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martedì 16 settembre 2014

Scaramucce all'Urp


Se la mamma degli sciocchi è sempre incinta, quella degli stronzi fa parti plurigemellari e omozigoti. 

Perciò al collega che ciclicamente accusa l'Urp di ogni nefandezza commessa dagli utenti,  l'Urp, anziché dilungarsi in una serie di spiegazioni circa le funzioni dell'ufficio relazioni con il pubblico, l'analisi dei rapporti con l'utenza, la valutazione dei servizi offerti dall'ente e altre amenità di questo tipo buone giusto, giusto  per i seminari sulla gestione dei conflitti negli ambienti di lavoro, l'Urp appunto seppellisce il collega astioso con una tonnellata di ironia. 

Non si otterrà comunque niente, ma ci si guadagna in buonumore. E scusate se è poco. 

L'occasione è arrivata oggi, mentre ero impegnata in una delle attività più noiose del mondo: la transumanza delle giustificazioni aziendali sui pascoli degli utenti, attività che richiede una guida  ferrea per evitare la fuga di supercazzole tanto diffuse nel nostro ambiente. 

Il mio computer si illumina per l'arrivo di una e mail dal collaborativo collega che così recita: 


"È già il quarto utente stamattina che, mandato dall’URP, chiede agli sportelli (disturbando l’utenza che stiamo servendo) di fissare appuntamento.
Per cortesia verificare la veridicità di quanto dagli utenti asserito, e se del caso, comunicare di telefonare o prendere la lettera “A” se ancora disponibile" 
Manco un saluto e firma. 

Mi si arricciano i denti per gli anacoluti mentre il corpo freme per il tono supponente e, sebbene desideri riempirgli la bocca di vermi antropofagi, mi attengo all'etichetta e gli rispondo con garbo. 
Ecco il testo. 


È garantito. Nessuno ha mai invitato gli utenti ad andare agli sportelli  per prenotare un appuntamento. All’Urp si spiega la procedura, e cioè che occorre telefonare, poi si forniscono foglietti prestampati con le indicazioni per fissare un  appuntamento -  sugli stessi foglietti sono elencate le pratiche che si possono espletare su appuntamento, infine ribadisce che gli appuntamenti si prendono al telefono.

Ma l’utente medio, ovviamente, ci prova e domanda serafico:

Ma se vado agli sportelli mi dovranno dare un appuntamento, o no?

Allora le colleghe dell’Urp diffidano verbalmente l’utente dal presentarsi nuovamente agli sportelli e ripetono daccapo la procedura in dettaglio declinando la casistica al completo. 

L’utente medio ascolta con attenzione, conferma di aver capito e garantisce che telefonerà, gira le spalle come se tutto fosse chiaro e sulla porta, colto da improvviso raptus viene attirato da un megamagnete, evidentemente posizionato al centro del "salone al pubblico",  che gli procura disorientamento spazio-temporale,  perdita della memoria  e stati di allucinazione cancellando ogni informazione appena ricevuta all’Urp: potere della fisica.


 A quel punto se ne perdono le tracce e soprattutto il potere persuasivo delle urpiste si affievolisce in un amen.  

In sintesi: se gli utenti vengono allo sportello dicendo bugie non possiamo farci niente.
Ma sia chiaro: non è dall’Urp che li si invita ad andare allo sportello per chiedere un appuntamento.
Grazie per aver offerto l’ennesima opportunità per spiegare il difficilissimo lavoro che si svolge all’Urp.
Un caro saluto.
Cassandra Cassandrini

Obiezione del capo che aveva ricevuto per conoscenza l'email 
"Come mai non usate quel foglio che avevo fatto fare apposta per questi casi?"

Allora con santa pazienza riprendo il daccapo e da vera burocrate chioso: 

Nella narrazione del dialogo con l’utente  per errore è stata omessa un’azione eseguita dalle colleghe dell’Urp che riporto immediatamente. Me ne scuso con i destinatari e con i colleghi: 
  
Quindi dopo la riga 4 occorre aggiungere:

In ogni caso, visto che l’utente si è presentato di persona, gli si consegna un modulo prestampato affinchè possa chiedere l’agognato appuntamento, magnificando i vantaggi di un servizio modulato sulle esigenze del pubblico e giurando su parenti stretti che saranno richiamati.
A questo punto l’utente medio prende il modulo e, tranne pochissimi casi di " diligenza civica" che si risolvono con una compilazione manuale e riconsegna della richiesta, in linea di massima ci sputano sopra lasciando un escreato dalle variopinte venature, bestemmiano Dio e i parenti, poi lo appallottolano per aumentarne il peso specifico e la lanciano contro la zelante Urpista che ha proposto  una soluzione così semplice.
I meno temerari lo gettano semplicemente nel cestino.
La narrazione riprende dalla  riga 5
Grazie ancora
Cassandra Cassandrini 

mercoledì 14 maggio 2014

Calze open toe: per non dimenticare

Va be' ci sono ricascata. No, non nella spirale del vizio, che per me è solo la sigaretta, ma nella sfrenata passione per le calze.
Sarà il meteo malandrino o le prove tecniche d'estate, ma i piedi  non ne possono più di calzare anfibi da pompiere. Perciò,  inaugurata ufficialmente la stagione di caccia nei bauli che hanno custodito per il lungo inverno vestiti e accessori da mezza stagione, finalmente mi impossesso nuovamente di sandali e di scarpette leggerissime e taccatissime. Certo l'outlet mi ha fornito un validissimo aiuto con un paio di trampoli open toe della scorsa collezione, ma davvero splendidi.
Peccato che dalle sottane a mezza coscia facciano capolino, come al solito,  gambe bianche come le pale eoliche in montagna, quelle che si vedono a 400 chilometri di distanza e impattano a tal punto  che persino il ministero dell'ambiente sta pensando a riconvertire gli impianti al più tradizionale carbone.

E allora si ritenta: calze open toe, che significa gambe coperte e punta dei piedi liberi. ma questa volta di un'altra marca.E anche più economiche, solo quattro euro e mezzo per guadagnarmi l'effetto "coscia miele" senza sacrificare le décolleté pitonate.

Com'era prevedibile è stato uno strepitoso successo di pubblico e di critica, perciò sicura di me ho percorso chilometri di corridoi del mio ente ancheggiando oziosamente come una pavoncella giuliva, fino a quando l'inesorabile contrappasso non mi ha presentato il conto moralizzatore. Salatissimo.

L'elastichino che si ancorava all'alluce e che rendeva possibile il miracolo della calza, nel giro di poche ore ha interrotto il normale flusso di sangue alle estremità inferiori riducendo il dito alla stregua di un salsicciotto perfetto per una fagiolata, ma certo non propriamente sexy.  In pochi secondi sono passata dallo stato di euforia assoluta alla mestizia più profonda per l'ennesimo tentativo andato a vuoto.

Pur volendo perseverare nell'intento modaiolo  nonostante il molesto dolore, mi sono dovuta ricredere di fronte alla prospettiva,  non certo allettante, dell'amputazione degli arti inferiori causa blocco della circolazione periferica.

Così sono ritornata nel cesso e mi sono strappata le calze da sola. Naturalmente a tutti ho dichiarato che si trattava del piacevole esito di un singolar tenzone con un misterioso ammiratore, ma nel frattempo ho prenotato dieci lettini abbronzanti.