venerdì 17 giugno 2011

Brunetta e precari nella Pa: ma chi sono e cosa fanno

Forse non tutti sanno che da alcuni anni la Pubblica Amministrazione, Comuni, Province, Regioni, ma anche Ministeri e ospedali - sì signori, pure negli ospedali - alcuni servizi, anche fondamentali, si reggono su precariato.
Sia chiaro, il fenomeno non è nuovo. Se interrogate qualche impiegato Vi dirà che è passato dalle forche caudine del "tempo determinato" oppure che è entrato come "avventizio".

Niente di nuovo sotto il sole, dunque.

Non è proprio così. Facciamo qualche passo indietro. Di molti anni.

Erano gli anni Settanta, l'Italia viveva anni bui, l'inflazione correva al 17 per cento, cortei in piazza e scioperi a cadenza settimanale e le P38 colpivano alle gambe. Per far fronte alla dilagante disoccupazione giovanile venne istituita la legge speciale giovani: in sintesi le pubbliche amministrazioni assorbirono una gran numero di giovani, tutti con contratti a termine di tre o sei mesi e qualifiche basse. Ci fu un'infornata di bidelli con licenza liceale, coadiutori amministrativi alle soglie della laurea e postini reduci dall'esame di maturità.

Il meccanismo era semplice e garantista. Dopo qualche rinnovo di contratto si arrivava al concorso riservato e alla stabilizzazione. Posto fisso e stipendio assicurato. Dalle Poste alle Ferrovie dello Stato, con ancora convertiti al capitalismo delle SpA, migliaia di persone si sono assicurate lavoro e futuro dignitoso.

Ma il mondo cambiava veloce  e ci voleva tutti flessibili. I lacci della stabilità imbrigliavano un mercato in continua evoluzione e, dopo la grande abbuffata degli anni Ottanta, quando se non eri un agente di borsa o una Pr, non eri nessuno, le imprese reclamavano flessibilità in nome di un dinamismo e in cambio di crescita economica e ricchezza senza fine.

Ci hanno creduto tutti. Anche Treu, ministro del lavoro nei governi Dini e Prodi, che ha varato il pacchetto di riforme sul lavoro interinale, prima vietato in Italia, ma molto diffuso nei paesi anglossassoni, e altre misure. Era il '97 e queste leggi si applicavano solo al lavoro privato.

Ma nel decreto legislativo 29 del '93 si iniziava a parlare di privatizzazione del  pubblico impiego, rinviando per esempio al Giudice ordinario le cause di lavoro in precedenza dibattute nei sileziosi tribunali amministrativi. E si fissavano i paletti per le grandi riforme sull'occupazione. 
Basta con l'impiego a vita. I vento del cambiamento soffiava forte sul mondo del lavoro e Biagi, quello ucciso dalle Brigate Rosse, lo ha alimentato inserendo nuove tipologie contrattuali, i famosi contratto a progetto. Obiettivo della riforma: contrastare la disoccupazione. Era il 2003

Come sia possibile da buone intenzioni arrivare all'inferno del precariato, non è dato saperlo.
Ma a meno di 10 anni di distanza, il risultato è un  sconfortante aumento non solo del numero dei precari, ma soprattuto dei tempi di precariato. E senza speranza. Altro che due o tre contratti da avventizi, prima del concorso. Nella Pa c'è gente che fa il Co.co.co, il Co.co.pro, l'interinale anche per 10 anni senza alcuna speranza  e lo fa accanto al collega strutturato e garantito facendo lo stesso lavoro, ma a prezzo molto più basso.
Certo è l'Italia peggiore, perchè è il peggio che può dare l'Italia fondata sul lavoro. Sottopagato.
(I continua)

3 commenti:

  1. Mia madre è entrata in Comune (dove abitava) e mia zia fu assunta in quella che ora è l'Agenzia delle Entrate negli anni '60, con i metodi "di allora" che hai citato tu.
    E sono rimaste con questa chimera che nella Pubblica Amministrazione una volta "entrati" sia fatta e ci sia sicurezza del posto... vaglielo mo' a spiegare, che si è ribaltato tutto pure lì!

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  2. Anche mia madre nel 1969 è entrata in Comune con un contratto a termine che durava il periodo scolastico. D'estate veniva licenziata per poi essere riassunta a ottobre. Dopo qualche anno e alcune manifestazioni sotto gli uffici dell'assessore, credo Gianni Dolino, ci fu un'infornata di avventizi.
    Ma lei in pensione ci è andata, eccome.

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  3. Hai voglia! La mia c'è andata (beata lei) addirittura a 45 anni, grazie a 25 anni di contributi versati (prima in altri posti di lavoro e poi in Comune) e a non so che legge che le ha "regalato" degli anni di servizio perchè mio nonno è morto per cause di guerra...
    Mio padre invece s'è fatto i suoi 40 anni regolari sotto privati (40 anni in regola, perchè a lavorare ha iniziato 9 anni prima che gli versassero dei contributi, a 7 anni: allora usava così, nelle famiglie non abbienti), e tuttora credo che di pensione prenda meno lui che mia madre...
    E ora, guardiamo al presente e (sigh!) al futuro...

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