domenica 25 dicembre 2011

Natale: benedetta solitudine

Sul Natale ho già scritto l'anno scorso, perciò non ripeterò quanto è noioso ricevere sms multipli,  o la telefonata dal vecchio amico che pensa di riallacciare i rapporti: se non ti sopportavo a Pasqua, perchè dovrei apprezzarti a Natale?

Per educazione. Non mi interessa. Perciò per sfuggire al rumore assordante delle suonerie telefoniche e all'inutile bla bla delle conversazioni stile riassunto Bignami dell'anno precedente non c'è altra soluzione che staccare i telefoni e starsene in pace a godere il silenzio.
Già fatto.

Tanto nessune se ne accorge se non telefoni.

giovedì 8 dicembre 2011

Miracolo a Milano

Mentre a Milano si apriva la stagione scaligera col Don Giovanni di Mozart,  e straordinario parterre di vip, io, più mestamente, mi godevo il Fidelio di Beethoven al Regio di Torino.

Un coraggioso allestimento in bianco e nero di Mario Martone, questo Fidelio, ma ancor  più evocative le scenografie di Sergio Tramonti. La comparsa alla spicciolata dei prigionieri, incorniciata dalle scale metalliche, è una scena che rimanda senza soluzione di continuità ai vecchi filmati girati alla fine della seconda guerra mondiale, con gli internati dei campi di concentramento, increduli, che avanzano, lenti e sospettosi, verso i cancelli aperti.

E tuttavia, non paga della mia dose di cultura sabauda, rimango indispettita per la presenza di rappresentanti del governo alla serata inaugurale della stagione lirica meneghina.

A pochi giorni dalla presentazione della manovra economica a taglio libero, non avremmo voluto incontrare Monti all'ingresso del teatro. Sarà pure demagogico, ma avremmo preferito immaginargelo sintonizzato su Raitre mentre col dito faceva segno alla moglie di tacere.

Ma quanto costa una serata alla Scala? Facciamo due conti.

Biglietto: dai 180 ero per un palco ai 26 per uno strapuntino nell'angolo più nascosto della galleria, più prevendita.
Abito:  bastano 350 euro per noleggiarne uno, ed è perfetto, tanto alla prima non siamo stati invitati, perciò il frac lo lasciamo a casa. Chiedete ad un amico un paio di scarpe nere con i lacci e almeno su questo si risparmia.

Treno: con la tariffa standand in seconda classe andata e ritorno da Torino, io me la cavo con 20 euro.

Accessori: bar per caffè e bagno dove cambiarsi d'abito, 1,30 sono sufficienti. Il panino uno se lo porta da casa.

Trasporti cittadini: ci si può arrivare in metro, costo, 1,50, ma al ritorno meglio prendere un taxi, se no addio treno, tra notturno e  maggiorazioni, 15 euro.

Altro: in clima di austerity, non bisognerebbe lasciarsi sedurre da niente, ma almeno un altro caffè nell'intervallo vogliomo prenderlo? Sì? Allora sono 3 euro. L'acqua invece, uno si beve quella del rubinetto del bagno con la bottiglietta di plastica riciclata dal distributore automatico, con carica batterica degna di una fogna.  E che non Vi venga in mente di comprare il libretto, tanto si sa che arrivati a casa va finire nella carta di recupero.


Ebbene, tiriamo le somme. Si arriva a 550,80 euro per godersi lo spettacolo. Non male, vero?
Meglio Fidelio.

mercoledì 23 novembre 2011

Profumo all'Istruzione. Scuole private? Provate per voi.

No. L'alluvione  non mi ha sommersa, nè mi hanno chiamato a fare il ministro nel governo Monti, nonostante l'imponente presenza di piemontesi e di donne nel nuovo esecutivo.

Ma nella squadra abbiamo apprezzato la nomina di Francesco Profumo al dicastero dell'istruzione e ricerca. Quel Profumo che, lasciato rettorato del Politecnico di Torino,  dovrà fare i conti con la scuola statale in pieno sfacelo, anche quella privata.
A proposito. Non tutti forse sanno che il figlio di Profumo ha frequentato la scuola americana di Torino, una struttura con rette da capogiro, tutta in inglese, dove si preprano i rampolli della buona borghesia prima di un precariato d'oro alla Casa Bianca. Tutto a spese di papà.

Che c'è di male? Chiedetelo agli ex studenti delle statali a caccia di primo impiego.

giovedì 3 novembre 2011

Golosità punita

Più che la fame, potè il digiuno. Ma pure golosità e distrazione. Con sorpresa finale.

Di cosa si sta parlando? Di un prodotto acquistato nel mio viaggio nei Balcani che mi è costato un notte di salati affanni.

Sì perchè la pigrizia, e la passione per le pulizie, mi hanno impedito di fare la spesa nella certezza consumistica che "in casa c'è sempre qualcosa da mangiare". Vero. Così ieri sera mi ha conquistato un preparato per minestre comprato in un supermercato macedone. Una busta piccina con i disegni di carote, prezzemolo, patate e altri ortaggi. Sembrava una di quelle confezioni per crema di asparigi o similia pronta per l'uso con aggiunta d'acqua.

Già pregustavo la crema corposa e densa con pezzetti di vegetali misti ricostruiti in laboratorio, addizionata a Dio solo sa cosa e resa ancora più gustosa da esaltatori di sapidità di provenienza incerta, ma imperdibili.
Colesterolo commosso e cellulite in festa.

Ma il diavolo ci ha messo la coda. Così piazzato sul fuoco un pentolino in terraccotta, una strizzatina d'occhio alla tradizione contadina non fa mai male, ho preso la busta dalla dispensa, cercato le istruzioni per la preparazione in una lingua che non fosse, l'albanese, il serbo-croato, il russo o il greco, poi quando finalmente mi si è parata la scritta in inglese, ho visto che occorreva versarne un cucchiaio prima dell'ebollizione, girare con cura e aggiustare di sale.

Tutto qui? Sì.

Tuttavia a me sembrava poco densa e ho variato le proporzioni, ancora un cucchiaio e poi ho assaggiato la vellutata di vegetali misti.

Non l'avessi mai fatto! Mi è sembrato di affogare nel mar Morto tanto era salata, altro che aggiungerne ancora.  La lingua è diventata un insensibile pezzo di carne, un bruciore leggero si è propagato negli orifizi laringoiatrici senza soluzione di continutà corrodendo i seni paranasali, mentre una batteria di starnuti risuonava in cucina.

Ma dopo il panico, la razionalità e soprattuto la parsimonia hanno avuto il sopravvento, perciò ho allungato la paraminestra con due cubetti di spinaci surgelati. E ho continuato a girare. Ancora un po' d'acqua fredda e del grano mi hanno fatto raggiungere la soglia della commestibilità. E l'ho mangiata.

Il dopo è stato un viavai dalla camera da letto alla cucina a intervalli regolari di un'ora, per mezzo litro di acqua a volta. Dalla quarta si è aggiunta anche una visitina in bagno, tanto per riequilibrare il colmo idrico.

Il mattino mi ha sorpreso stanchissima e ancora assetata, mentre le reni minacciavano sciopero per il lavoro a cottimo. E lo specchio mi ha rimandato la faccia di una donna distrutta con gli occhi piccolissimi.  E di infilare le scarpette tacco 12 non se ne parlava neanche.

E non era ancora finita. In ufficio tutti mi hanno chiesto cosa mi fosse accaduto, una voleva addirittura chiamare l'ambulanza, poi mi ha suggerito più sommessamente un massaggiatore.

A raccontare l'esperienza all'urpista diligente, che parla cinque lingue, sono stata immediatamente schernita. "Non è che si trattava di un condimento e non di una minestra e dovevi metterne solo un cucchiaino?"  ha ipotizzato ridendosela alla grande.
Ho respinto con fermezza l'accusa certa del mio inglese livello base. Ma intanto il dubbio era stato instillato.

A casa ho riletto con cura le istruzioni con lente d'ingrandimento e come sempre l'urpista diligente aveva fatto centro. Aggiungere un teaspoon, unità di misura di origne anglossassone che significa un cucchiaino, cioè poco.

Insomma si trattava di un preparato da aggiungere alle pietanze per insaporirle. E per me l'esperienza è stata come magiare un dado per brodo come un cioccolatino. 
Mai più senza.