martedì 2 agosto 2011

Code e frontiere: benvenuti in Albania

Entusiasmo delle grandi occasioni percorre il gruppo: dormito benissimo, colazione spettacolare e giornata splendida, a parte i soliti 1000 scalini, ma questa volta in discesa, presto saremo in Albania.

Una coda di oltre un'ora ci dà il benevenuto del paese della aquile. Aspettiamo insime a Suv tedeschi, berline italiane e qualche sparuto olandese vero. Si perchè tutte le targhe straniere sono di automobilisti albanesi che tornano a casa per le vacanze.
Noi distrutti dall'attesa fumiamo, mangiamo biscotti e parliamo. Meno male che il nostro autobus è targato Tirana.

Finalmente passiamo il confine, non senza aver aver risposto alle domande del frontaliere tradotte amabilmente dal nostro corrispondente albanese che ci siamo portati a spasso. Meno male.

E il paesaggio cambia immediatamente. Case diroccate, strade dissestate, campi pietrosi. E tuttavia c' è un fascino mi mi strega di fronte a tanta desolazione.

Monte del Mes sul fiume Kir
Arriviamo a Scutari, Shkoder in albanese. Il lago è uno spettacolo, la città risente dell'architettura contaminata,  mentre la fortezza di Rosafa, la principessa che accettò di farsi murare viva, ma solo a metà per poter continuare ad allattare il proprio bambino, è la parte più interessante del giro.

Ma il pezzo forte deve ancora arrivare. Il viaggio verso il parco nazionale del Thet, 3000 metri di altezza e montagne incontaminate.

Ancora una tappa per vedere il ponte di Mes sul fiume Kir, ponte in stile ottomano dove si incontravano per scambi commerciali  e via verso  l'appuntamento con chi ci accompagnerà verse le vette delle montagne albanesi  Due fuoristrada che si arrampicano per sterrati senza protezione. Anche sono abituata alla montagna, la guida brillante dell'autista mi mette un po' di ansia.  Guardo lo strapiombo alla mia destra e le ciabatte dell'autista e mi rallegro per aver firmato l'assicurazione per il rimpatrio della salma.

La cima è straordinaria ed ad accoglierci la  famiglia che ci ospiterà per la notte.
Una donna giovane, che parla inglese molto bene, ci racconta un po' di Albania e organizza tutto. Intorno a noi una miriade di bambini affascinata dai  nostri fuori strada e quattro uomini seduti a fumare.

In questa serata scopriamo la raki, grappa albanese che mi stronca.

lunedì 1 agosto 2011

Tutto il mondo è paese

Rinfracanti da una notte in un albergo civile, siamo pronti per la visita di Cetinje, piccola e deliziosa.  Armati di macchina fotografica abbiamo programmato una visita al monastero e alla cappella reale. E sotto il tiepido sole alle 8 del mattino inauguriamo gli scontri: entrare nel monastero costa e il guardiano non vuol sapere di farci entrare prima dell'orario di apertura, cioè alle 10.

L'alterco, ciascuno nella propria lingua viene liquidato in pochiminuti: no. E così vagoliamo per la città prima di partire verso sud.

Percorriamo la costa adriatica ancora divertiti ed pieni di entusiasmo. Niente frena la nostra voglia di scoperta, poi il Montenegro era pure la patria di una delle nostre regine.
Inanelliamo paesini uno più bello dell'altro e a Petrovac non mi faccio mancare il primo gelato. Non è proprio il gianduja a cui sono abituata, ma è commestibile.
Ancora un monastero, quello di Santo Stefano, poi a Bar, altra meta balneare dei montenegrini.
La nostra meta è Ulcinj, rocca e spiaggia, viste da lontano, sono uno spettacolo.
Ma il miniautobus non si arrampica così in alto, perciò scaricate le valigie nel porto si sale a piedi per una stradina tortuosa e i soliti scalini. Ma arrivati in cima si apre una visuale da incanto e il paesino è curato come una località svizzera.
A riceverci un ragazzo che parla un italiano perfetto: ha studiato marketing a Firenze e, tornato a casa ha rimesso a posto le casette ereditate e ne ha fatto un angolo di paradiso.

Rocca di Ulcinj, Montenegro
Sono piccoli appartamenti di due o tre camere ciascuna con vista sul mare. Il paese è pieno di ragazzi e si prende l'aperitivo sugli scalini.
Il gruppo è elettrizzato da tanta bellezza e vorrebbe fermarsi qui per almeno tre giorni, ma il programma Balcani incombe e ci godiamo la serata.

Ma Ulcinnj, come tutta la zona, è terra di contraddizioni e a fronte di angoli meravigliosi, la spiaggia è così affollata che sembra Rimini ad agosto.
Con sopresa: a sera la spiagga è una distesa di bottiglie di plastica vuote, carta e sacchetti di nylon.

La spazzatura sarà il leitmotiv di tutto viaggio.

domenica 31 luglio 2011

Montenegro mon amour

Dura la vita in ostello, quello della gioventù, arroccato su una scalinata lunghissima, che ci costringe a far saltare zaini per raggiungere il pullman che da Dubrovnik ci porterà a spasso per i Balcani lungo la costa adriatica.
Il gruppo è bello, ancora da rodare, ma divertente con un'età media over 50 e tutti con migliaia di chilometri alle spalle. La notte in camere multiple non ha scalfito il buon umore dei partecipanti. Mi adeguo alla standard e vado avanti.

Attraversiamo il confine a Herceg Novi e siamo in Macedonia.
Infilati uno dietro l'altro paesini gioiello che meriterebbero una visita  più approfondita. Perast, Kotor e Budva dove arriviamo all'ora di pranzo.
Lasciato il capogruppo a fotografare in formato RAW, io e una signora di 70 anni suonati decidiamo di salire i milleduecento scalini che ci porterebbero a una fortezza. Certa di fumarmela in breve tempo, avvezza alle scalate in montagna, non ho fatto i conti con la determinazione dello stabecco dei balcani vestito di fiori e mi faccio lasciare a metà strada.
La odio e, dopo qualche foto, per la disperazione mi strafogo di pizza in una panetteria per turisti.


Budva: la piazza principale

Risaliamo sul minibus e riprendiamo il viaggio. Sono già stremata, ma resisto.

Il persorso panoramico è fantastisco, scatto foto raffica con la macchina prestata da una collega.
Sono felice. 
Tappa successiva: la montagna di Lovcen a visitare il mausoleo di Njegos.
Ancora 461 scalini dopo 20 kilometri di tornanti che hanno messo a dura prova il mio stomaco e la stecca ai guardiaparco per far alzare la sbarra di accesso al parco. Ma lo spettacolo è da non perdere.

E' pomeriggio tardo mentre scendiamo dalla montagna verso Cetinje. Abbiamo prenotato un alberghetto per non dormire sul sedile, ma sebbene l'indirizzo sia esatto, giriano a vuoto. Finchè un ciclista, interpellato dall'autista, di fronte alla Babele, ci fa segno di seguirlo.  Perciò ai 20 all'ora raggiungiamo una struttura in pietra, ma decisamente accogliente.

Finalmente una doccia e un pasto caldo.

Rinfrancata, e finalmente con un vestito da donna, sfumacchio sull'ingresso quando arriva una coppia che mi chiede se parlo inglese. Rispondo in lingua e mi scambiano per l'albergatore. No, signori, non so se c'è una camera libera. Ma la mia non la mollo.

sabato 30 luglio 2011

Dubrovnik: start up di un viaggio ni Balcani

All'aeroporto di Dubrovnik, che gli italiani chiamavano Ragusa, ci arrivo a mezzogiorno dopo uno scalo a Monaco. Devo incontrare qui gli altri compagni di viaggio e mi preparo a due ore d'attesa osservando passeggeri che escono dalle porte scorrevoli.

Mentre sono seduta  a ripassare la lezione mi si avvicina un ragazzo sulla trentina, sorriso aperto e il fisico atletico,  in sintesi: decisamente  bello. Questo viaggio si apre sotto i migliori auspici. Lui è tedesco di Monaco e andrà in barca con amici che arrivano da Vienna. Anche io aspetto gli altri con lo stesso volo e conversiamo del più e del meno.  Tra informazioni sulla moneta locale e itinerari di viaggio, il tempo scorre veloce.  Nonostante malcelati inviti, non ho animo di lasciargli il mio biglietto da visita e impersonare la parte della turista a caccia di avventure. Maledetto pudore.

Nel pomeriggio, a gruppo costituito, passeggiamo per la città vecchia, bella e turistica. Monumenti, chiese e architetture, tutto molto cosmetizzato, ma il caffè è degno di un bar italiano. A parte il costo.

A interrompere il tran tran turistico, con il suonatore di violino accanto alla Fontana di Onofrio e lo struscio di turisti vestiti a festa sulla via Placa Stradun, la via centrale, un matrimonio in puro stile cafonal.


La macchina nera con il candidato alle nozze in piedi entra nella piazza della Loggia, qui l'ingresso accanto alla Torre dell'Orologio.  E tutti giù a fotografare.

giovedì 28 luglio 2011

E se domani

E se domani il giudice del lavoro sentenziasse che si può? E se l'articolo 52 del decreto legislativo 165 del 2001 mi coprisse di pioggia burocratica? E se l'orientamento politico valesse più di anni di lavoro?  

Allora scriverei sui muri della mia coscienza lo stupore della sconfitta, raccoglierei i limoni del mio terrazzo per rendere meno aspro il sapore della sentenza e mi cucirei un vestito di bestemmie perchè tutti possano indovinare la mia rabbia. Infine prenderei una valigia per metterci dentro le poche idee che ancora mi confortano e me andrei.

A cercare nuovi amori e antiche passioni che rendano tollerabile la diuturna attesa della rivalsa.