Il titolo l'ho preso in prestito dal libro di Paolo Sorrentino. "Hanno tutti ragione" è una straordinaria prova d'artista e Tony Pagoda è un personaggio a tutto tondo, degno del miglior Dostoevskij. Da non perdere.
venerdì 4 ottobre 2013
Un minuto di silenzio. I morti riarsi di Lampedusa ricordati con l'allarme antinciendio
Lo so, si tratta di una tragedia terribile, così oggi alle 11 anche nel mio ente è stato esperito il tentativo di silenzio pari a un minuto esatto, con alterni risultati.
L'adesione è stata annunciata con una toccante e mail gonfia di retorica diramata dalla direzione generale: alle 11, annunciato dall'allarme antincendio, sarebbe scattato il minuto di silenzio.
I dipendenti tutti hanno letto, commossi, il messaggio, approvando ad alta voce l'operato della direzione e commentando malevoli nell'orecchio del vicino l'adesione: usi dissentir tacendo.
Ma tutto questo sarebbe ancora negli usi e costumi delle strutture organizzate. Il bello è arrivato quando ciascuno, immerso nei propri uffici, che niente avevano a che fare con l'ufficio, ha sentito suonare l'allarme.
Chi stava spettegolando ha interrotto l'attività nella speranza di trovare altri e più gustosi argomenti di conversazione, poi, redarguito dal vicino, ha taciuto per i rimanenti 45 secondi: interpretazioni di sensibilità.
Chi stava scrivendo si è fermato giacché tasti e penna producono un tale clangore da coprire anche l'allarme. Va da sé che prima di un'ora buona non sia riuscito a riprendere l'attività interrotta. Chi invece stava al bar, un buon numero, evidentemente si sentiva in territorio neutrale e ha solo abbassato la voce, ma ha continuato le amene conversazioni sull'imminente fine settimana. Variazioni sul tema.
Ma tutti, proprio tutti, pur avendo mantenuto un discreto brusio grazie all'italica convenzione di interpretare individualmente, ma in modo autentico, ogni direttiva, sono ammutoliti quando, allo scadere del minuto accompagnato dall'assordante sirena, è scattato nuovamente l'allarme antincendio - e questa volta sul serio - mentre dal bar si levava una nuvola di fumo dissacrante generata da un toast bruciato.
A latere mi permetto di commentare che ricordare i caduti di Lampedusa, morti per sfuggire al fuoco, con l'allarme incendio è stato quantomeno inopportuno.
martedì 1 ottobre 2013
Orzo in tazza grande
Diciamolo subito: ordinare un caffè al bar è una babele tremenda: lungo, corto e ristretto, macchiato, freddo o corretto, con latte a parte, alla francese o americano. E mi fermo qui. Solo un barman di lunghissimo corso può ricordare a memoria la ricetta perfetta per le cinquanta e oltre sfumature di caffè in tazzina.
A questa mania tutta italiana, insigni critici gastronomici, dopo un giretto in Italia, hanno dedicato più di una pagina, figuriamoci cosa posso aggiungere io al coro dei grandi esperti in infuso nero. Se si aggiunge che il caffè mi è vietato fino a nuovo ordine.....
E allora vi prego, qualcuno risponda a questa semplicissima domanda: se ordino un orzo in tazza grande cosa ho chiesto?
Barrate solo una delle seguenti risposte:
a) una tazza grande, cioè come quella per il cappuccino, con una quantità di orzo degno di cotanto contenitore.
b) un tazza grande come quella per il cappuccino con all'interno la stessa dose di orzo che starebbe dentro ad una minuscola tazza di caffè.
No. Non rompetevi la testa a cercare la risposta esatta; è giustala prima.
Sarà perché io seguo la norma costituzionale dell'appropriatezza della prestazione. Detto in parole semplici: seguo delle proporzioni. Mica compro una gru per raccogliere un granello di sabbia, né uso un bicchiere per svuotare l'oceano.
Allora perché oggi ho chiesto un orzo in tazza grande e mi hanno portato questo?
A questa mania tutta italiana, insigni critici gastronomici, dopo un giretto in Italia, hanno dedicato più di una pagina, figuriamoci cosa posso aggiungere io al coro dei grandi esperti in infuso nero. Se si aggiunge che il caffè mi è vietato fino a nuovo ordine.....
E allora vi prego, qualcuno risponda a questa semplicissima domanda: se ordino un orzo in tazza grande cosa ho chiesto?
Barrate solo una delle seguenti risposte:
a) una tazza grande, cioè come quella per il cappuccino, con una quantità di orzo degno di cotanto contenitore.
b) un tazza grande come quella per il cappuccino con all'interno la stessa dose di orzo che starebbe dentro ad una minuscola tazza di caffè.
No. Non rompetevi la testa a cercare la risposta esatta; è giustala prima.
Sarà perché io seguo la norma costituzionale dell'appropriatezza della prestazione. Detto in parole semplici: seguo delle proporzioni. Mica compro una gru per raccogliere un granello di sabbia, né uso un bicchiere per svuotare l'oceano.
Allora perché oggi ho chiesto un orzo in tazza grande e mi hanno portato questo?
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Orzo in tazza grande. |
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venerdì 27 settembre 2013
Maledetto Steve Jobs
Il primo è stato il correttore automatico di Word, insidiosissimo e limitato dizionario che cambiava le parole senza avvertirvi, trasformando il temibilissimo Bin Laden in un più pacato Bin Loden.
Poi è arrivato il T9 che regalava incomprensibili anacoluti negli sms destinati ad amici e parenti.
Oggi invece ci pensa la telescrittura, quella dettata nel microfono dell'iPhone - ebbe sì, io posseggo un iPhone 5 - e che trasforma le vostre dichiarazioni a voce alta in svarioni di ogni sorta, che di solito fanno sorridere, e qualche volta arrossire, persino i più smaliziati fra i vostri amici, e rallegrare i vostro compagno sorpreso da tanto ardore.
Perciò la serata "swing" è diventata la serata "suina", non male come idea, ma non era mia intenzione, per non parlare della "richiesta di amicizia" su facebook, che forse perché era di un vecchio spasimante si è trasformata in una "indicazione di mestizia". Ovvio che l'abbia rifiutata. E che dire degli "ordini in arrivo" che hanno preso il volo insieme alle "rondini" anche quelle in arrivo, ma solo in primavera,
Insomma, il rischio figuraccia è sempre in agguato, ma finché le conversazioni si fermano nei sicuri confini delle amicizie, va tutto bene, anzi: regalano belle occasioni di divertimento o stupore.
Ma per carità, prestate molta attenzione al messaggio frettoloso lanciato al vostro capo, perché l'incidente diplomatico è sempre in agguato, e basta un attimo che la versione sporca diventi "porca" specie se alloggiata in una "pancetta Ubs", che, manco a dirlo, era solo un chiavetta.
Se poi conoscete l'inglese leggete qui
http://www.theapplelounge.com/cultura-societa/imessagi-epicfail-quando-lautocorrettore-delliphone-vi-leva-un-giorno-di-vita/
Poi è arrivato il T9 che regalava incomprensibili anacoluti negli sms destinati ad amici e parenti.
Oggi invece ci pensa la telescrittura, quella dettata nel microfono dell'iPhone - ebbe sì, io posseggo un iPhone 5 - e che trasforma le vostre dichiarazioni a voce alta in svarioni di ogni sorta, che di solito fanno sorridere, e qualche volta arrossire, persino i più smaliziati fra i vostri amici, e rallegrare i vostro compagno sorpreso da tanto ardore.
Perciò la serata "swing" è diventata la serata "suina", non male come idea, ma non era mia intenzione, per non parlare della "richiesta di amicizia" su facebook, che forse perché era di un vecchio spasimante si è trasformata in una "indicazione di mestizia". Ovvio che l'abbia rifiutata. E che dire degli "ordini in arrivo" che hanno preso il volo insieme alle "rondini" anche quelle in arrivo, ma solo in primavera,
Insomma, il rischio figuraccia è sempre in agguato, ma finché le conversazioni si fermano nei sicuri confini delle amicizie, va tutto bene, anzi: regalano belle occasioni di divertimento o stupore.
Ma per carità, prestate molta attenzione al messaggio frettoloso lanciato al vostro capo, perché l'incidente diplomatico è sempre in agguato, e basta un attimo che la versione sporca diventi "porca" specie se alloggiata in una "pancetta Ubs", che, manco a dirlo, era solo un chiavetta.
Se poi conoscete l'inglese leggete qui
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mercoledì 25 settembre 2013
Alta pressione e falsa abbronzatura. Secondo atto
E due. No, questa china non mi piace per niente.
Ho appena fatto
fuori un paio di calze open toe,
pagate l’irrisorio prezzo di sei euro e mezzo, e oggi trovo un’insinuante smagliatura nell’incavo del ginocchio, che
per impigliarsi in quel punto occorre fare sesso estremo e anche un po’
inesperto, giacché una donna normale, per il sesso estremo, usa biancheria in latex e catene d’acciaio, se no
spende un capitale solo per il coté, e
tutto per guadagnarsi quattro ceffoni
ben assestati e restituire un urletto più cinematografico che provocato.
E oggi un'altra smagliatura ha fatto la sua comparsa, destinando un nuovissimo paio di calze a rete, anche quelle neanche tanto
economiche, direttamente nel cestino delle spazzatura. Se vado avanti con
questo ritmo mi toccherà a rivolgermi a una finanziaria per mantenere il tenore dell'abbigliamento intimo oppure far cadere una delle più resistenti barriere ideologiche e sdoganare il lavoro minorile nei paesi emergenti per far
rimagliare dalle manine operose dei bambini le calze smagliate. O ripiegare verso i più economici pantaloni, magari con gambaletti. No. Non posso cadere così in basso.
E che pantaloni siano! Ma favore, non dico pioggia, ma un po’ di nuvole, perché le mie gambe, ribelli per natura, non
ne vogliono proprio sapere di farsi addomesticare da un po’ di stoffa malamente cucita sul cavallo.
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martedì 24 settembre 2013
Alta pressione e falsa abbronzatura
Nonostante l’alta pressione che ci
regala ancora uno scampolino d’estate, il mattino fa un po’
freschetto per indossare la gonna senza calze. Specie se si va in
bici. Se si aggiunge la consolidata abitudine di fare vacanze
culturali, che so, città e villaggi situati tra Balcani e Carpazi, che
arricchiscono la mia interiorità, possono anche migliorare il
curriculum, ma di abbronzatura non se ne parla proprio, il gioco è fatto.
Così il mattino mi rimanda gambe ancora piacenti, ma inesorabilmente bianche. E non bastano quei pochi minuti di colazione o di gardeng sul terrazzo di casa mia, sebbene esposto a sud, a donare il colore del miele, ma neanche una scottatura a fasce orizzontali.
Volevo sprofondare.
Così il mattino mi rimanda gambe ancora piacenti, ma inesorabilmente bianche. E non bastano quei pochi minuti di colazione o di gardeng sul terrazzo di casa mia, sebbene esposto a sud, a donare il colore del miele, ma neanche una scottatura a fasce orizzontali.
Per carità, non si suggerisca
l’autoabbronzante, un maledetto fluido che spalmato sulla pelle regala mani da tintore di Fes e sugli abiti disegna stelle e strisce color
terra di Siena, rigorosamente indelebili.
Perciò non rimangono che le vecchie e
care calze, oggi prodotte in 50 sfumature di oro, che rendono le gambe
abbronzate, lisce e addirittura più lunghe. Peccato dover
rinunciare al sandalo e/o all’open toe, così di moda nelle
mezze stagioni. Sì, perché rinunciare a esibire pedicure
impeccabile e smalto rosso cina è un insulto alla vostra estetista, quella laureata in scienze della formazione, con un
master in antropologia delle popolazioni migranti e poliglotta anche sulle lingue emergenti, ma che per lavorare ha dovuto seguire un corso regionale di 90 ore sulle
applicazioni del fornetto per 37 marche di smalto semipermanente.
E se non altro per questo che occorre rendere onore al nails decor. Niente paura. Ci ha pensato una nota marca di calze, che per la modica cifra di 6
euro e mezzo, regala alle vostre gambe un incarnato degno di una mulatta
pur offrendo agli sguardi interrogativi delle vostre amiche, dita dei
piedi libere dalla microfibra.
Sì, sì. Avete capito bene. Stiamo
parlando di calze open toe.
Un successone quando le indossate per
andare al lavoro in bici. Le donne guardavano stupefatte indicando i
piedi, i muratori lanciavano contro il muro la cazzuola per poter
fischiare con entrambe le dita, i vigili non riescono a dirigere il
traffico, i semafori impazziscono, gli uomini alla guida sbirciano sottecchi e le
mogli coprono loro gli occhi, creando, tutti insieme, un disordinatissimo
ingorgo di cui voi siete l'unica responsabile. E le vostre calze, delle complici.
Il mio ingresso in ufficio è stato
salutato da grida di giubilo e sguardi maligni, mentre io gongolavo come una coccinella su un filo d'erba.
Ma tutto questo è durato meno di un’ora.
È bastato il bisogno
fisico e una visitina al bagno, uno sgabuzzino in stile ex Ddr dalle dimensioni
lillipuziane che poco si adatta alle mie forme giunoniche, e pure alla
mia distrazione, per rompere l'incatesimo. Infatti mentre armeggiavo sotto la gonna, ecco il maledetto ciondolo
che si impiglia bruciando in un attimo la spesa più intelligente che
abbia fatto negli ultimi sei mesi.
Così la mia vanità è stata
punita, ferendomi nell'orgoglio. E di fronte alla smagliatura che si allargava a vista d’occhio, non ho potuto fare a meno di sfilarmi i collant e uscire dal cesso con le gambe bianche come due mozzarelle.
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