Dopo aver dribblato con abile mestria
la madame Bovary della Transilvania, in una giornata ancora torrida
nonostante le nuvole, decido di dedicarmi alla cultura e vado a
visitare il sito archeologico di Luni, paese al confine della Liguria
ma con lo sguardo verso la Toscana.
Sono le quattro del pomeriggio e a
passeggiare tra i resti delle mura erette nel 177 a.c. dai romani per
ingraziarsi la dea Luna dopo una logorante guerra contro i Liguri
Apuani, siamo io e un coppia di anziani francesi di stanza a Lerici.
Mentre passeggio tra quel che rimane della città e dei mosaici che hanno impreziosito i grandi ingressi delle ville patrizie e un anfiteatro abbastanza ben conservato piango per la sorte dei beni culturali in Italia.
Le erbacce la fanno da padrone, i pochi
pannelli esplicativi sono scritti esclusivamente in italiano,
operatori demotivati si rianimano alla vista di coraggiosi visitatori
e un senso di desolazione mi opprime il petto.
Penso ai paesi stranieri dove basta un
rocco impolverato per creare un polo d'attrazione per turisti di ogni
parte del mondo, e questo maledetto paese che ha un terzo del
patrimonio modiale, ma non sa valorizzarlo. Ha ragione Settis quando compie una delle più spietate analisi sulla negligenza italiana.
La prossima volta che mi viene in mente di andare in vacanza in Italia, sparatemi.