giovedì 25 febbraio 2016

La riforma della Pa

Era  da tempo che non indirizzavo la mia attenzione sull’utente, certa che dopo tanti anni all’Urp, l’indifferenza, e una buona dose di cinismo, mi avrebbero donato una straordinaria atarassia di fronte alle vicende umane.
E invece no.
Oggi arriva un simpatico signore di oltre 80 anni, curato, lucido e orientato,  che chiede una copia della bolletta. 
“Sa – mi confessa – non ricordo se l’ho pagata”
Le antenne mi si alzano e inizio le operazioni di verifica:  “Forse è meglio che lei controlli bene, perché se paga due volte sarà  complicato ottenere il rimborso”
Convinta di averlo convinto allungo le gambe e mi rilasso certa di aver compiuto anche oggi la buona azione quotidiana. Ma lui incalza: “Eh no, io voglio la copia della bolletta, mica posso venire qui tutti i giorni – dichiara gagliardo – son da queste parti per una visita in ospedale e ho allungato giro”.
Sinceramente commossa per essere in cima ai suoi pensieri e prima che mi mostri il piede deformato dall'artrite reumatoide - Dio non voglia – balzo sul computer e stampo la bolletta. 
Nel consegnargliela il mio senso civico ha la meglio e gli spiego che deve pagare in banca.
“No  - risponde secco – in banca no. Voglio andare in Posta”
“È  gratuito” mi difendo
“Non so dov’è la banca – protesta  - e poi ho il conto corrente postale voglio il bollettino”.
“Deve pagare in banca” insito
Ma lui, lapidario: “Ho detto in Posta,  mi dia il bollettino”
Rewindo la scena e parto daccapo con la spiegazione: con tono fermo e suadente gli spiego che in Posta non si può pagare trattandosi di un duplicato. Aggiungo due dita di pazienza e chiudo la consulenza.
“Va be’ – mi dice sorridendo – mi dia il bollettino postale che voglio pagare”


Perciò caro capo vieni a stare 20 minuti all’Urp  e chiedi a Damiano di approvare il disegno di legge sulla Opzione Y. Ti sarò grata saecula saeculorum. 

domenica 21 febbraio 2016

Lettera ad una professoressa del Canavese

Gentilissima Collega,
non ci siamo mai incontrate e io non insegno più da moltissimi anni, ma la noia della scuola e del lavoro la conosco bene e la vivo quotidianamente oggi più di ieri. E come te ho sognato un'altra vita, piena i passione e di novità, che persino un mocciosetto vanesio come Gabriele poteva offrire. Non ti condanno certo per questo.
D'altronde il mondo è pieno di uomini che si lasciano abbindolare da giovanissime fanciulle che si attaccano al loro portafoglio e li dissanguano in cambio di un bacio rubato e di una promessa mai mantenuta. Ma forse gli uomini hanno dalla loro parte millenni di sfruttamento e storicamente sono più preparati al mercimonio. La consapevolezza conferisce loro una patina di cinismo che li fa godere già solo per questo.

Noi donne, no. Salvo qualche rara mantide, capace spingere un uomo all'omicidio, per le donne è maledettamente diverso. Antropologicamente avvezze alla sottomissione, quando ci comportiamo come un uomo ci vergogniamo.
Ecco, deve essere successo qualcosa del genere a te, hai consegnato i tuoi risparmi a un ambiguo Narciso e quello ti ha fregato. E la vergogna deve averti sopraffatta.  Ma non hai mollato. Forte della tua forza, lo hai denunciato.

Quello che non potevi immaginare è che quest'efebico ragazzotto potesse arrivare ad uccidere. E senza neanche un'ombra di pentimento.

Ecco, cara Collega,  adesso che sei libera dai quotidiani affanni, spero che il tuo assassino venga dimenticato al più presto e non diventi l'idolo catodico di fragili adolescenti pronti a tutto per 15 minuti di notorietà.

Il tuo assassino merita la peggiore delle pene: un premeditato oblio, una vita banale e una morte insolente.


martedì 15 dicembre 2015

Natale 2015: regali a meno di un euro

Vabbè mi costituisco: quest'anno son stata latitante e non ho vergato le pagine di questo blog impegnata com'ero su altri fronti. Così vi risparmierò la consueta filippica contro il consumismo del Natale.

E visto che è di moda riciclare io riciclo il post dello scorso anno, tanto la crisi economica permane e non si vede segno di miglioramento all'orizzonte.  Quindi anziché tuonare contro l'accidiosa processione verso i negozi del centro, indirizzerò  la compulsione all'acquisto verso regali utili, utilissimi e supereconomici doni. Rigorosamente sotto i dieci euro,  o quasi.

Tanto la delusione è comunque garantita, quindi meglio salvare il portafoglio e far passare le feste.

Ecco le regole d'oro per gli acquirenti funamboli dell'ultima ora: 

1) si gioca d'anticipo, anche il 24 dicembre, e si annuncia urbi et orbi che bisogna fare esclusivamente regali etici: i vostri amici intellettuali capiranno subito che tirate a risparmiare e ne saranno contenti perché sono nella vostra stessa situazione, invece con i parenti bisogna essere più didascalici, ma con classe. La formula più appropriata è "Quel conta è il pensiero" oppure "Bisogna pensare  a chi non ha niente e non sprecare". Se citate anche il Papa, che pure qualche dichiarazione in merito se l'è lasciata scappare, il gioco è fatto.  Attenzione a non esagerare, soprattutto se siete dei mangiapreti: una segnalazione ai servizi psichiatrici non ve la toglie nessuno e voi correte il serio rischio di trascorrere il Natale nel repartino psichiatrico 

2) fissate un budget, non più di 100 euro per tutto il parentame. Vi sembrano pochi? Mal fidati! Continuate a leggere.

3) munitevi di banconote di piccolo taglio, 10 euro al massimo, e monete da uno, due euro, non disdegnando quelle da 50 e 10 centesimi. Non potete immaginare di quali sconti è capace un bottegaio pur di fare cassa. Voi certo dovete usare la vostra faccia da c..., quella delle grandi occasioni, e tirare al ribasso.

4) munitevi di una lista di tutti quelli a cui dovete fare per forza un regalo. Ora scegliete tre persone per le quali basterà una telefonata, rammaricandosi per l'impossibilità di incontrarle. Se si trasformano in stalker, resistete fino al nuovo anno e sfruttate i saldi: salverete faccia e portafoglio. 

5) saccheggiate la buca delle lettere del vicino a caccia di volantini del supermercato, quegli stessi che voi avete sdegnosamente gettato nel cassonetto della carta e che ora vi tornerebbero molto utili. La protervia non sempre paga. Cerchiate tutte le offerte speciali sotto i 15 euro, anche quei prodotti di cui non conoscevate l'esistenza, a qualcuno piaceranno ed è arrivato il momento di smascherare i vostri amici. Segnate in rosso i tre per due.

6) comprate senza vergogna, zucchero, biscotti, detersivo liquido in flaconi da cinque litri, lisciva in sacchi, legumi di ogni tipo in confezione famiglia. Ecco a cosa vi servivano i volantini del supermercato vicino casa.  Esagerate. Poi distribuite tutto in sacchetti di carta marrone, quelli del verduriere sono perfetti e lo stropicciato che fa tanto ecologico, e infiocchettate con  fettuccia e passamaneria scucite dalla giacca finto tirolese anni '80 quella che non avete avuto il coraggio di buttare, prevedendo che un giorno vi sarebbe servita. Ecco, oggi vi serve.

7) naturalmente se vi avanza qualcosa di non deperibile potete consumarlo durante l'anno o riciclarlo per il prossimo Natale, tanto la crisi continua di sicuro, al contrario di quel che dice Renzi. Mi raccomando: questo genere di dono va illustrato con una tiritera sull'ecosostenibilità e sul recupero delle italiche tradizioni che persino la nonna che ha fatto la guerra rimarrà folgorata da tanta parsimonia, per non parlare dell'amica ricca che si gongolerà al pensiero di aver speso meno di voi. Si sa, i rapporti umani sono segnati da una sana competizione.

8) procuratevi la mappa dei negozi cinesi vicino casa, non avete idea di quanti esercizi commerciali con gli occhi a mandorla ci sono in Italia. E se ne aprono sempre di nuovi, un motivo ci sarà.  Non fate i difficili. I negozi cinesi sono come le prostitute, nessuno ci va, ma loro guadagnano un sacco di soldi. Scoprirete nuove forme di acquisto compulsivo. Lasciatevi orientare nella scelta dagli oggetti a meno di un euro, uscirete con la borsa piena di cose inutili. Tranquillizzatevi, ne riceverete più del doppio.

9) Se tutto questo non vi basta, cercate in casa, ci sarà di certo qualcosa di cui volete liberarvi e che qualcuno potrebbe apprezzare: che so, le candele profumate che non avete mai avuto il coraggio di accendere, la scatola di latta dei biscotti al burro da riempire di potpurri. Aguzzate l'ingegno e la fantasia. Potete eliminare dalla lista la zia e forse anche la collega di lavoro.

10) infine non cedete alle blandizie delle feste e mantenete i propositi e buon Natale!

giovedì 15 gennaio 2015

Presidente della Repubblica: qualche nome fuori dal coro

Corazzieri (foto rubata a Dagospia e ritocata) 
Non è che voglia promuovere la mia candidatura al Colle, sebbene ne abbia i requisiti anagrafici, ma qualche suggerimento ai mille cristiani che dal 29 gennaio affronteranno la maratona politica per eleggere il presidente della Repubblica mi sento in dovere di darglielo.


Perciò se deve essere un nome fuori dal coro, non avrei esitazioni: voglio Raffaella Carrà. Non le manca niente a quel diavolo di donna! Sa cantare, ma soprattutto sa ballare, qualità da non sottovalutare in posti come come quello. Magari non conosce la Costituzione come Zagrebelsky, quindi rappresenta a pennello gli italiani, senza contare che può sempre impararla, con lo stuolo di assistenti non commetterà più errori di altri che l'hanno preceduta. Un plus? Ha lavorato per la Rai e Mediaset, così Berlusconi non si sente emarginato. Sì, direi che è la candidata su cui puntare senza se e senza ma.

Certo se non si riuscisse a mettere d'accordo i due terzi dei grandi elettori alla prima seduta sull'autorevole soubrette, faccio il nome di Cécile Kyenge, ex ministro  dell'integrazione sotto il il governo Letta, sulla cui statura politica, nessuno oserebbe obiettare. D'altronde lo ha dichiarato anche lei che vorrebbe un presidente nero, solo che in questo paese mancano i candidati. Alla fine non ci resta che lei. Donna e nera. Ai leghisti verrebbe un colpo e per l'Italia, al contrario, sarebbe un colpo da maestro che le farebbe superare in democrazia persino gli Stati Uniti: quel paese che ha ignorato la Clinton, preferendo un nero a una donna. Per tacere dell'Europa, che ci tratta sempre con sufficienza. E poi diciamolo: da quando Mario Draghi ha declinato garbatamente l'invito, siamo rimasti con il cerino in mano. In più la Kyenge è un medico e risparmieremmo anche sulle spese sanitarie del Quirinale, che in tempi di spending review non guasta. Se la cosa va in porto, voglio almeno un posto da dirigente al ministero della Salute.

E se anche il suo nome venisse bruciato? Proporrei Giovanna Chirri, giornalista dell'Ansa, che ha tradotto in simultanea le dimissioni di Benedetto XVI e dopo questo scoop non si sa più niente di lei. Per questo ingiusto oblio, un posto di rilievo se lo merita pure, o no? Migliorerebbe i rapporti con la Santa Sede, non che siano tesi, per carità, ma su temi come lavoro e povertà, tanto cari a papa Francesco, mi sembra che l'esecutivo faccia orecchio da mercante e il Santo Padre, un giorno o l'altro potrebbe tirarcelo questo orecchio, meglio mettersi al riparo con buone relazioni.

In più sa il latino, perciò può capire la lingua astrusa del burocratese, così quando vede come sono scritte le nostre leggi, prima di promulgarle corregge la consecutio temporum e finalmente anche  i comuni mortali potranno rispettarle. Se non è un nome di garanzia questo. 

domenica 21 dicembre 2014

Natale 2014: regali a meno di un euro.

Quest'anno vi risparmierò la consueta filippica contro il consumismo del Natale. Il 2014 è stato duro per tutti e neanche la riapertura dell'ambasciata  americana a Cuba, che pure sognavamo da oltre 50 anni, ci ha regalato un po' di gioia.

Perciò cambio registro. E visto che la crisi economica, che perdura da oltre cinque anni,  ha eroso ulteriormente il  nostro potere d'acquisto, anziché tuonare contro l'accidiosa processione verso i negozi del centro, indirizzerò  la compulsione all'acquisto verso regali utili, utilissimi e supereconomici doni. Rigorosamente sotto i dieci euro,  o quasi.

Tanto la delusione è comunque garantita, quindi meglio salvare il portafoglio e far passare le feste.

Ecco le regole d'oro per gli acquirenti funamboli dell'ultima ora: 

1) si gioca d'anticipo, anche il 24 dicembre, e si annuncia urbi et orbi che bisogna fare esclusivamente regali etici: i vostri amici intellettuali capiranno subito che tirate a risparmiare e ne saranno contenti perché sono nella vostra stessa situazione, invece con i parenti bisogna essere più didascalici, ma con classe. La formula più appropriata è "Quel conta è il pensiero" oppure "Bisogna pensare  a chi non ha niente e non sprecare". Se citate anche il Papa, che pure qualche dichiarazione in merito se l'è lasciata scappare, il gioco è fatto.  Attenzione a non esagerare, soprattutto se siete dei mangiapreti: una segnalazione ai servizi psichiatrici non ve la toglie nessuno e voi correte il serio rischio di trascorrere il Natale nel repartino psichiatrico 

2) fissate un budget, non più di 100 euro per tutto il parentame. Vi sembrano pochi? Mal fidati! Continuate a leggere.

3) munitevi di banconote di piccolo taglio, 10 euro al massimo, e monete da uno, due euro, non disdegnando quelle da 50 e 10 centesimi. Non potete immaginare di quali sconti è capace un bottegaio pur di fare cassa. Voi certo dovete usare la vostra faccia da c..., quella delle grandi occasioni, e tirare al ribasso.

4) munitevi di una lista di tutti quelli a cui dovete fare per forza un regalo. Ora scegliete tre persone per le quali basterà una telefonata, rammaricandosi per l'impossibilità di incontrarle. Se si trasformano in stalker, resistete fino al nuovo anno e sfruttate i saldi: salverete faccia e portafoglio. 

5) saccheggiate la buca delle lettere del vicino a caccia di volantini del supermercato, quegli stessi che voi avete sdegnosamente gettato nel cassonetto della carta e che ora vi tornerebbero molto utili. La protervia non sempre paga. Cerchiate tutte le offerte speciali sotto i 15 euro, anche quei prodotti di cui non conoscevate l'esistenza, a qualcuno piaceranno ed è arrivato il momento di smascherare i vostri amici. Segnate in rosso i tre per due.

6) comprate senza vergogna, zucchero, biscotti, detersivo liquido in flaconi da cinque litri, lisciva in sacchi, legumi di ogni tipo in confezione famiglia. Ecco a cosa vi servivano i volantini del supermercato vicino casa.  Esagerate. Poi distribuite tutto in sacchetti di carta marrone, quelli del verduriere sono perfetti e lo stropicciato che fa tanto ecologico, e infiocchettate con  fettuccia e passamaneria scucite dalla giacca finto tirolese anni '80 quella che non avete avuto il coraggio di buttare, prevedendo che un giorno vi sarebbe servita. Ecco, oggi vi serve.

7) naturalmente se vi avanza qualcosa di non deperibile potete consumarlo durante l'anno o riciclarlo per il prossimo Natale, tanto la crisi continua di sicuro, al contrario di quel che dice Renzi. Mi raccomando: questo genere di dono va illustrato con una tiritera sull'ecosostenibilità e sul recupero delle italiche tradizioni che persino la nonna che ha fatto la guerra rimarrà folgorata da tanta parsimonia, per non parlare dell'amica ricca che si gongolerà al pensiero di aver speso meno di voi. Si sa, i rapporti umani sono segnati da una sana competizione.

8) procuratevi la mappa dei negozi cinesi vicino casa, non avete idea di quanti esercizi commerciali con gli occhi a mandorla ci sono in Italia. E se ne aprono sempre di nuovi, un motivo ci sarà.  Non fate i difficili. I negozi cinesi sono come le prostitute, nessuno ci va, ma loro guadagnano un sacco di soldi. Scoprirete nuove forme di acquisto compulsivo. Lasciatevi orientare nella scelta dagli oggetti a meno di un euro, uscirete con la borsa piena di cose inutili. Tranquillizzatevi, ne riceverete più del doppio.

9) Se tutto questo non vi basta, cercate in casa, ci sarà di certo qualcosa di cui volete liberarvi e che qualcuno potrebbe apprezzare: che so, le candele profumate che non avete mai avuto il coraggio di accendere, la scatola di latta dei biscotti al burro da riempire di potpurri. Aguzzate l'ingegno e la fantasia. Potete eliminare dalla lista la zia e forse anche la collega di lavoro.

10) infine non cedete alle blandizie delle feste e mantenete i propositi e buon Natale!

martedì 16 dicembre 2014

Imu on line: voglio un impiegato di banca

I diciottomilacentosessantanove cittadini di Tradate in provincia di Varese possono dormire sonni tranquilli. Quest'anno mangeranno una fettina di prosciutto gratis alla mensa comunale grazie alla mia distrazione rinforzata dalla tronfia sicumera che solo l'appartenere al pubblico impiego può conferirmi.

Proprio questa sera trova nella cassetta postale una garbata missiva siglata dal  direttore del servizio tasse del Comune di Torino che mi informa del mancato pagamento dell'Imu 2014.

Sebbene  piccata per l'incauto accertamento promosso a una cittadina modello della mia statura, dedico quei sette minuti alla ricerca del maledettissimo F24 da mandare via posta elettronica per sbugiardare lo zelante funzionario e magari canzonarlo un pochino per togliermi l'ennesimo sassolino dalle scarpa.

Ad un primo controllo tutto sembra darmi ragione: la cifra è corretta, i termini rispettati e il pagamento andato a buon fine.

Quale dubbio mi abbia assalito nella certosina ricognizione del foglio azzurro, non saprei spiegare, ma qualcosa si inceppato nella veloce, ma accurata lettura delle caselle nere: un codice stonato nella sequenza alfanumerica ha monopolizzato la mia attenzione: codice comune L319.

Qualcosa non quadra.  Ho ripercorso mentalmente il mio codice fiscale, e dopo aver declinato le consonanti del cognome e quelle del nome, le cifre della mia data di nascita che contengono anche il genere, esclusa l'ultima lettera messa a muzzo dal ministero delle finanze, mi sono soffermata sul comune di nascita: TORINO, cioè L219.

La difformità si manifesta in tutta la sua valenza e successivamente in euro.  Tanti. Per tacere dello scorno. Piego il dimesso capo e agguanto il posacenere per cospargermi il capo con i residui combusti di tre giorni si sigarette.  E già che ci sono me ne accendo un'altra.

Poi controllo se ho commesso lo stesso errore anche nel pagare il saldo Imu e  mi compiaccio per la funzione "ripeti",  perfetta per replicare errori, e maledico la fretta.
Grrrrrrrrr!

Domani mi costituirò al call center del Comune di Torino. Vi aggiornerò sulla pena.

mercoledì 10 dicembre 2014

Cambio lavoro, la riscossa delle donne curvy

Candice Huffine

Avrei preferito un po' di riservatezza, ma prima che lo scopriate da soli, ve lo anticipo: cambio lavoro e anche molto presto.

Calvin Klein, il noto stilista americano, mi ha selezionato per per la  campagna fall- winter 2016, ma già a primavera sarò sul set fotografico perché la moda ha tempi che il tempo non conosce,  così l'obiettivo della Canon  immortalerà i pannicoli adiposi georeferenziati sul mio fondoschiena molto presto.

Stupiti? E perché mai. Se Myla Dalbesio, una modella plus size che indossa la 44. è stata scelta dall'ufficio marketing della maison americana per questa stagione, dopo anni di dominio di quella smorfiosetta tutta pelle e ossa di Kate Moss, vuol  dire che hanno trovato la vena aurifera per conquistare nuovi segmenti di mercato.

Insomma hanno capito che una cicciona sorridente fa vendere di più che una silfide imbronciata. Certo dire che la 44 sia curvy ci vuole la faccia come il culo di un cercopiteco. Ma tant'è. Così mi sono detta: "Se oltre al fondoschiena debordante, apprezzano anche qualche ruga, il gioco è fatto!" sceglieranno che vesto un'adorabile 46 anche senza le trendissime Spanx, l'intimo d'ordinanza dopo le abbuffate con gli amici che ho pure superato i 50

D'altronde l'esperienza da modella ce l'ho già. Tanto per chiarire quando ero una ventenne procace, i pittori della città mi chiamavano per fare la modella. Una rottura di scatole stratosferica stare immobile su una sedia  per tre quarti d'ora, tanto dura una posa nello studio di un artista, ma mi pagavano più che le ripetizioni di latino. E io mi sentivo la Kiki de Montparnasse in salsa piemontese. Che soddisfazione.

E a conferma che il vento gira dalla parte della chiattone ci si è messo anche il calendario Pirelli, la bibbia dei camionisti a nove zeri, che tra soldatesse in reggicalze, comodissime per lo sbarco in Normandia, e cicliste in tanga di latex rosso con  candidosi assicurata, ci ha infilato Candice Huffine, dominatrice di nero svestita che con i suoi 90 chili per un metro e 90,  frusta alla mano, punirà gli aspiranti slave con scudisciate da addestratore di elefanti. Ma solo ad aprile.
Sarà un caso che è il mese in cui sono nata io?

giovedì 6 novembre 2014

Madia: perché deve ringraziare Alfonso Signorini

Non sarà stata certo una prova di alto giornalismo, lo devo riconoscere, ma tu, cara  ministra Madia, Alfonso Signorini lo devi proprio ringraziare! Sì, sì. Gli devi dire un grazie grande quanto una nave da crociera della Costa e anche di più.

Con quattro foto su "Chi", settimanale più letto di "Cinquanta sfumature di grigio" e della Settimana enigmistica messe insieme, e due euro di gelato ti è stata regalata una notorietà che a palazzo Vidoni ti sognavi.  Lì, al massimo ti beccavi le maledizioni dei dipendenti pubblici, che in Italia, nonostante il blocco del turn over, sono ancora tanti. Ma vuoi mettere la popolarità che ti sei guadagnata tra il popolo delle sciampiste  e le loro clienti? Sei diventata un mito. E che dire dei rimandi sul web? Insomma, sono bastati  uno spaccatello di vita familiare, un cono gelato gustato in pompa magna, il teleobiettivo del fratello piccolo di Corona e sei diventata la regina dei rotocalchi. Che colpo, signor ministro, e che riscossa.

Adesso nessuno potrà più guardarti con sufficienza per quella tua aria da madonnina preraffaelita e il tuo incedere etereo che facevano dire a tutto il parlamento: "Ma quanto è carina questa signora!" mentre sbirciavano il lato B della Boschi, la quale starà schiattando d'invidia per aver perso la ribalta per un giorno.

Perché tu, cara Madia, sei l'incarnazione di tutte le preppy girls:  ballerine di camoscio, tailleur bleu d'ordinanza e volontà d'acciaio. E  chi non ce l'avuta per amica!  Tutte acqua e sapone, libro sotto braccio, alle feste stavano in un angolo e abbassavano i verecondiosi occhi di fronte allo sguardo maschile, ma si fidanzavano con il bello del liceo e lo portavano all'altare senza che lui si opponesse alcuna resistenza, mentre le altre rimanevano con un palmo di naso, perché, nella migliore delle ipotesi, si erano fatte mettere incinta dall'addetto alla vigilanza mentre erano in stato di ebbrezza.  Sei la Charlotte di "Sex and the city" del governo italiano, mentre la Boschi, con tutte le sue mise, è  Samantha, sempre golosa.

Sei una donna vera, trasgressiva più della Pascale, che per una pagina su Gente deve sguinzagliare una squadra di addetti stampa e sopportare tutti i giorni un vecchio incartapecorito con i capelli tinti di nero.

E che dire della tua linea? Anche su questo ci hai dato uno schiaffo. Con "Chi" ci hai dimostrato che possiedi il metabolismo di una ipertiroidea e anche se vai giù di fior di latte e mascarpone  rimani una  libellula alla faccia della Boschi che appena assaggia una caramella alla menta inchiattisce  di quattro chili sul punto vita costringendola a indossare quelle orrende bluse a campana che fanno sembrare la mamma dei Gracchi.

Perciò cara Madia, indignati pure per l'articolo sessista, invoca un giornalismo corretto, ringrazia sui social tutti quelli che ti hanno mostrato solidarietà, ma da vera signora ignora pubblicamente il direttore di Chi e in cuor tuo ringrazialo alla grande.

P.S. Ma tuo marito mentre mangiavi il gelato ha fatto un po' lo sporcaccione?

venerdì 31 ottobre 2014

Gtt: libertà di parola

Parlerò a ruota libera: a casa, in strada e soprattutto sull'autobus. Dalla prossima settimana cade l'ultimo dei  tabù del trasporto pubblico: "Non parlare al conducente" . Lo dice il nuovo regolamento della Gtt, il Gruppo trasporti torinesi che gestisce un discreto numero di autobus e tram in città e anche la metropolitana. Ora se si esclude la tube sabauda, unica in Italia scorrazzare senza alcun manovratore dalle fattezze umane - essa, come è noto, viene trainata grazie un sensore molto, molto, sensibile - ecco, a parte la metro, il trasporto in superficie non avrà più pace.

Importunerò con la mia operazione alla cistifellea gli autisti di autobus nell'ora di punta, molesterò  i manovratori di tram con mille pretesti, diventerò l'incubo del cambio turno e non risparmierò neanche un capolinea, ma scaricherò senza limitazione alcuna una sventagliata di parole alla volta su autisti inermi che incontrerò sul mio percorso.
Finalmente posso parlare al conducente senza che il mio altissimo senso civico debba subire un'immediata retrocessione a cittadino maleducato. Questa volta ho la norma dalla mia parte, anzi, il nuovo regolamento mi esorta addirittura a rivolgermi con fiducia al conducente per chiedere informazioni di ogni tipo ma anche se vedo qualche passeggero contorcersi come un verme in preda agli spasmi (malore) oppure intravedo la mano lesta di un borseggiatore che fruga nella borsa della pensionata il primo del mese (borseggio). Nulla ci dicono in caso di mano morta, attività molto praticata sui mezzi pubblici nell'ora di punta, ma credo che sia una fattispecie assimilabile alle altre.

E arrivato il momento della riscossa. Basta con cartelli intimidatori del tipo "Vietato parlare al conducente", non so se siano rimasti gli altri tipo "Si ricorda che la bestemmia è reato" oppure "Vietato sputare" pratica evidentemente diffusa. Oggi con il conducente si può parlare. Eccome. e Gtt celebra l'articolo 21 della Costituzione.
Almeno qualcuno se la ricorda. 

domenica 5 ottobre 2014

Badante per un giorno.














Il mio uomo, anche se in stato confusionale al pronto soccorso, ha lanciato un solo appello: "Ti prego, non voglio un uomo!" 


Allora io, anziché finirlo con una pistola come avrebbe meritato per l'ennesima emergenza in cui mi aveva cacciato, mi sono rallegrata per il virile pensiero sussurrato con una tale discrezione che non potevo non accontentarlo, così con amorevole condiscendenza l'ho rassicurato: "Tranquillo amore, ti trovo una russa giovane ed eterea che non avrai più voglia di alzarti dal letto". E mi sono messa alla ricerca.

Certo lui sognava una escort da mille euro a notte, ma ,con il  budget a disposizione, la bionda Irina non mi mandava manco un promo sul telefonino; potevo giusto giusto  ripiegare su una mignottona da tangenziale, ma temevo che i costi di trasferta superassero di gran lunga quelli della prestazione, per altro di pochi minuti e con risultati incerti data la situazione sanitaria del paziente. 

Perciò ragionevolmente mi sono orientata verso una cooperativa sociale che mi sembrava più accreditata nella selezione del personale. Sempre di extracomunitarie si tratta. O no?  Sì. 

"Bene, signora, bene. Io trovare badante per notte, signora, molto brava donna per marito, signora, non preoccupare, signora. Stasera alle nove, donna lei chiama cinque minuti prima di entrare". E signora un po' meno preoccupata. 

Alle 20.55, stremata da una giornata in pronto all'insegna del circo barnum, con il mio uomo ancora in stato confusionale, io in carenza di cibo, sigarette e doccia, e meno male che sono astemia, friggo come una sarda in pastella in attesa della badante.  Improvvisamente mi scopro renziana e maledico l'articolo 18, che non c'entra niente, ma con qualcuno dovrò pur prendermela, e firmo on line una proposta per l'abolizione del reato di "riduzione in schiavitù". 

Alle 21.00 ho gli stessi pensieri foschi di cinque minuti prima  con l'aggiunta delle lesioni personali e della denuncia al datore di lavoro, ma la mia anima comunista fa capolino ricordandomi i tempi di "Potere operaio". Abbasso la testa mortificata per i brutti pensieri. Intanto si aggiunge il bisogno fisiologico. 

Alle 21.05 sono nella stessa situazione del paragrafo precedente, bisogno fisiologico insoddisfatto incluso, e mi traballano le tegoline a ritmo di heavy metal mentre vaticino gli ultimi giorni dell'umanità, quando finalmente arriva la telefonata di Diana - mai genitori sbagliarono così tanto nell'assegnare un nome a una creatura -  che trilla "Signora, io in pronto soccorso qui dove tu sei".

Depongo le armi e assegno le coordinate vocali della nostra barella in pronto "dietro la porta a vetri - aggiungo - la vedeeeee?" 

"Si, io vede signora, arrivo"

Alle 21.20 non mi spiego il vanishing  della badante.

Alle 21.25 permangono le precedenti condizioni, ma sono molto, molto più incazzata e la chiamo al telefono. 

"Scusa, signora, io capito ospedale Mauriziano, ma andata a Molinette e cercato lei signora, ma non trovata. Io adesso vengo a Mauriziano".

"?!!!!!

Alle 21.30 mi sono consustanziata in una sacerdotessa zen. Il mio corpo trasfigurato emana luce alla minuscola platea della "Medicina 1": i pazienti guariscono in massa, i parenti mi si inginocchiano davanti riconoscenti, tutti gridano al miracolo, solo il mio uomo, ancora in stato confusionale continua a chiedere quando arriva la bionda Irina -  non ho avuto cuore di confessargli la verità - che mi si para davanti una donnetta piccola e tarchiatella che in confronto io sembro Carla Bruni.

Così mi strappo gli abiti zen, mi rimetto quelli della strega e impartisco gli ordini, ma prima rivolgo un'occhiata maligna e soddisfatta al mio uomo piegato dalla delusione, e parto con la reprimenda sul ritardo e successive raccomandazioni:  "Non lo perda di vista neanche un secondo" intimo autorevole. 

Lascio entrambi al pronto soccorso e vado a casa a prendere quattro stracci e il nécessaire per il ricovero. 

Al mio ritorno in pronto soccorso, e sono già le passate le 11, trovo il mio uomo in piedi che vagola con andatura barcollante intorno alla barella con la flebo in una mano e la sigaretta spenta nell'altra, la seggiola della badante vuota e un vociare convulso del personale paramedico che si sbatte lungo il corridoio. 

Saetto fuoco e fiamme da sciogliere entrambi i poli  per ben cinque minuti e cerco la badante che si presenta tranquilla al mio cospetto "signora io qui, no andata via".

"Scusi, le avevo detto di non perderlo di vista, perché lo ha lasciato solo?" chiedo inquisitoria.

"Signora, marito non dorme, lui vuole fumare e non so che fare!" mi risponde serafica. 

Mi sovviene che il "reato di lesioni personali" è punibile con la reclusione fino a due anni e  mi trattengo, somministro invece a un ammonimento secco alla badante e me ne torno a casa. 

Questa mattina al mio ritorno alle 7.30 non senza averle fatto recuperare il ritardo, le pago la cifra concordata. 

Lei guarda gli 80 euro schifata poi alza verso di me con aria interrogativa. Forse la signora dopo quest'impeccabile servizio si aspettava una mancia, oltre la cifra pattuita con l'agenzia. Qualcuno le ricordi  che ha già portato a casa la pelle: e questa è una vittoria dopo la nottata di emme che mi ha fatto passare. 

Mentre lui sembra decisamente migliorato e chiede con insistenza quando può tornare a casa. 
Non è che forse meritava una mancia?

martedì 23 settembre 2014

Equinozio d'autunno: meno male che me lo avete ricordato


colori autunnali in un bosco

Era rimasta sepolta nella mia mente, dove autorevoli studiosi giurano "nulla si perde", anche se non sarei in grado più in grado di illustrarne in dettaglio i fondamenti. Già, perché la spiegazione scientifica dell'equinozio d'autunno  me la ricordo dai tempi del liceo, quando l'ho studiata in una materia denominata genericamente "geografia astronomica", disciplina che spaziava dai moti tellurici fino allo studio della volta terrestre e dei moti di rivoluzione e rotazione della Terra con calcoli sessagesimali che non saprei più ripetere, ammesso che ne sia mai stata capace.

Alle menti più distratte oggi basta un doodle di Google per inaugurare ufficialmente l'autunno mentre gli esserini più curiosi di un bradipo potranno approfondire l'argomento semplicemente cliccandoci sopra o andando a zonzo per il web.
Facile, veloce ed effimero. Infatti della approfondita spiegazione del fenomeno non rimarrà persistenza alcuna fino al prossimo equinozio, quello di primavera, dove si ritornerà  a parlare di moto di rivoluzione che niente ha a che vedere con l'insurrezione delle masse, quanto un simpatico giretto ellittico del nostro pianeta intorno al Sole.

Così con le nuove tecnologie io mi perdo quell'aria da saputa, e anche un po' antipatica, che ha sempre accompagnato l'esposizione orale del mio sapere enciclopedico, atteggiamento che riconosco in questo post.
Grazie per avermi letto.

giovedì 18 settembre 2014

Ciao magre: a 50 anni si ingrassa di meno



Sarò magra.

O meglio: non ingrasserò più con pervicace costanza come in passato. Me lo annunciano in pompa magna i ricercatori  svedesi, i quali, dopo anni di studio e indagini su oltre 21mila cristiani, sono arrivati alla conclusione che ogni donna aspetta per una vita: dopo i 50 anni si ingrassa di meno.

La notizia arriva  dall'autorevolissimo Sole24ore  Salute. E io ci credo.

Certo, non è che basti aver superare il mezzo secolo per vedere assottigliarsi glutei, polpacci e fianchi, bisogna fare anche un po' di ginnastica, preferire frutta e verdura, ridurre grassi e dolci, dormire bene e a lungo, evitare gli stress e tutti gli altri suggerimenti che il buon senso suggerisce e i giornaletti di moda riportano per il lettori più zucconi. Insomma: niente di nuovo sotto il sole.

Allora cosa hanno scoperto gli autorevolissimi  ricercatori svedesi?
Semplice: che sei sei arrivato sano a 50 anni sano e salvo godrai di una impercettibile differenza rispetto al passato nella tendenza alla pinguedine. Quindi anziché conquistare un chilo all'anno, che per 20 anni fanno 20 chilogrammi al netto di vestiti e scarpe, si può sperare in uno sconto di 20 grammetti per ciascuno chilo.
Fanno sempre un etto in meno ogni cinque anni e mezzo chilo in 25!

Così se si escludono il mal di schiena costante, l'obbligo di lenti per leggere il giornale, la frequentazione assidua dal parrucchiere per coprire la chioma bianca, qualche carenza di memoria e la pelle avvizzita, sono a posto e alle prossime vacanze potrò sfoggiare un fisico da  pin up e diventare miss Tardona 2015.

martedì 16 settembre 2014

Scaramucce all'Urp


Se la mamma degli sciocchi è sempre incinta, quella degli stronzi fa parti plurigemellari e omozigoti. 

Perciò al collega che ciclicamente accusa l'Urp di ogni nefandezza commessa dagli utenti,  l'Urp, anziché dilungarsi in una serie di spiegazioni circa le funzioni dell'ufficio relazioni con il pubblico, l'analisi dei rapporti con l'utenza, la valutazione dei servizi offerti dall'ente e altre amenità di questo tipo buone giusto, giusto  per i seminari sulla gestione dei conflitti negli ambienti di lavoro, l'Urp appunto seppellisce il collega astioso con una tonnellata di ironia. 

Non si otterrà comunque niente, ma ci si guadagna in buonumore. E scusate se è poco. 

L'occasione è arrivata oggi, mentre ero impegnata in una delle attività più noiose del mondo: la transumanza delle giustificazioni aziendali sui pascoli degli utenti, attività che richiede una guida  ferrea per evitare la fuga di supercazzole tanto diffuse nel nostro ambiente. 

Il mio computer si illumina per l'arrivo di una e mail dal collaborativo collega che così recita: 


"È già il quarto utente stamattina che, mandato dall’URP, chiede agli sportelli (disturbando l’utenza che stiamo servendo) di fissare appuntamento.
Per cortesia verificare la veridicità di quanto dagli utenti asserito, e se del caso, comunicare di telefonare o prendere la lettera “A” se ancora disponibile" 
Manco un saluto e firma. 

Mi si arricciano i denti per gli anacoluti mentre il corpo freme per il tono supponente e, sebbene desideri riempirgli la bocca di vermi antropofagi, mi attengo all'etichetta e gli rispondo con garbo. 
Ecco il testo. 


È garantito. Nessuno ha mai invitato gli utenti ad andare agli sportelli  per prenotare un appuntamento. All’Urp si spiega la procedura, e cioè che occorre telefonare, poi si forniscono foglietti prestampati con le indicazioni per fissare un  appuntamento -  sugli stessi foglietti sono elencate le pratiche che si possono espletare su appuntamento, infine ribadisce che gli appuntamenti si prendono al telefono.

Ma l’utente medio, ovviamente, ci prova e domanda serafico:

Ma se vado agli sportelli mi dovranno dare un appuntamento, o no?

Allora le colleghe dell’Urp diffidano verbalmente l’utente dal presentarsi nuovamente agli sportelli e ripetono daccapo la procedura in dettaglio declinando la casistica al completo. 

L’utente medio ascolta con attenzione, conferma di aver capito e garantisce che telefonerà, gira le spalle come se tutto fosse chiaro e sulla porta, colto da improvviso raptus viene attirato da un megamagnete, evidentemente posizionato al centro del "salone al pubblico",  che gli procura disorientamento spazio-temporale,  perdita della memoria  e stati di allucinazione cancellando ogni informazione appena ricevuta all’Urp: potere della fisica.


 A quel punto se ne perdono le tracce e soprattutto il potere persuasivo delle urpiste si affievolisce in un amen.  

In sintesi: se gli utenti vengono allo sportello dicendo bugie non possiamo farci niente.
Ma sia chiaro: non è dall’Urp che li si invita ad andare allo sportello per chiedere un appuntamento.
Grazie per aver offerto l’ennesima opportunità per spiegare il difficilissimo lavoro che si svolge all’Urp.
Un caro saluto.
Cassandra Cassandrini

Obiezione del capo che aveva ricevuto per conoscenza l'email 
"Come mai non usate quel foglio che avevo fatto fare apposta per questi casi?"

Allora con santa pazienza riprendo il daccapo e da vera burocrate chioso: 

Nella narrazione del dialogo con l’utente  per errore è stata omessa un’azione eseguita dalle colleghe dell’Urp che riporto immediatamente. Me ne scuso con i destinatari e con i colleghi: 
  
Quindi dopo la riga 4 occorre aggiungere:

In ogni caso, visto che l’utente si è presentato di persona, gli si consegna un modulo prestampato affinchè possa chiedere l’agognato appuntamento, magnificando i vantaggi di un servizio modulato sulle esigenze del pubblico e giurando su parenti stretti che saranno richiamati.
A questo punto l’utente medio prende il modulo e, tranne pochissimi casi di " diligenza civica" che si risolvono con una compilazione manuale e riconsegna della richiesta, in linea di massima ci sputano sopra lasciando un escreato dalle variopinte venature, bestemmiano Dio e i parenti, poi lo appallottolano per aumentarne il peso specifico e la lanciano contro la zelante Urpista che ha proposto  una soluzione così semplice.
I meno temerari lo gettano semplicemente nel cestino.
La narrazione riprende dalla  riga 5
Grazie ancora
Cassandra Cassandrini 

sabato 30 agosto 2014

Raccolta differenziata: le sorprese del "clean day"

Sarò banale, ma il sabato lo dedico alle faccende domestiche respingendo sdegnosamente al mittente i plurimi inviti a mostre, incontri, dibattiti e party di fine stagione.

In sintesi mi piace farmi gli affarucci miei in santa pace e ripulire il minuscolo attico dove vivo dalle nefandezze accumulate nel corso degli anni. Come sia possibile che in quaranta metri quadrati  ci stia tutta questa mercanzia è un'incognita da Nobel. E potrebbero essere necessari molti anni prima che qualcuno lo vinca, perciò, direttamente dal passato, mi dedico alla raffinata arte del repulisti.

E questo sabato è toccato a due cuscini, acquistati moltissimi anni fa nello store Ikea per quattro soldi, colpevoli di avermi "sturzellato" il collo e perciò  finiti nel fondo di un armadio.

Ora, non volendo infliggere a nessun altro una simile pena, ho modestamente deliberato di buttarli via. Certo un anno fa sarebbe bastato scucire la federa, ridurre la supersintetica imbottitura in minuscoli pezzetti con le cesoie da giardiniere, mettere il tutto in un sacchetto della spazzatura e accompagnare i pietosi resti nel bidone della spazzatura. Peccato che la mia ossessione classificatrice, la vocazione ambientalista e pure il Comune, con la raccolta differenziata porta a porta, ci abbiano messo lo zampino costringendomi a fare i conti con la differenziazione dei rifiuti solidi urbani.

Uhhhhh! E dove lo conferisco il cuscino?

Perciò ho consultato avidamente il rifiutologo, la bibbia del perfetto cittadino, quello che ogni sindaco del sud Europa vorrebbe come elettore, alla ricerca del sito perfetto per depositare  un quarto di metro cubo di imbottitura: ma  non ho trovato risposta.

Ho scorso diligentemente il dettagliatissimo elenco senza trovare la voce "cuscino", quindi sono passata alla voce "imbottitura" anche nella sua declinazione plurale, ma anche in questo caso non ho individuato alcunché. Allora sono ho deciso di passare alla nomenclatura del "letto", che in prima battuta me lo passava come rifiuto ingombrante e dovevo chiamare il servizio di "prelievo a domicilio". Beh, scomodare un camion per due cuscini mi sembrava uno spreco di soldi pubblici. Allora ho cercato la voce "lenzuola" e anche in questo caso nisba, l'occhio mi è poi caduto sulle successive "lettiere per animali" e "lettiere compostabili" che non facevano  propriamente il caso mio. Ho tralasciato anche "libri"  e "lische" e con la lettera "L" avevo terminato. Quindi ho indirizzato lo sguardo speranzoso alla voce "coperta", buttata lì tra "coperchi di yogurt in carta stagnola" e "cosmetici vari" i quali, sia detto per inciso pedagogico, vanno gli uni nel "vetro e lattine" e gli altri nell'indifferenziata. Le coperte, invece vanno nel "tessile".

Ed ancora al punto di partenza.

Quindi non avendo capito ancora dove buttare questi maledetti cuscini, e il tempo trascorreva inesorabile, temendo di sprecare un'altra mezz'oretta di una sabato pomeriggio qualunque,  ho assunto la determinazione di portarli all'ecocentro, luogo ameno dove i rifiuti di ogni tipo, dall'abecedario del nonno sopravvissuto a quattordici traslochi alla zappa monca che ha conosciuto ben altri splendori, trovano la loro ultima collocazione, e forse anche una nuova vita.

Così con la morte nel cuore ho caricato sulla mia fantastica Aygo i due negletti per accompagnarli nel loro ultimo viaggio.

Sopraggiunta all'ecocentro chiedo lumi su dove conferire i cuscini a due signore gentilissime, probabilmente per gli effetti della nicotina combusta,  che mi indicano il bidone dell'indifferenziata, un container dalle dimensioni di un rimorchio di un Tir con apertura superiore.

Ho cercato disperatamente una balestra per lanciare il materiale all'interno senza alcun risultato, così   le due sempre gentilissime signore mi hanno indicato una scala per realizzare l'improba impresa.

Quale spettacolo mi si è parato davanti non appena mi sono affacciata al ciglio del cassone! Si butta proprio di tutto. Giacevano senza soluzione di continuità teste di bambole separate dal corpo, residui di scaffali di ignota manifattura, pezzi legno, metallo e altri materiali non identificabili, l'intera collezione in cassette del corso di francese proposto da Repubblica negli anni '90 e che ha migliorato i rapporti con i cugini d'oltralpe, persino un'intera dispensa di sottaceti, presumo scaduti, tutti in barattolo di vetro, che a rigor di differenziata bisognava svuotare il contenuto e  dopo averlo sgocciolato, gettarlo nell'umido, mentre i barattolini, a seguito di accurato lavaggio, erano destinati al "vetro e lattine". Mi è rimasto qualche dubbio sui coperchi. Ma nessuno è perfetto.

martedì 26 agosto 2014

Macumba digitale



Non sarò Calderoli e neppure leghista, ma qualcuno di certo  ha lanciato sulla mia persona una  macumba. E siccome viviamo nel l'era del web, la mia è tutta digitale.

E dire che io e l'informatica abbiamo avuto sempre un buon rapporto, grazie soprattutto a quel geniaccio di mio fratello che fin dalla giovane età mi ha iniziato ai misteri del microchip

Certo allora i computer erano grandi come una casa, si lavorava in Ms-Dos, le stampanti erano a modulo continuo e non esisteva il mouse. E neanche il web.

Che tempi! Eravamo i pionieri dell'hard disk e per trasmettere dati e informazioni collegavamo due computer con un cavo.

Non c'erano neppure le icone, ma solo lunghe sequenze di comandi tipo "A: copy B:" e ci si disponeva in reverenziale attesa che si concludesse l'operazione senza alcuna stringa di errore.

Non  voglio dire fossimo più felici, questo no. Ma alla fine ci sentivano i sacerdoti di inesplorate tecnologie e pure un po' di orgoglio ce lo avevamo.

Adesso invece sembra tutto possibile via internet. Anzi, obbligatorio.  D'altronde è davvero comodo. Così oggi nella mia "to do list" c'erano tre compitini  che forse 20 anni fa avrei avrei assolto con un percorso di 600 metri intorno al mio isolato e qualche telefonata dall'ufficio, oggi invece  ho impegnato tre ore buone e due tentativi di luddismo verso il mio laptop.

Le tre cose erano:

  1. rinnovare la mia carta di credito prepagata, molto utile nelle transazioni on line per evitare appropriazione indebita del succulento bottino di euro 20,57; 
  2. confermare il rinnovo dell'abbonamento a Tobike, strepitoso servizio di noleggio bici messo a disposizione dalla sabauda smart city, che poi è Torino, per il costo di euro 20 all'anno. E con la carta di credito prepagata c'era la copertura finanziaria e pure un minuscolo residuo per l'eventuale acquisto di numero uno caramelle di liquirizia, esclusa la spedizione a domicilio che da sola  costa sette euro con il vettore più economico. 
  3. registrarmi, naturalmente on line, al corso di formazione obbligatorio per giornalisti sul sito dell'ordine nazionale dove i miei dati sono stati registrati dalla notte dei tempi, ma da settembre cambiano le regole. Ma guarda un po'! 
Allora io, diligente e motivata,  sono arrivata a casa e  ho passato l'aspirapolvere esclusivamente nel percorso cucina -bagno, bagno - camera da letto, periplo del tappeto del salotto, poi ho preparato una cena frugale a base di verdure stracotte, raffinatissimo cooking che sempre mi accompagna nel multitasking domestico, poi ho ingollato la poltiglia verdastra e alle ore 20 virgola zero zero mi sono messa al lavoro senza indugio alcuno. 

Sono partita dal rinnovo dell'abbonamento a Tobike, ma non mi ricordavo più la strampalatissima password che mi sono inventata al momento dell'iscrizione e neppure il nome utente: ricerca affannosa tra i documenti archiviati con la stessa cura della conservatoria notarile, quindi, ho iniziato la procedura di rinnovo dell'abbonamento. Il sito mi chiede il "verified by Visa, codice che protegge i tuoi acquisti sul web, evidentemente impedendoti di farli se non digiti la stramaledetta formula alfanumerica. 

Seconda ricerca. Esito negativo.
Perciò  caccia grossa sul sito della mia carta di credito, nuova autenticazione, nuova ricerca. Intanto in ogni pagina un messaggio mi ricorda che la carta è in scadenza. Me ne frego e insisto. 

Nuova registrazione sul sito della carta di credito, inventato un nuovo strampalato codice "verified by Visa". Rinviato a condizioni più favorevoli il rinnovo della carta. 

Nel frattempo un  hacker al suo primo stage mi ha snobbato temendo di non superare la prova nel conventicolo dell'illegalità informatica. Altra umiliazione.

Ritorno sul sito di Tobike, che nel frattempo mi ha mandato fuori per scadenza dei termini cautelari. 
Secondo accesso, seconda fedele trascrizione dei dati della mia carta, del codice di sicurezza e del "verified by Visa", attesa spasmodica dell'esecuzione della routine fino alla completa riuscita dell'operazione con successo. 

A questo punto sono stanca come se avessi costruito da sola la Muraglia cinese, ma non mi fermo e sono determinata a rinnovare la carta di credito. 

Tento l'autenticazione sul sito della carta e ho dimenticato la password di accesso - mannaggina -   lo stagista hacker che mi aveva preso di mira me la suggerisce, quindi  cerco la sezione "rinnova la carta" e scopro che devo richiederla per telefono. 

Bestemmio i santi minori, riservando il gotha del calendario per occasioni più ghiotte, come l'autocombustione del computer e altre sventure che potrebbero abbattersi sul mio device, brandisco il telefono e chiamo il numero verde, non senza aver nuovamente cercato nei documenti cartacei le password di accesso per il servizio telefonico e riposto in bell'ordine quelle per l'accesso via internet. Intanto sono le ore 23,01 e non c'è più un operatore a cui chiedere in ginocchio di mandarmi la nuova carta di credito. Anche la voce registrata mi manda fuori invitandomi a richiamare negli orari di cui sopra, a meno che non voglia annunciare il furto della carta. Sono tentata, ma l'idea di fare la denuncia telematica mi scoraggia immediatamente.
E siccome sbagliare è umano, ma perseverare è diabolico, comprendo che è la mia serata no e rimando il terzo adempimento al giorno successivo. 

venerdì 1 agosto 2014

Fish therapy: i pesci satolli

I miei piedi in fish therapy
Me lo avevano venduta come l'ultima tendenza in fatto di trattamenti di bellezza, e io ci ho creduto. Ma la fish therapy, manco a dirlo, è stata una delusione pari solo a un cioccolatino scaduto.
Arg!

L'ho provata alle terme di Livade, ma poteva essere qualsiasi altro posto, comunque per la modica cifra di 120 leva, circa 20 euro, un gruppo non propriamente accanito di pesci Garra Rufa si è avventato sui miei piedi con la chiara intenzione di fare piazza pulita di tutte le particelle di materiale organico visibili e invisibili e l'obiettivo dichiarato - certo con le branchie - di lasciarmi  i piedi morbidi come il culetto di un neonato. O almeno così era magnificato nel depliant informativo in più lingue consultato prima del trattamento e ribadito, in un ottimo italiano, da una gentilissima assistente che mi ha intimato, prima di immergere le estremità nella vasca popolata dai minuscoli pesciolini necrofagi e opportunisti, di togliermi smalto, crema e altri additivi chimici: "Sa, son pesci delicati e potrebbero morire se ingeriscono alimenti strani". Certo, se invece mangiano le pellicine delle unghie alzate a bandiera e i calli del calcagno duri come il diamante proliferano senza sosta.

Miracoli della biologia e del riciclo bio, c'è chi vive di quello che gli altri buttano.

Ma come spesso mi capita con gli animali, qualcosa non ha funzionato. Mi ricordo bene che la prima volta che ho montato un cavallo, mentre gli altri seguivano il buttero de noiatri, il mio stallone si fermava a mangiare l'erba a ogni pie' sospinto, ippippandosene alla grande dei miei comandi. Stavolta invece ho incontrato pesci satolli che mi solleticavano pigramente il tallone, facevano nuoto sincronizzato intorno alle caviglie, a volte si spingevano arditamente sui polpacci, ma di assaggiare almeno una pellicina marinata non ne volevano sapere.

Va da sé che ho manifestato tutto il mio disappunto alla direzione, ma non è stato possibile invertire la rotta dei simpatici animaletti, né potevano individuare in pochissimo tempo una squadra di voraci pesciolini per sostituire gli stanchi pescetti. 
Perciò prima farvi ripulire i piedini con la fish therapy, accertatevi che i pasci abbiano fame, se no chiamate la vostra estetista e ritornate sul pedicure tradizionale.  Almeno lo smalto ve lo toglie (e ve lo rimette) lei.

A testimonianza di quanto raccontato si veda la distribuzione della fauna ittica rispetto ai miei piedi (ved. foto in alto)

giovedì 31 luglio 2014

Navigatore satellitare e nuove tecnologia.

Diciamolo pure: il navigatore satellitare in macchina è proprio utile. 
Niente più cartine spiegazzate con lo squarcio proprio sul nome del paese dove si è diretti. Basta anche con la carta ondulata a fumetto, ma illeggibile, ottenuta grazie alla fuoriuscita di bibite addizionate con anidride carbonica lasciate inavvertitamente aperte dal vostro compagno di viaggio: Argh! Insomma basta con quegli obsoleti sistemi di rilevamento 1:25.000 che hanno permesso agli americani lo sbarco in Normadia con precisione chirurgica e a me di camminare felice per le Alpi e le catene montuose di mezza Italia. 
Viva la tecnologia.
Basta inserire un indirizzo esatto, avendocelo, o il nome del paese, naturalmente nella lingua madre, che vi voglio vedere a traslitterare il giapponese, e il navigatore vi sciorina una elenco lunghissimo di paesi dai nomi simili, ma non necessariamente vicini, fino a individuare la vostra agognata meta. 

A questo punto non vi rimane che dare l'ok e il gioco è fatto. 

Perciò rapita dal prodigioso strumento, anche se qualche dubbio residuo mi tormenta, affronto il viaggio.  E il  televisorino magico disegna un percorso rosso - il più veloce, me lo ha anche chiesto - su una figura dell'Italia con Croazia annessa tutto in 2D. 

Meravigliata come una bimba al luna park, trillo felice per tutta l'autostrada. E il televisorino si rallegra di tanto gaudio. 

Certo, io di mio avrei fatto la stessa strada, pardon  autostrada fino a Trieste, poi sarei entrata in Slovenia, e imboccata una superstrada che taglia in due l'Istria, avrei girato a sinistra per  Livade, prima tappa del viaggio, terme  in mezzo alle montagne con acqua solforosa che guarisce anche la peste.

Che cosa sia saltato nel microchip del televisorino, non saprei dire, ma si è messo a disegnare una strada tutta curve, che nella realtà era uno sterrato per trattori rotti a ogni terreno, anziché un Mercedes da turismo, che giusto, giusto può arrampicarsi sulla corniche del Principato di Monaco, anziché sulle anguste vie dell'Istria.

Perciò abbiamo toccato Ogi, poi Trviz, poi Civitani e finalmente su una strada degna di questo nome, abbiamo puntato in direzione Porec. Si che nessuno ci corre dietro, ma la toponomastica di Tito mica devo impararla a memoria.  

In ogni caso dopo incontri con  caprette e altre amenità di questo tipo finalmente si ritorna su un nastrino d'asfalto ed eccoci alla meta: le terme di Livade
Il seguito alle prossime puntate. 

mercoledì 30 luglio 2014

Si parte!

Qualcuno sarà già al mare con i piedi lambiti dalle onde, altri, picozza in mano, pronto per un'ascensione in montagna, qualcuno in tour per l'Europa o altro continente, io invece partirò domani per rilassante vacanza in Croazia: un po' di mare e due settimane di relax, ma pur sempre all'est per non tradire gli ideali socialisti con una vacanza borghese e capitalista. 

Certo rispetto alle mete consuete, che so Albania e Bulgaria, che mi hanno dato grandi soddisfazioni, quest'anno si va verso una meta più affollata di ordinaria popolazione turistica, ma tant'è.

La vecchiaia avanza e il sol dell'avvenire lo voglio guardare seduta da una comoda sdraio in riva al mare, anziché osservarlo a bordo di una Trabant,  anche se -  ohibò - il mare in Croazia è a ovest! 
Scherzi del destino.  
Spero di non essere internata in un gulag al mio ritorno con l'accusa di essere "nemica del popolo". 

lunedì 7 luglio 2014

Riform@ Pa. La Regione Piemonte parte all'attacco.

Sarà pure l'era dei social, ma un presidio fa sempre la sua figura. Così questa mattina, armati di bandiere e buona volontà, un gruppo di colleghi, me inclusa, si sono lanciati alla conquista del "sol dell'avvenire" versione pubblico impiego.

Tutti, ma proprio tutti, hanno risposto all'appello lanciato la scorsa settimana per una mobilitazione in grande stile contro la riforma del pubblico impiego che prevede mobilità dei dipendenti entro i 50 chilometri, accorpamento degli enti e similcassa integrazione per il personale in esubero.

La questione è talmente sentita dai miei colleghi che, nonostante le ore di permesso sindacale retribuite, non è stato possibile creare una delegazione maggiore di 11, leggasi undici, cristiani. Gli altri erano tutti impegnati in attività di keynesiana memoria, come scavare buche e riempirle di terra, ricomporre in pagine le striscioline della macchina distruggi-documenti, lucidare le clips arrugginite.

Così in prima convocazione, tra Enti strumentali, Camere di commercio e Provincia, ci siamo trovati davanti alla sede della Prefettura in meno di mille. Umiliati anche dalla storia non ci siamo persi d'animo e abbiamo fatto la voce grossa.
Il Prefetto, che tremava come una fogliolina di fronte alla marea umana che pulsava sotto il suo balcone, forse più commosso da tanta pervicacia, che dall'effettivo timore di disordini, ha ricevuto la delegazione nominata sul campo.
Sono stati esposti i timori per la perdita di professionalità nella gestione dei servizi pubblici,  rappresentato il danno per  cittadini che ne deriverebbe,  invocato attenzione all'annoso problema.

Il Prefetto ha ascoltato con attenzione, mostrato sincera partecipazione, riconosciuto la validità delle argomentazioni e garantito un impegno per una proficua soluzione della questione che garantisca le tutte le parti sociali.

Ragazzi, che vittoria. Ma chi se lo aspettava!

Immagino che il Prefetto, dopo questo illuminante colloquio abbia, cancellato dall'agenda tutti gli impegna da qui a una settimana,  convocato  il presidente della Regione auspicando una pronta gestione della trattativa evitando come la peste i conflitti tra le parti sociali.

Prevedo poi che il presidente della Regione, dal canto suo, terrorizzato dal'ultimatum del Prefetto, abbia bloccato di colpo la riforma delle partecipate, rinviando la questione a Roma dove Renzi, impegnatissimo tra una commissione a Bruxelles e una riforma a Palazzo Vidoni, abbia trovato il tempo, bastano pochi minuti, per elaborare una soluzione definitiva prima di partire per Marte, visto che sulla terra ha già fatto tutto.

Beh! Poi vi faccio sapere se i marziani hanno bisogno di un addetto stampa. :)