mercoledì 8 dicembre 2010

Tassonomia dell'utente

C'è il predatore, il collerico,  l'esasperato, il dimesso, il sorpreso, lo svanito, il furbetto, il raccomandato, il saputo, lo psichiatrico, lo stratega, il fazioso, il disarmato, il prevaricatore, l'anacastico, il querulo, l'ossessivo, il manipolatore,  il callido, il remissivo, l'interlocutorio...

post in aggiornamento

martedì 7 dicembre 2010

Procedure d'emergenza

Il consueto tran tran dell'Urp viene improvvisamente interrotto da urla sovraumane e da alcuni colpi in successione.
L'urpista diligente, impegnata nell'esercizio delle sue funzioni, indovina il dramma e accorre nel bagno degli utenti.
Bene ha fatto: l'utente anziano, spinto dal bisogno, dopo aver espletato le funzioni primarie, si è trovato prigioniero nel piccolo gabinetto del salone. Perciò, assente la catenella di soccorso, all'utente non è rimasto che utilizzare il più atavico richiamo d'aiuto, forse un po' desueto, ma sempre efficace come dimostrano i fatti.

In pochissimi secondi sono intervenuti sul posto il referente della sicurezza dei lavoratori per accertarsi che non ci fossero trasgressioni al regolamento, il responsabile del pronto soccorso per decidere se chiamare un'ambulanza o mettere il pratica le regole del Bls, basic life support, apprese durante uno specifico corso aziendale, il responsabile del salone per verificare se era necessario chiamare la squadra di supporto psicologico prevista dal piano di emergenza e di crisi, il delegato dei lavoratori del piano per stabilire se le norme contrattuali dei dipendenti fossero state rispettate, un gruppo di utenti con un ariete per sfondare la porta e un secondo gruppo di utenti per dirigere le operazioni di sfondamento.

Ma per l'utente anziano non si vedeva un prospettiva di libertà.

Nel frattempo il resto dell'Urp era impegnato a chiamare in ordine: il contact center segnalazioni guasti tecnici  dell'azienda che interverrà entro 24 ore dalla segnalazione come stabilito dalla procedura di qualità, il responsabile della manutenzione del palazzo al quale l'urpista ha dovuto declinare il numero di segnalazione già effettuata, il suo vice che interviene in caso di assenza del responsabile - anche a lui l'urpista delegata ha dovuto comunicare il numero di segnalazione - il responsabile della squadra di pronto intervento che ha chiesto se era stata fatta la segnalazione al contact center prima di poter inviare il tecnico, ma ha garantito una dettagliata relazione al proprio dirigente.

Intanto l'utente anziano sollecita un intervento: è ancora chiuso nel cesso.

Allora l'urpista diligente, di fronte a tanto pubblico, sfida le regole aziendali e, sprezzante del rischio di una sanzione disciplinare per eccesso di potere, chiama dal proprio cellulare Gari, operario extracomunitario con contratto a progetto, l'unico rimasto a fare un lavoro manuale su 500 dipendenti, che, brugola in mano, in un solo click ha manomesso il lucchetto incastrato regalando la luce al povero utente.

Come premio l'utente ha conquistato altre due ore di fila perchè nel frattempo ha perso il turno: è l'automazione, bellezza! E tu non puoi farci niente.

sabato 4 dicembre 2010

Per favore, a Natale non disturbatemi, invece andate a visitare Luci d'artista

Per favore a Natale non disturbatemi.
Ve l'ho già detto: odio le riunioni di famiglia, i cenoni da 4mila calorie,  la scambio dei regali, i dolci da pasticceria, i bidoni della spazzatura pieni di scatole.
Ma soprattutto odio la corsa all'acquisto, il vestito stretto, i capelli phonati, le conversazioni sugli assenti e sui parenti e tutta la liturgia della festa.
Chi l'ha detto che a Natale uno non può stare da solo? A me piace tanto. Stare nella vasca da bagno con l'acqua a 45 gradi e il vapore che satura il bagno, il sonnellino con l'accappatoio nel pomeriggio, il telefono staccato.
Se a voi sembra poco...

venerdì 3 dicembre 2010

Ha ragione Brunetta

In queste ultime settimane la medicina ha fatto passi da gigante o,  più verosimilmente, il vibrione che infestato le mie colleghe urpiste ha scelto altri corpi da abitare. Così eccoci tutte insieme all'Urp.
Il grande salone che lo ospita oggi non è stato neanche tanto assediato dal pubblico, sarà stata la neve a scoraggiare l'anacastico  utente,  perciò ...   riunione degli operatori per fare il punto della situazione.

Alle 12.43 siamo ancora al punto "2" dell'ordine del giorno.
Si presenta l'utente che ha ignorato l'orario di ricevimento scritto a caratteri cubitali. Hai voglia a fare cartelli.
Tra le colleghe serpeggia il malcontento. L'ingresso dell'utente offre la stura a una nuova rivendicazione sindacale sull'illogica distribuzione degli spazi.
Giuro sulle mie scarpe che farò presente il problema al direttore e con un atto d'imperio riporto l'attenzione sul tema dell'incontro.
L'utente però è determinato, così, indispettito dalla nostra indifferenza, sposta la transenna e bussa sul vetro.
"Scusi, è già chiuso?"
Le colleghe mi sfidano con lo sguardo. Tocca a me operare il respingimento.
"Buongiorno. Sì, mi dispiace, ma l'orario è terminato da un'ora"
L'utente gioca la carta della cortesia e con tono dimesso apre la trattativa: "Solo un'informazione"
Le colleghe inziano a tarantolarsi.
"Di cosa si tratta?"
L'utente, che ha guadagnato terreno, sciorina una messe di carte. Le  urpiste sorridono soddisfatte, vogliono proprio vedere come mi libero dell'utente.
"Dunque, .... non pago le bollette da qualche tempo....-  continua - e ..."
Intervengo nella sua esitazione e affondo il colpo:  "Ha ricevuto una lettera?" chiedo con tono indagatorio.
L'utente prende tempo
"Mi sembra... Sì. Lo scorso anno  ho ricevuto qualcosa"
Bene! Lo crocifiggo alla la sua inadempienza: "E perchè non è venuto l'anno scorso?"
Serafico come un neonato dopo la poppata mi risponde che non ha avuto tempo.
Devo stringere la trattativa. "Me la faccia vedere per favore?"
Lui oramai si è seduto e vuole attenzione. Inizia a cercare tra le sue carte prive di qualsiasi ordine.
Io sbircio tra i documenti per captare il nostro logo, ma dalla busta di nylon esce di  tutto, ma della lettera incriminata, manco l'ombra.
Allora mi apro un varco: "Mi scusi, ma temo che adesso non possiamo fare niente... Gli uffici sono tutti chiusi."
"E io che faccio?"
"Cerchi la lettera e torni appena può per mostracela." Per sicurezza gli allungo il foglio con i nostri orari.
Sono certa di averlo congedato.
Ma lui non si scoraggia e rilancia.
"Non può cercarmela lei?"
Ah no! Questo è troppo!
"Ma se non sa neanche quando l'ha ricevuta"
Maledizione! Sono sulla difensiva. Lui capisce e insiste.
"Ma me l'avete mandata voi, lo saprete quando mi avete scritto, me la cerchi"
Non posso tollerare due imposizioni consecutive.
"Mi scusi, le ho detto che l'orario di ricevimento è terminato da un'ora e gli uffici sono chiusi. Non possiamo fare niente"
La mia risposta suscita il suo anatema.
"Ma non avete proprio voglia di lavorare! Ha ragione Brunetta:  tutti a casa Vi devono mandare"

Apprendo in questo momento che il giustiziere della funzione pubblica gode ancora di una certa fama

mercoledì 1 dicembre 2010

La carità

Da qualche tempo un nuovo tipo di pezzente disturba la mia coscienza: aspetta davanti al piccolo supermercato dove faccio la spesa con la sua mercanzia, ma non la offre. No. L'extracomuniatario apre la porta e sorride, in cambio si aspetta qualche moneta data in resto dalla cassiera.

Ma come? Non lo sa che oggi tutti pagano con la carta di credito. Già, la carta di credito ha cambiato le nostre abitudini. Anche l'elemosina nel ventunesimo secolo si fa on line o con il telefonino. Un sms e la nostra coscienza è tacitata fino a nuova pubblica questua, cosmetizzata dalla pubblicità di un nuovo grande evento. Con buona pace dell'Agenzia delle entrate che concede di scaricarla dalla denuncia dei redditi.

Ma per il pezzente di strada non c'è un euro nelle nostre tasche. I suoi abiti sporchi disturbano la nostra quotidianità e interrompono le nostre abitudini. D'altronde è sempre stato così.

I poveri piacciono dignitosi e composti, con i loro abiti dimessi, ma ordinati, mentre chiedono l'elemosina davanti alle chiese. In piedi accanto al portale con un sorriso ringrazievole magari con il cestino di vimini con dentro qualche monetina. Li vogliamo attenti a scrutare i volti di chi entra, indovinare le nostre intenzioni e assecondarle allungando garbatamente il cestino mentre noi, crocifissi dal senso di colpa, frughiamo nelle tasche alla ricerca di qualche soldino da buttarci dentro. In cambio ci aspettiamo un grazie con un lieve cenno con la testa e occhi riconoscenti.
Ma che non commetta l'errore di guardare dentro, che mai possa soppesare il nostro animo dall'importo della donazione.
Ingrato. Che vada a lavorare!