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giovedì 31 luglio 2014

Navigatore satellitare e nuove tecnologia.

Diciamolo pure: il navigatore satellitare in macchina è proprio utile. 
Niente più cartine spiegazzate con lo squarcio proprio sul nome del paese dove si è diretti. Basta anche con la carta ondulata a fumetto, ma illeggibile, ottenuta grazie alla fuoriuscita di bibite addizionate con anidride carbonica lasciate inavvertitamente aperte dal vostro compagno di viaggio: Argh! Insomma basta con quegli obsoleti sistemi di rilevamento 1:25.000 che hanno permesso agli americani lo sbarco in Normadia con precisione chirurgica e a me di camminare felice per le Alpi e le catene montuose di mezza Italia. 
Viva la tecnologia.
Basta inserire un indirizzo esatto, avendocelo, o il nome del paese, naturalmente nella lingua madre, che vi voglio vedere a traslitterare il giapponese, e il navigatore vi sciorina una elenco lunghissimo di paesi dai nomi simili, ma non necessariamente vicini, fino a individuare la vostra agognata meta. 

A questo punto non vi rimane che dare l'ok e il gioco è fatto. 

Perciò rapita dal prodigioso strumento, anche se qualche dubbio residuo mi tormenta, affronto il viaggio.  E il  televisorino magico disegna un percorso rosso - il più veloce, me lo ha anche chiesto - su una figura dell'Italia con Croazia annessa tutto in 2D. 

Meravigliata come una bimba al luna park, trillo felice per tutta l'autostrada. E il televisorino si rallegra di tanto gaudio. 

Certo, io di mio avrei fatto la stessa strada, pardon  autostrada fino a Trieste, poi sarei entrata in Slovenia, e imboccata una superstrada che taglia in due l'Istria, avrei girato a sinistra per  Livade, prima tappa del viaggio, terme  in mezzo alle montagne con acqua solforosa che guarisce anche la peste.

Che cosa sia saltato nel microchip del televisorino, non saprei dire, ma si è messo a disegnare una strada tutta curve, che nella realtà era uno sterrato per trattori rotti a ogni terreno, anziché un Mercedes da turismo, che giusto, giusto può arrampicarsi sulla corniche del Principato di Monaco, anziché sulle anguste vie dell'Istria.

Perciò abbiamo toccato Ogi, poi Trviz, poi Civitani e finalmente su una strada degna di questo nome, abbiamo puntato in direzione Porec. Si che nessuno ci corre dietro, ma la toponomastica di Tito mica devo impararla a memoria.  

In ogni caso dopo incontri con  caprette e altre amenità di questo tipo finalmente si ritorna su un nastrino d'asfalto ed eccoci alla meta: le terme di Livade
Il seguito alle prossime puntate. 

mercoledì 30 luglio 2014

Si parte!

Qualcuno sarà già al mare con i piedi lambiti dalle onde, altri, picozza in mano, pronto per un'ascensione in montagna, qualcuno in tour per l'Europa o altro continente, io invece partirò domani per rilassante vacanza in Croazia: un po' di mare e due settimane di relax, ma pur sempre all'est per non tradire gli ideali socialisti con una vacanza borghese e capitalista. 

Certo rispetto alle mete consuete, che so Albania e Bulgaria, che mi hanno dato grandi soddisfazioni, quest'anno si va verso una meta più affollata di ordinaria popolazione turistica, ma tant'è.

La vecchiaia avanza e il sol dell'avvenire lo voglio guardare seduta da una comoda sdraio in riva al mare, anziché osservarlo a bordo di una Trabant,  anche se -  ohibò - il mare in Croazia è a ovest! 
Scherzi del destino.  
Spero di non essere internata in un gulag al mio ritorno con l'accusa di essere "nemica del popolo". 

domenica 11 agosto 2013

Romeno: lingua neolatina

Adesso mi tocca anche imparare il romeno. Appena attraversata la frontiera ecco il primo impatto con questo paese. É vero, ci sono cani randagi ovunque e i cartelli stradali sono imprecisi, perciò dopo aver sbagliato direzione, ritornando nella Bulgaria appena lasciata alle spalle, imboccato una superstrada in opposto senso a quello di marcia, abbiamo prima eseguito il test alcometrico all'autista bulgaro, le cinque birre della sera precedente - e anche due ragazzone che gli hanno tenuto compagnia - potevano aver lasciato un qualche insano residuo.
Poi, verificato che l'alcool non c'entrava niente, attestato che il giovinastro legge solo in cirillico e perciò la segnaletica direzionale rappresenta per lui un vero arcano, prima di consumare l'intero serbatoio, abbiamo proseguito il viaggio per approssimazioni successive.

Il gruppo, per niente scoraggiato dalle difficoltà, anzi galvanizzato da nuove e impreviste sfide, delibera quasi all'unanimità di chiedere a qualcuno.

I passanti si avvicendano sulla strada ignorandoci con regale sussiego. E ogni tentativo di contatto nella variegata lingua anglo bulgaro parlata dall'autista e il capogruppo non sortiscono alcun effetto.

Nell'incertezza si avviano le consultazioni per un nuovo referendum consuntivo sulla strada da imboccare.
Il risultato regala un apprezzabile 3 voti per proseguire 1 per tornare indietro, la solita "fiorellini " che non ha capito e chiede di votare di nuovo, 1 che denuncia brogli, 2 che invocano una nuova legge elettorale, mentre gli altri 8 che si facevano io i cazzi loro durante la democratica votazione, si lagnati per la decisione.

Mentre nelle retrovie del pullman si esercitava la dialettica trascendentale a fini turistici, il capogruppo dal suo avamposto vedeva un uomo dietro la cancellata e lo molestava con le sue richieste in inglese.

Questi, che pur di toglierselo dai coglioni, lascia la vanga e cerca di capire dove vogliamo andare, poi parte con le spiegazioni, in romeno, mentre 15 facce sono attaccate ai finestrini per indovinare cosa dice l'oracolo di Giurgiu.

Al termine della dettagliata spiegazione, che nessuno ha capito, ci si lancia nell'interpretazione autentica. Chi sostiene che bisogna andare dritto e poi girare a destra dopo un incrocio, chi dopo una ferrovia: "ha detto ferreu" ricordando a tutti che il romeno é lingua neolatina e perciò simile all'italiano, io obietto che gli ho visto incrociare i polsi come i carcerati, ma "voleva dire incrocio". Perciò si segue la strada col fiato sospeso aggrappati a un filo di speranza. Così quando compaiono le torrette di guardia gli astanti si lasciano andare in grida di giubilo e pacche sulle spalle, congratulandosi l'un l'altro per aver compreso la spiegazione.

Risultato due ore e mezzo per 94 chilometri che, tra inversioni e cambi di rotta, prima dell'autostrada per Bucarest, sono diventati 221

giovedì 8 agosto 2013

Se mi freghi non vale

Diciamolo. Non si può mica fregare un italiano. Se non altro per l'atavica consuetudine a fottere il prossimo coltivata con lodevole pervicacia negli anni sessanta quando i turisti calavano a frotte nel bel paese e tornavano a casa i mutande dopo un mese sulla costa romagnola o a Roma. Però contenti per aver comprato il Colosseo.

Perciò doveva aspettarsela una qualche violenta reazione l'omino del cambio con botteghino a Nesēbar, delizioso paese sul mar Nero in Bulgaria, che ha pensato bene di esporre un cartello ingannevole per il cambio di euro in moneta locale, e si è trovato di fronte due bruti poliglotti e multiboxing born in Italy.
Invece lui no. Come se niente fosse ha sfidato la sorte.

E la reazione è arrivata sotto forma di urla, minacce e tirate di bavero se non avesse restituito gli euro che aveva sotto il banco e per il quale voleva una stecca del 2 per cento non dichiarata. In un attimo l'atmosfera si è scaldata, ben di più della calura che avvolgeva la cittadina e il poverino si è trovato a sgambettare a 20 centimetri da terra tenuto da un montagna d'uomo di 123 kg, che di solito è un pezzo di pane, ma quando cercano di fotterlo si arrabbia molto. Io, quando ho visto la mala parata, mi sono ricordata di aver trascorso la mia adolescenza a Mirafiori e mi sono buttata nella mischia, tanto per cissare la marmaglia, mentre il biellese gli sventolava un pugno chiuso sulla faccia e il compagno di Bolzano lo chiamava ladro, che in tedesco suona molto più dispregiativo. O quasi. Fuori gli altri aspettavano e stigmatizzavano l'accaduto, mentre alcuni, come sempre non si sono accorti di nulla. Tra costoro spiccava gonnellino a fiori, che  in stato di totale estraneità, chiedeva a perché fossimo ancora lì.

Adesso volete sapere qual é il cambiavalute incriminato? Quello che si affaccia sulla destra della porta centrale.

Bifidus bulgaricus

Va bene. Nei viaggi la regolarità intestinale é un argomento di conversazione al pari della professione svolta o delle gesta della starlette del momento.

Ora io non so quale alchimia spinge due sconosciuti a pubblicizzare i report delle ritirate, che se si chiamano così vuol dire che il nomenclatore si è fatto parte diligente attribuendo a un'attività riservata un nome di grande rappresentanza, ma tant'è.

Perciò in questa scorribanda nei Balcani, da Sofia a Kornobat, ho dovuto sopportare il coprobollettino quotidiano di almeno 14 dei sedici partecipanti. E, soprattutto,  é proprio necessario l'annuncio ad alta voce dell'avvenuto deposito anche se si è trattata di un'operazione di routine?
Passi che si tengano informati i partecipanti delle anomalie, che so, consistenza, colore, frequenza e,  diciamolo pure, anche l'odore, che nella patologia scatologica, rappresenta un indicatore, per quando soggettivo, estremamente rilevante per l'anamnesi, ma la regolarità è una notizia?

domenica 4 agosto 2013

Aereoporto di Caselle e la domonica a muzzo

Una vera scoperta quella di stamattina  che mi ha messo di nuovo di buon umore nonostante i reiterati contrattempi del primo giorno di vacanze.  All'aeroporto di Torino, raggiunto faticosamente dopo aver agguantato un autobus previsto per per 6,04  e che invece ha raggiunto la mia fermata con un flemmatico quarto d'ora di ritardo, ho sostato a lungo in attesa del mio volo.   
Cosí  ho vissuto una sorprendente illuminazione.  Spinta dal bisogno, dopo ore a girare nell'hub, mi dirigo spedita e sicura nel bagno delle donne.  Posto ultra moderno dove la domotica la fa da padrone: luci che si accendono al tuo passaggio, rubinetti che si azionano solo se metti le mani a due centimetri dall'augello e altre amenità del genere.   

Impegnata nella cultura materiale da ritirata, e la cosa si faceva lunga perché ero arrivata molto presto per il timore di perdere il volo, la luce improvvisamente si è spenta lasciandomi al buio nella cabina straniera e sconosciuta, anche se non mi ha impedito di  proseguire nella lettura dell'ebook, versione tecnologica  della lettura da cesso. 

Ora non é che fossi contenta di essere al buio e di cercare a tentoni il dispenser di carta igienica, ma la situazione aveva un che di bislacco che ha girato il mio umore verso il sorriso. 

Tuttavia una preghiera alla Sagat devo farla: capisco la crisi economica, comprendo anche l'attenzione al risparmio energetico, ma non potete regolare il sensore che gestisce la luce con la presenza di un cristiano?  Non che tutti leggano ore e ore nei bagni dell'aeroporto, ma io sarei più tranquilla per il prossimo viaggio.

lunedì 8 agosto 2011

Mete lontane

A 700 chilometri dall'Italia, sulle montagne della Macedonia, si consumano le mie vacanze. Alternative e  pioneristiche. Su un pullman con sedici persone a bordo battiamo palmo per palmo le vallate a caccia di paesi e villaggi, piccoli, piccolissimi e minuscoli. Meglio se incontamitati e non segnalati sulle cartine geografiche. Tutti a caccia di emozioni  da esibire ad amici e colleghi, magari in formato foto.

Nella presunzione del viaggiatore del terzo millennio vive il desiderio di un incontro autentico e primitivo. Dimentico che prima di noi sono passati i tecnici di Sky per una pacifica colonizzazione  via etere.

venerdì 5 agosto 2011

Il brutto e il buono

L'albergo aveva una stanza su un giardino di limoni, non me lo dimenticherò mai. Berat è fatata. non voglio andarmene. Andiamo a visitare una casa ottomana e dividiamo la visita con i pipistrelli. Ma tutto sembra una favola.

Lasciamo Berat alla volta di Fier per visitare il monastero di Ardenica e il sito archeologico di Apollonia.  Durante il tragitto non posso non fotografare una serie di bunker a forma di fungo fatti costruire dal 1950 dall'ex dittatore Hoxha. Sono bunker monoposto in cemento armato indistruttibili. A tal punto che distruggerli costerebbe così tanto che vengono usati  come rifugio per capre o, peggio ancora latrine.
La storia narra che il progettista abbia provato in proprio il bunker, poi bombardato. Poiché lui era sopravvissuto venne considerato solido.
Il problema è che l'assalto dell'occidente non è mai arrivato.
Un bunker

mercoledì 3 agosto 2011

Io dormo da sola

Parco del Theth
Passi lo scambio tra culture, le  vacanze e le mete non battute, ma devo confessare che la notte nella casa rurale mi ha proprio distrutta.
Mi sono appena lavata e  sogno una doccia fantastica con specchi, creme e passatina di phon. Invece devo sistemare tutto in fretta e furia per il trekking. Certo la vista è uno spettacolo e la passeggiata è davvero. Però.

Nel pomeriggio scendiamo dalle montagne. Altre due ore di terrore puro in discesa. Come sempre turisti olandesi con carico di bimbi e carrello- tenda campeggiano sulle pendici delle montagne. Beati loro.

Io non vedo l'ora di arrivare a Tirana. Prima però un passaggio per Lezhe, con visita al mausoleo di Skanderberg, eroe albanese che ha lottato contro i turchi. Impossibile fare una foto, c'è sempre qualche solertissimo compagno di viaggio davanti al mio obiettivo.
A parte l'architettura celebrativa marmo e colonne, rimango divertita da alcuni maiali che grufolano nel giardino del parco. Paese che vai usanze che trovi.

Kruja,  speculazione edilizia
Durante la strada per arrivare a Tirana, è uno spettacolo Kruja, un paesino medievale  arroccato sul mare curato come una bomboniera nella parte  storica, aggredito dalla speculazione edilizia nella zona nuova.
Quello della speculazione edilizia e il filo rosso che conduce tutto il percorso in Albania. Strutture portanti disseminate per il paese che feriscono il paesaggio.



Ancora un po' di strada in pullman e si apre Tirana la città dai mille colori.
Raggiungiamo un albergo in centro, tre stelle ci dice la guida, ma la struttura è ferma al 1963. Impazzisco per i colori delle pareti, ma i gestori hanno fatto un po' di confusione con le prenotazioni. Non si capisce niente.

Io però sono elettrizzata e per l'arrivo nella capitale e sto a bamblinare (piemontesismo che significa perdere tempo) e gli altri si accaparrano le camere. Anche la mia consueta compagna, lo stambecco dei balcani, mi tradisce e si infila in una camera da tre letti.

Io mantengo il mio consueto atteggiamento zen, d'altronde il pomeriggio prima di partire ero in tribunale con il giudice del lavoro che urlava come un pazzo, figurarsi se mi preoccupo di una stanza. Infatti vengo premiata e mi guadagno una stanza da sola. Bagno e doccia tutti per me. Ancora non ci credo e neanche i miei compagni che con malcelata invidia mi chiedono come abbia fatto. Niente. Ho solo evitato di metterla nella giacca di qualcuno.

martedì 2 agosto 2011

Code e frontiere: benvenuti in Albania

Entusiasmo delle grandi occasioni percorre il gruppo: dormito benissimo, colazione spettacolare e giornata splendida, a parte i soliti 1000 scalini, ma questa volta in discesa, presto saremo in Albania.

Una coda di oltre un'ora ci dà il benevenuto del paese della aquile. Aspettiamo insime a Suv tedeschi, berline italiane e qualche sparuto olandese vero. Si perchè tutte le targhe straniere sono di automobilisti albanesi che tornano a casa per le vacanze.
Noi distrutti dall'attesa fumiamo, mangiamo biscotti e parliamo. Meno male che il nostro autobus è targato Tirana.

Finalmente passiamo il confine, non senza aver aver risposto alle domande del frontaliere tradotte amabilmente dal nostro corrispondente albanese che ci siamo portati a spasso. Meno male.

E il paesaggio cambia immediatamente. Case diroccate, strade dissestate, campi pietrosi. E tuttavia c' è un fascino mi mi strega di fronte a tanta desolazione.

Monte del Mes sul fiume Kir
Arriviamo a Scutari, Shkoder in albanese. Il lago è uno spettacolo, la città risente dell'architettura contaminata,  mentre la fortezza di Rosafa, la principessa che accettò di farsi murare viva, ma solo a metà per poter continuare ad allattare il proprio bambino, è la parte più interessante del giro.

Ma il pezzo forte deve ancora arrivare. Il viaggio verso il parco nazionale del Thet, 3000 metri di altezza e montagne incontaminate.

Ancora una tappa per vedere il ponte di Mes sul fiume Kir, ponte in stile ottomano dove si incontravano per scambi commerciali  e via verso  l'appuntamento con chi ci accompagnerà verse le vette delle montagne albanesi  Due fuoristrada che si arrampicano per sterrati senza protezione. Anche sono abituata alla montagna, la guida brillante dell'autista mi mette un po' di ansia.  Guardo lo strapiombo alla mia destra e le ciabatte dell'autista e mi rallegro per aver firmato l'assicurazione per il rimpatrio della salma.

La cima è straordinaria ed ad accoglierci la  famiglia che ci ospiterà per la notte.
Una donna giovane, che parla inglese molto bene, ci racconta un po' di Albania e organizza tutto. Intorno a noi una miriade di bambini affascinata dai  nostri fuori strada e quattro uomini seduti a fumare.

In questa serata scopriamo la raki, grappa albanese che mi stronca.

lunedì 1 agosto 2011

Tutto il mondo è paese

Rinfracanti da una notte in un albergo civile, siamo pronti per la visita di Cetinje, piccola e deliziosa.  Armati di macchina fotografica abbiamo programmato una visita al monastero e alla cappella reale. E sotto il tiepido sole alle 8 del mattino inauguriamo gli scontri: entrare nel monastero costa e il guardiano non vuol sapere di farci entrare prima dell'orario di apertura, cioè alle 10.

L'alterco, ciascuno nella propria lingua viene liquidato in pochiminuti: no. E così vagoliamo per la città prima di partire verso sud.

Percorriamo la costa adriatica ancora divertiti ed pieni di entusiasmo. Niente frena la nostra voglia di scoperta, poi il Montenegro era pure la patria di una delle nostre regine.
Inanelliamo paesini uno più bello dell'altro e a Petrovac non mi faccio mancare il primo gelato. Non è proprio il gianduja a cui sono abituata, ma è commestibile.
Ancora un monastero, quello di Santo Stefano, poi a Bar, altra meta balneare dei montenegrini.
La nostra meta è Ulcinj, rocca e spiaggia, viste da lontano, sono uno spettacolo.
Ma il miniautobus non si arrampica così in alto, perciò scaricate le valigie nel porto si sale a piedi per una stradina tortuosa e i soliti scalini. Ma arrivati in cima si apre una visuale da incanto e il paesino è curato come una località svizzera.
A riceverci un ragazzo che parla un italiano perfetto: ha studiato marketing a Firenze e, tornato a casa ha rimesso a posto le casette ereditate e ne ha fatto un angolo di paradiso.

Rocca di Ulcinj, Montenegro
Sono piccoli appartamenti di due o tre camere ciascuna con vista sul mare. Il paese è pieno di ragazzi e si prende l'aperitivo sugli scalini.
Il gruppo è elettrizzato da tanta bellezza e vorrebbe fermarsi qui per almeno tre giorni, ma il programma Balcani incombe e ci godiamo la serata.

Ma Ulcinnj, come tutta la zona, è terra di contraddizioni e a fronte di angoli meravigliosi, la spiaggia è così affollata che sembra Rimini ad agosto.
Con sopresa: a sera la spiagga è una distesa di bottiglie di plastica vuote, carta e sacchetti di nylon.

La spazzatura sarà il leitmotiv di tutto viaggio.

domenica 31 luglio 2011

Montenegro mon amour

Dura la vita in ostello, quello della gioventù, arroccato su una scalinata lunghissima, che ci costringe a far saltare zaini per raggiungere il pullman che da Dubrovnik ci porterà a spasso per i Balcani lungo la costa adriatica.
Il gruppo è bello, ancora da rodare, ma divertente con un'età media over 50 e tutti con migliaia di chilometri alle spalle. La notte in camere multiple non ha scalfito il buon umore dei partecipanti. Mi adeguo alla standard e vado avanti.

Attraversiamo il confine a Herceg Novi e siamo in Macedonia.
Infilati uno dietro l'altro paesini gioiello che meriterebbero una visita  più approfondita. Perast, Kotor e Budva dove arriviamo all'ora di pranzo.
Lasciato il capogruppo a fotografare in formato RAW, io e una signora di 70 anni suonati decidiamo di salire i milleduecento scalini che ci porterebbero a una fortezza. Certa di fumarmela in breve tempo, avvezza alle scalate in montagna, non ho fatto i conti con la determinazione dello stabecco dei balcani vestito di fiori e mi faccio lasciare a metà strada.
La odio e, dopo qualche foto, per la disperazione mi strafogo di pizza in una panetteria per turisti.


Budva: la piazza principale

Risaliamo sul minibus e riprendiamo il viaggio. Sono già stremata, ma resisto.

Il persorso panoramico è fantastisco, scatto foto raffica con la macchina prestata da una collega.
Sono felice. 
Tappa successiva: la montagna di Lovcen a visitare il mausoleo di Njegos.
Ancora 461 scalini dopo 20 kilometri di tornanti che hanno messo a dura prova il mio stomaco e la stecca ai guardiaparco per far alzare la sbarra di accesso al parco. Ma lo spettacolo è da non perdere.

E' pomeriggio tardo mentre scendiamo dalla montagna verso Cetinje. Abbiamo prenotato un alberghetto per non dormire sul sedile, ma sebbene l'indirizzo sia esatto, giriano a vuoto. Finchè un ciclista, interpellato dall'autista, di fronte alla Babele, ci fa segno di seguirlo.  Perciò ai 20 all'ora raggiungiamo una struttura in pietra, ma decisamente accogliente.

Finalmente una doccia e un pasto caldo.

Rinfrancata, e finalmente con un vestito da donna, sfumacchio sull'ingresso quando arriva una coppia che mi chiede se parlo inglese. Rispondo in lingua e mi scambiano per l'albergatore. No, signori, non so se c'è una camera libera. Ma la mia non la mollo.

sabato 30 luglio 2011

Dubrovnik: start up di un viaggio ni Balcani

All'aeroporto di Dubrovnik, che gli italiani chiamavano Ragusa, ci arrivo a mezzogiorno dopo uno scalo a Monaco. Devo incontrare qui gli altri compagni di viaggio e mi preparo a due ore d'attesa osservando passeggeri che escono dalle porte scorrevoli.

Mentre sono seduta  a ripassare la lezione mi si avvicina un ragazzo sulla trentina, sorriso aperto e il fisico atletico,  in sintesi: decisamente  bello. Questo viaggio si apre sotto i migliori auspici. Lui è tedesco di Monaco e andrà in barca con amici che arrivano da Vienna. Anche io aspetto gli altri con lo stesso volo e conversiamo del più e del meno.  Tra informazioni sulla moneta locale e itinerari di viaggio, il tempo scorre veloce.  Nonostante malcelati inviti, non ho animo di lasciargli il mio biglietto da visita e impersonare la parte della turista a caccia di avventure. Maledetto pudore.

Nel pomeriggio, a gruppo costituito, passeggiamo per la città vecchia, bella e turistica. Monumenti, chiese e architetture, tutto molto cosmetizzato, ma il caffè è degno di un bar italiano. A parte il costo.

A interrompere il tran tran turistico, con il suonatore di violino accanto alla Fontana di Onofrio e lo struscio di turisti vestiti a festa sulla via Placa Stradun, la via centrale, un matrimonio in puro stile cafonal.


La macchina nera con il candidato alle nozze in piedi entra nella piazza della Loggia, qui l'ingresso accanto alla Torre dell'Orologio.  E tutti giù a fotografare.