ho fatto bene. Anni dopo, quando la vita mi convocata a scuola, ma dall'altra parte della cattedra, ho letto infinite declinazioni del pessimismo cosmico che mi sarei volentieri risparmiata. Ma anche temi di grande spessore, alcuni divertenti e arguti che hanno fatto guadagnare ai redattori benevolenza e anche qualche punto.

Perché anche i professori hanno un'anima e si annoiano da morire. Ma si entusiasmano di fronte a studenti entusiasti e si rammaricano per una domanda senza risposta.

Alla mia prima maturità da insegnante, ero commissaria di italiano e latino in un liceo molto prestigioso, uno studente era stato ammesso con una media scoraggiante.
Alla riunione preliminare, il membro interno (non so so si chiamino ancora così, sono anni che ho lasciato la scuola) ha invocato la sua promozione "perché tanto un altro anno non cambierebbe niente. Fa il maestro di sci ed è bravo. Lasciamolo sulle piste". 

Dopo due scritti disastrosi è arrivato all'orale. Il presidente di commissione si è seduto accanto a me e sottovoce mi ha detto: "Professoressa, questo  ragazzo bisogna promuoverlo, lei capisce vero? Tenerlo un altro anno qui lo rovinerebbe. Ma oggi arrivano gli ispettori del ministero e dobbiamo cavargli qualche cosa... Mi affido a lei".

E io ho capito. Così quando si è seduto di fronte a me gli ho chiesto "Alla sera" di Foscolo. Il presidente è sbiancato temendo la défaillance del poveretto. Da sotto il banco gli ho fatto segno di stare tranquillo, perché da questo sonetto si ricava tutta la poetica del Foscolo. Così è stato. 

Non ti dirò mai chi è questo studente, ma non sono pentita. Ho solo dimostrato che si può cavare sangue dalle pietre, se sai dove scavare.

A lui la vita ha regalato grandi soddisfazioni e lui le ha restituite all'Italia.  

Tu  non hai bisogno di aiuti, e tuttavia temi per l'esame più importante della tua vita, e perciò ricorda che sopra le nuvole c'è sempre il sole. 

lunedì 11 giugno 2012

Ma sono proprio italiana, e anche un po' di più.

Supertitolata, altissimamente professionalizzata e profondamente annoiata: ecco la fotografia della mia situazione lavorativa.

Per dare un colpo di novità alla languida quotidianità che mi accompagna in ufficio non mi rimane che cercare altre strade. Così dopo aver fatto il bilancio delle competenze, verificato che non ho un mentore pronto a scommetere sulla mia personcina, schiacciata come un guscio di noce tra i grandi poteri occulti che manovrano questo paese, decido di presentare domanda per un concorso alla comunità europea.

Esaltata dalla semplicità con cui presenti domanda, c'è un form sul loro sito che ti guida a costruire il curriculum, niente a che vedere con i concorsi pubblici in Italia, mi immagino già negli uffici di Bruxelles a conversare in inglese con colleghi davvero simpaticissimi.

Compilati tutti i campi richiesti, il sistema mi assegna un numero di registrazione e  un account personale sul quale riceverò tutte le comunicazioni. Il messaggio finale è chiaro:  "Controlla il tuo account perchè lì, e solo lì, troverai tutto le info per la selezione".

Questo succedeva ad aprile. Poi le feste di Pasqua mi hanno spinto in Oman a scoprire nuovi mondi e sono tornata certa che 200mila candidati in 27 paesi richiedono una certa organizzazione e anche qualche mese.

Così oggi, spinta dalla consueta noia, ho controllato il mio account. Sorpresa!
Il capo dell'ufficio di selezione del personale, certo Gilles Guillard, mi ha scritto una bella letterina in iglese semplice semplice con la quale mi comunicava che la mia candidatura era stata accettata, che avevo fatto le cose per benino e che non mi rimaneva che prenotare la data della prima selezione, operazione che avrei dovuto eseguire on line dal 14 al 16 aprile ora di Bruxelles, pena l'esclusione dal concorso.  Solo la nascita di un figlio, la morte di un congiunto prossimo, madre, padre, fratello e/ sorella, o ricovero in ospedale poteva costituire un'eccezione alla ferrea regola

Ma come? Il concorso era scaduto il 5 aprile e il 6 questo diligentissimo funzionario già scriveva per confermare candidatura e data delle selezioni? A più di 200mila candidati. Ma che sistema hanno a Bruxelles quando in Italia per un concorso a due posti andiamo avanti almeno due anni.

Bene sono certa che a guardare la posta in ritardo saranno stati prevelentemente italiani. Ora io mi vergogno come una ladra e per tenere alto l'italico onore  ho deciso di dichiarare il falso e di traformare la mia nazionalità da italiana in svedese, tanto per distribuire un po' di fango ache ai paesi del nord, sempre così perfettini.

Noi qui ne abbiamo già abbastanza di verecondia, senza che ci aggiunga la mia.

domenica 10 giugno 2012

Meteorologi di tutto il mondo: nascondetevi


Me li immagino piegati su cartine, legati mani e piedi al computer grandi quanto una stanza -  ve lo ricordate Hal 9000, il computer quasi  umano di "2001 Odissea nello spazio"? -  oppure impegnati ad osservare le variazioni del  mercurio stipato in sottilissime asticelle di vetro, vivere in laboratori costruiti su cocuzzoli impervi, con il cuore rivolto all'interpretazione di venti e cirri per disegnare la mappa del sole e della pioggia con l'istogramma delle temperature, insomma ad elaborare le meglio note come previsioni del tempo.

Ecco, dei veri e propri eroi. 

Ma lo sanno questi oracoli del terzo millennio che migliaia di persone pendono dalle loro divinazioni? Lo sanno che sono due week end che me ne sto buttata in casa anziché lanciarmi su pei monti a fare lo stambecco, perché sulla Val Susa, valli limitrofe e pure a Torino si vedono nuvole, gocciolone e  fulmini che rischi di tornare a casa in barca.

E invece per due domeniche di fila il sole brillava in un cielo azzurro e splendente, l'afa ci attanagliava e di musei al chiuso ne ho le scatole piene. 

Allora, cari meteorologi, io non vi ascolto più. Non vi darò più retta e domenica prossima, anche se disegnate la sagoma di un tornado sul Piemonte, io  me ne vado in montagna a 2mila metri e se un fulmine  mi centra in pieno, un pack alpino mi investe o una raffica di vento mi precipita in un dirupo, lasciando lo zaino impigliato all'unico cespuglio cresciuto sulla nuda roccia, sarà colpa vostra della vostre previsioni approssimative. 

domenica 3 giugno 2012

Campanula addenda: gioie e pungiglioni

Campanula Addenda Blue Star

Quella che vedete nella foto è una deliziosa piantina che ogni primavera mi omaggia con una cascata di fiori di un azzurro intenso. Si chiama Campanula Addenda Blue Star e, come illustra la scheda esplicativa, è un prelibato bocconcino che non delude gli sforzi di chi la coltiva. 

Acquistata al mercato dei fiori un venerdì mattina di tanti anni fa, ha mantenuto le promesse. Dalle foglioline verdi e perenni che rallegrano i miei inverni, in aprile e fino a settembre inoltrato, è tutto un fiorire di stelle blue, da cui il nome Blue Star. 

Con poca manutenzione, se escludete una quantità d'acqua pari a quanta è necessaria per raffreddare un reattore nucleare in fiamme e la spigolatura  dei fiori appassiti, circa un centinaio/die che si depositano sul pavimento del  balcone costringendovi a spazzare ogni giorno la zona sottostante, operazioni che faranno di voi uno schiavo al cospetto di questa principessina dal manto azzurro,  otterrete risultati strabilianti e l'invidia di amiche e vicini di balcone, alcuni dei quali non esiteranno a usare il binocolo per rimirare tanta beltà. 
In men che non si dica vi guadagnerete l'ambito titolo di Miss Pollice Verde del condominio. E vi assicuro che non è poco.

Così non soddisfatta di questa meravigliosa sfera stellata quest'anno ho voluto strafare e l'ho rinvasata ottenendo una chioma fiorata grande quanto una quercia centenaria e l'ingresso nell'esclusivo olimpo delle Gardenwomen, titolo che ti regala una straordinaria notorietà nel quartiere,  qualche caffè gratis al bar dell'angolo, e il saluto di donna Amabile Radicati di Genola, instancabile animatrice dell'associazione commercianti. 

Ma ogni medaglia ha il suo rovescio è questa fa veramente male. Già, perché non sono l'unica a godere di tanta bellezza, anche le vespe si sono accorte dei fiori olenti e meravigliosi e vengono a visitarli in continuazione per suggere nettare, accoppiarsi con vespi o forse anche per organizzare una rivoluzione entomologica. Non lo so. Ma sono tantissime e quando il beccuccio dell'innaffiatoio si insinua nel verde e nell'azzurro - e succede due volte al giorno - si leva una sciame incazzato con le levette dei pungiglioni issati e diretti sulla mia persona. E son dolori.

Perciò due volte al giorno sono costretta cospargermi di repellente, indossare uno scafandro, impugnare l'innaffiatoio e sperare nella buona sorte. 
Ma io al titolo non rinuncio manco morta.

venerdì 27 aprile 2012

Fuori garanzia


Panni stesi a Sarajevo (foto mia)
Dell'amore che provo per la mia lavatrice ho già scritto in questo blog.

Un amore intenso e confortato da frequenti lavaggi e reciproca soddisfazione. Io acquisto per lei detersivi di primissima qualità, in polvere, liquidi e per capi colorati. Mantengo alto il tono della passione con qualche goccia di ammorbidente e addolcisco l'acqua della centrifuga con un anticalcare di importazione. Costa un po' più degli altri, ma ne vale la pena.

E per non cadere nella monotonia cambio spesso programma: forte con prelavaggio quando necessario, misto nella routine, delicati, lana e seta solo raramente perché la noia è sempre in agguato.

Poi lei ha un posto d'onore nel mio bagno, protetta da un armadio che la ripara da sguardi indiscreti, può mettersi in mostra sono ai palati più esigenti e curiosi.

Sono una donna fortunata. E molto. D'altronde tra le infinite invenzioni che facilitano la vita il posto d'onore spetta alla lavatrice che ha liberato le donne dallo sciabordare dei panni al fiume e gli uomini dalle zecche.

E tuttavia non le basta.

Da un po' di tempo non vuole fare il suo dovere e nel bel mezzo del lavaggio cambia programma. Passa da 1200 giri a zero lasciandomi gli asciugamani in spugna così carichi di acqua che come stendibiancheria occorre usare i cavi dell'alta tensione oppure mi plissetta a 90 gradi le camicie di seta che per stirarle devo metterle sopra un geyser. E non è che Italia se ne trovino molti.

Sono casi estremi, ma mi rompono decisamente le tegoline. Perciò, dopo aver esperito alcuni metodi casalinghi, pulizia del filtro, cambio di detersivo, riduzione il carico, invocazione ai santi, ed esaurita la pazienza, ho chiamato il tecnico.

Va da sé che la garanzia è scaduta giusto giusto tre mesi fa e le tegoline mi girano ancor di più, ma di fronte alla prospettiva di bucati alla lavanderia a gettone insieme a studenti fuori sede e stranieri senza fissa dimora ho avuto paura e ho chiesto aiuto all'assistenza Hoover.

Il tecnico, impegnato su più fronti si è fatto aspettare quattro giorni ma oggi si è presentato.

Ora dove siano andati a finire gli operai con la tuta sporca di grasso e le chiavi inglesi nella borsa che ti smontavano l'elettrodomestico in mille pezzi, ti scheggiavano la ceramica del bagno, sporcavano l'ingresso di terra seccata nel carrarmato delle scarpe e buttavano nel lavandino residui di fili elettrici - plastica e rame - che poi dovevi chiamare pure l'idraulico perché avevano ingolfato il tubo di scarico? Non so. A casa mia si è presentato un signore vestito di Armani, con mani curate dall'estetista e una valigetta piccola, piccola.

L'ho osservato senza alcuna fiducia e gli ho passato la mia cassetta degli attrezzi, perché pensavo se la fosse dimenticata nel furgone. ah, che stupida, lui in città usa la Smart.

Invece dopo un'occhiatina complice e suggerimenti generici, buoni giusto per il manuale istruzioni che io già letto avidamente, ha sostituito la manopola del programma, il motivo di tanta instabilità di lavaggio, e mi ha presentato il conto.
70 euro con ricevuta compresa la chiamata. "Signora, avesse avuto l'estensione dell'assicurazione - ha recriminato - avrebbe pagato solo la chiamata".



domenica 5 febbraio 2012

Torino come Cortina

Lo sa solo Dio perchè mi è venuto in mente di uscire questa mattina con temperatura a meno 10,  ma è successo. Così intarabarrata nel piumino no logo, ai piedi scarponi da montagna dotati di rompighiaccio, cappello di lana calato sulla testa con scarpa e guanti a corredo, sono andata a comprare il giornale:  "La Stampa" o "La Busiarda, come gli oppositori chiamavano una volta il quotidiano di Torino che noi leggiamo prima di tutto per i necrologi, un'abitudine che non ho mai incontrato in nessun altro paese.

Ecco, tra le consuetudini dei torinesi, appunto i necrologi sulla Stampa per non perdere neanche un funerale, lo stile sottotono per non urtare, la cena alle sette con caffelatte e l'imperativo categorico di non ostentare, atteggiamento che ci ha reso imperscrutabili a chi viene da fuori, mi ha colpito questa mattina vedere tante pellicce addosso alle signore che andavano a messa.

Sembrava di stare a Cortina o in uno di quei paesi della Bassa, benestanti ma un po' provinciali dove la domenca assisti all'esibizione di benessere preservato per lo struscio sul corso principale.

La mia città no. Ma neanche più la Crocetta è quella di una volta. Il quartiere delle dame di carità, impegnate ad aiutare i poveri, vestitite rigorosamente di bleu, grigio o crème, con la è alla francese, un colore tra il giallo e il bianco che sbatterebbe anche Naomi Campbell, capelli media lunghezza o corti con qualche filo d'argento e mai tinti - è così volgare la tinta -  e cerchietto in testa, mocassini mezzo tacco e sempre pronte al servizio in ospedale. Ecco, dove sono andate a finire queste signore?

Io questa mattina ho incontrate sciure coperte di visoni, colbacco di volpe, occhiali da sole, borsa di Gucci e stivali in camosco Mtb marron, al braccio di omaccioni con cappotto di cashmere e sciarpa pigramente annodata che non ripara neanche da un alito di vento. Ma che sta succedendo a Torino?

martedì 31 gennaio 2012

Neve e bellerine

foto scaricata da You Reporter


La neve, a lungo invocata, finalmente è arrivata. Non oggi. Già domenica scorsa ha imbiancato tutta la città, ma io, reduce da un intervento al dente, non ho potuto godermela come avrebbe meritato. 
Invece oggi sì. Eccome.

Infatti se lunedì sono andata a lavorare con gli scarponi da montagna e le suole rompighiaccio, abbigliamento assolutamente esagerato per la proverbiale efficienza subalpina che ha liberato le strade in una sola notte, oggi ho sfidato la sorte.

Messo il naso fuori per testare la temperatura - decisamente gradevole - osservato dal terrazzo, quello sì con trenta centimetri di neve, strade sgombre, mi sono vestita da donna e ho inforcato la bici per andare a lavorare.  
A parte qualche ammasso di neve sporca negli angoli dei marciapiedi e il colore spettrale dei tetti  ancora coperti di bianco, nessun intoppo sul percorso. Così, certa di fornire il più elevato contributo alla salvaguardia dell'ambiente, e in competizione con i paesi nordici che usano la bici anche in autostrada, sono arrivata in ufficio.

Grandi sguardi di ammirazione dei colleghi hanno salutato il deposito del mezzo. Tra commenti di approvazione e qualche "oooh" di stupore, quello delle solite colleghe che si fanno accompagnare dal marito anche per comprare il sale, ho fatto il mio ingresso.

Per tutta la giornata non si è parlato d'altro che dell'intrepida e valorosa scelta di usare la bici.  Ma non sono mancati i commenti malevoli e qualche sorrisetto, che che compariva sulla faccia di qualcuno. Li ho ignorati, sempre gonfia di orgoglio. E poi qualche battuta sull'abbigliamento: "Certo che tu, con sto tempo da lupi, vieni a lavorare con quelle scarpette..."

Certo, quando all'ora di pranzo la temperatura è scesa di 10 gradi mi sono un po' infastidita, ma niente di più. Ho sopportato condizioni peggiori.  Un po' di gelo non mi spaventa.

Poi quache gocciolina ha bagnato il selciato. Ho guardato distrattamente le strade ancora chiusa nella granitica certezza che non si sarebbe depositata. Ma in pochi minuti le gocce si sono trasformante in fiocchi leggeri che danzavano nell'aria e l'ammirazione dei colleghi in trionfo.
Alle cinque il manto stradale era coperto di 15 centimetri di neve, le aumobili viaggiavano ai 20 all'ora e gli spazzaneve hanno fatto la loro comparsa seguiti dai mezzi spargisale.  I colleghi si erano dileguati  per raggiungere la famiglia, non senza prima conquistarsi una settimana di ferie.

Io resistevo.
Alle cinque e mezzo il palazzo era vuoto, a parte gli addetti all'evacuazione e i tecnici del Comune che transennavano l'edificio dal quale cadevano lastroni di neve grandi quanto l'intera Siberia.

Un collega superstite mi ha suggerito di lasciare la bici in garage e tornare a casa con lui, non ho capito se a casa sua o mi offriva solo un passaggio, ma è un dettaglio irrilevante. Comunque a scanso di equivoci ho rifiuto sdegnata entrambi. 
Sono uscita nella tormenta e ho liberato la bici dalla catena, ma non riuscivo a tirarla fuori dalla neve. Il collega impietosito, nonostante avesse appena incassato un rifiuto, con braccia forti e possenti, l'ha alzata donandomela come un fiore. Ho ringraziato con pudore e me ne sono tornata a casa a piedi, poichè in queste condizioni il rischio era troppo alto e l'azienda non avrebbe mai accolto un infortunio in itinere. E come dargli torto. Ho impegato 35 minuti a fare un tratto di strada che, a prendersela comoda, ne richiede dieci.

Sulla strada qualcuno mi ha offerto l'ombrello, inaccettabile perchè ho solo due mani, qualcuno ha espresso solidarietà,  ma a patire di più sono stati i miei piedi e soprattutto le ballerine di camoscio pronte per il cassonetto.

mercoledì 28 settembre 2011

Anche i baristi hanno un'anima

"Chi si loda si imbroda" mi ammonivano i miei quando ero bambina. Lo stile subalpino del basso profilo in famiglia si è sempre praticato, anche senza le sette generazioni di Piemonte. Ma questa volta devo proprio rallegrarmi con me stessa.

Da quando mi hanno cambiato lavoro - a proposito il giudice ha fissato nuova udienza a ottobre - dopo il tempo del dolore, la fase della rivendicazione e una causa in corso, mi sono adeguata al nuovo stile di vita.

Poi aggiungi gli antidepressivi che ingerisco quotidianamente, un orario di lavoro umano perchè privo di straordinari, o semplicemente le belle giornate che ancora scaldano la città, e anche la volontà di non soccombere e non mostrarmi sconfitta, ma non sono mai stata così in forma come in questo periodo.  E si vede.

Che per chi ha superato i quaranta da un bel pezzo non è male.

Così stamattina, indossato un abitino di Pucci (simile a quello riportato nella foto a fianco) e scarpette adeguate, entro nel bar aziendale per colazione.

Ad accogliermi il gestore con il tramezzino che piace a me già sul piattino.
Bene, bene. Sa fare il suo mestiere.
Ma è mentre pago che si lascia andare in un commento veramente ardito per il suo stile.

"Signora" mi ammalia con tono vellutato " con quel vestino vintage....  cosa non si farebbe per lei"
Sorrido educatamente e ringrazio, ma lui insiste.
"Questa mattina è proprio radiosa, è un piacere vederla. Mi permetta di offrire"
Non potevo deluderlo. Cosi mi sono dedicata alla lettura del giornale al primo tavolo regalandogli un posto in prima fila.
C'è caduto Narciso, perchè io non devo almeno rallegrarmi?

martedì 20 settembre 2011

Cesimento Istat: anche on line in orario di servizio per i pubblici dipendenti

La notizia è naturalmente dal web. Quest'anno il censimento di può fare on line e, per i dipendenti pubblici dal computer aziendale.

"Occore informare tutto il dipendenti -  dico al capo del personale - sai il ministro Brunetta crede nel successo dell'iniziativa e la promuove"

"Lo so, abbiamo ricevuto la circolare"

"E l'hai già buttata nel cestino oppure credi che per una volta possiamo essere un'amministrazione amica?"

"Non essere polemica, Cassandra, va be' che fai comunicazione, ma non è che bisogna dire tutto e subito. E poi devo parlarne con il Direttore"

"Addirittura! Non basta un comunicato sull'intranet aziendale"

"Il direttore deve essere informato"

"Il ministro non glielo ha detto?"

"Certo che sì"

"Aaaahhh...., sembrava strano."

"Ma non so se lo sa che lo si compila in orario di servizio"

"Ma chi? Il direttore o il ministro?"

Ovviamente la questione dal 13 settembre, giorno della circolare, è ancora oggetto di ampia discussione tra gli organi di vertice e la dirigenza per stabilire orari e modulità per la compilazione del modulo Istat.

giovedì 25 agosto 2011

Lucchetti e catene: il vandalo innamorato, l'amore eterno lo promette così.




Romantici di tutto il mondo, amatevi pure! Ma non deturpate l'arredo urbano.
L'appello lo ha lanciato Repubblica il 23 agosto scorso con un articolo dal titolo Tutti pazzi per amore la guerra dei lucchetti riparte da Venezia, contro la moda di salire su un ponte,  fissare un lucchetto,  possibilmente con le iniziali, e buttare via la chiave per giurarsi amore eterno.
Un'azione innocente che  può  solo suscitare simpatia, tanto è ingenua, ma carica di valore simbolico per chi lo compie.
Niente di male, dunque. Invece no.
Perchè a furia di romantiche promesse - e Dio solo sa di quanto amore trabocca il cuore dei giovani -  i ponti delle città, ma anche le cancellate  di molti luoghi ameni, si sono riempiti di ferraglia che arrugginisce e deturpa.  Tocca poi alle squadre del Comune passare con le tronchesi per estirpare i "cespugli ferrosi".

Perciò il partito dei detrattori attacca i romanticissimi figli di Federico Moccia, reo di aver lanciato la moda dalle pagine del libro "Ho voglia di te",  e invoca per loro pene esemplari.
In testa Franceso Merlo che dal suo blog,  sfogliando il Codice Penale, trova la giusta pena  all'articolo 635 comma 2,  punendo gli arditi in amore addirittura con un anno di reclusione.

Un'esagerazione? Forse.

Ma io, che ero a Sarajevo la settimana scorsa, a una canadese di Ottawa che elogiava le bellezze dell'Italia e che mi chiedeva il perchè di tanti lucchetti sulla balconata tra Riomaggiore e Menarola, nelle Cinque Terre, ho dovuto spiegare, con un po' di imbarazzo e nel mio inglese stentato, l'origine della moda.
Mi ha guardato sorridente e mi ha ringraziato per averle spiegato quello che a lei sembrava una strana mania. 
Certo. Sarà pure la  "Passeggiata dell'amore", la più romantica delle camminate da fare mano nella mano sdilinquendosi di fronte al partner. Ma è proprio necessario tirare fuori catena e lucchetto e attaccare il tutto alla ringhiera? Evidentemente sì.

E tuttavia non posso che trovarmi d'accordo con Merlo e invocare una pena esemplare.
E suggerisco. Niente galera contro gli  innammorati vandali. Ma un giusto contrappasso fatto di lavori socialmente utili da svolgersi nella città dove è stato perpetrato il delitto.
Perciò fuori le lime e spediamoli a segare la ferraglia. Non è necassaria neanche una mappa dei luoghi, loro di certo li conosceranno. Con grande risparmio per le casse comunali.
Io invece spero che la canadese non abbia esportato la moda.

domenica 21 agosto 2011

Cartelli distratti

Carica di spesa, avvalendomi delle aperture straordinarie di alcuni supermercati, decido di ritornare in autubus verso casa.

Succedeva oggi, intorno all'ora di pranzo dopo una passeggiata in collina a caccia di refrigerio.

Peccato che la metropolitana di Torino abbia sovvertito i percorsi dei pullman, senza che io mi informassi preventivamente.

Argh! A ricordarlo bene lo avevo letto, ma come ogni utente che si rispetti, avevo accartocciato l'informazione nel "cestino delle cose che non mi servono", anzichè catalogarla, attribuirle un codice e ripescarla all'occorrenza.

Così eccomi a fine corsa in piazza Carducci a caccia di un autobus per il mio rientro.

Arrivo alla palina, scruto i numeri, leggo attentamente i percorsi e individuo  il mio vettore.  Perciò mi accomodo e aspetto.
Dopo un quarto d'ora sotto il sole di agosto, con le derrate in decomposizione e i piedi marci per la stanchezza, inizio a temere che l'autobus non arrivi.

E come ogni utente medio che si rispetti, anzichè leggere più attentamente i cartelli, o telefonare al servizio clienti sempre attivo - sì, a Torino c'è anche questo - mi guardo intorno e chiedo agli astanti.

"Scusi, ma il 66 non passa - interrogo con apprensione due romene che stanno chiacchierando all'ombra - forse la domenica non c'è ?" continuo temendo la risposta.

Una di queste alza lentamente gli occhi sulla palina e legge: "FERIALE" si rivolge nuovamente a me e conferma:

"Feriale: vuol dire che la domenica non c'è"

Già. Il pullman è feriale e io non me ne sono accorta.

Accuso la lezione di cittadinanza attiva delle due straniere e mi dirigo a piedi verso casa.

Domani mi vendicherò con gli utenti ritardatari.