venerdì 17 dicembre 2010

The Social Network vs Precious

Il Time ha incoronato Marc Zuckerberg, il fondatore di Facebook, uomo dell'anno. Tuttavia come ha osservato Alessandro Tapparini, giornalista di America 24 che ha dato la notizia, la novità è racchiusa nel film, The Social Network, che ne ha raccontato la storia al mondo.

Ma un altro film made in Usa, in programmazione nelle sale italiane in questi giorni, ha disegnato i rapporti tra le persone: di coloro che non hanno voce. Precious, dal nome della protagonista, un'adolescente nera, obesa, analfabeta e umiliata dalla famiglia è l'altra faccia dell'America. Lee Daniels, alla sua seconda prova di regista, racconta con piglio quasi documentaristico, la quotidianità di una diciassettenne emarginata nella Harlem degli anni 80.
La macchina da presa registra impietosa gli sbilanciati colloqui con l'assistente sociale per ottenere il sussidio, le gratuite molestie dei bulli del quartiere, l'ineluttabile recessione scolastica, l'incredulo stupore delle istituzioni di fronte al proprio fallimento.
Sarà una scuola alternativa e un'insegnate a determinata a liberare Precious dal disprezzo. Insegnandole a leggere e a scrivere le offre il viatico per il riscatto sociale.

Non c'è lieto fine in questo film: solo la presa di coscienza di un'ermaginata che vuole entrare nel mondo con la dignità di cittadino.
Anche per il 2010, come l'Italia degli anni 60 raccontata da Don Milani in "Lettera a una professoressa" l'istruzione libera gli emarginati dalla deferenza verso gli oppressori.
Imperdibile l'incontro tra Precious e la madre davanti all'assistente sociale.

Un monito per tutti gli utenti: saper leggere e scrivere Vi renderà liberi.

giovedì 16 dicembre 2010

Il contrappasso

Stavolta l'utente sono io! Nell'ufficio del giudice di pace di Torino, che si trova nella più remota e irrangiungibile periferia della città, ho consumato la mia giornata di ferie.

Il sito internet del Comune di Torino annunciava gli orari di ricevimento senza appuntamento e io ho ci sono andata.

All'ingresso il box informazioni era desolatamente vuoto, così mi sonno inerpicata sulle scale del tribunale -   una vecchia scuola riconvertita alla giustizia che ha ospitato studenti  figli del boom economico italiano - e, dopo aver dribblato avvocati in attesa e testimoni rassegnati, ho raggiunto il terzo e ultimo piano.

La pletora di porte chiusa mi ha dato il benvenuto e così, come ogni utente che si rispetti, ho inziato a importunare tutte le persone dotate di parola. Dopo alcuni "non so" la consueta anima buona mi ha indicato l'ufficio del giudice e anche il calendario di ricevimento, posizionato strategiamente sopra un termosifone. Ho  perciò scoperto che il giudice di turno quel mattino non si era presentato e che altre date erano state cancellate: se volevo parlargli sarei dovuta tornare nel pomeriggio.

Porca miseria! Avevo altri programmi. Ma l'ostinazione è buona compagna di vita e io l'ho ascoltata.

Il pomeriggio si è ripetuta la scenetta senza tanti stupori: ingresso triste, box informazioni chiuso, tre piani di scale, porte sigillate, pubblico in attesa. Documenti in  mano mi sono seduta e ho atteso.
Prima però come da prassi, ho interrogato gli astanti: "è qui che riceve il giudice di pace, bisogna prendere il numero, chi ha il 73, ci mette tanto, ma non c'è nessuno a dare informazioni, ma è sempre così qui" poi sdegnosa mi sono messa a leggere.
Prima di me c'erano una a cui avevano staccato la luce per un giorno di ritardo, un altro che aveva ricevuto la lettera di sfratto, alcune comparse mute e una signora con borsa firmata che si rivangava i bei tempi in cui a Torino erano tutti educati.

Il mio turno è toccato dopo un'ora e 47 minuti d'attesa, il mio colloquo è durato quattro minuti, la mia giornata sprecata per intero.
Un pensiero particolare alle urpiste che potranno commentare con soddisfazione che il nostro Urp non abbandona mai nessuno.

sabato 11 dicembre 2010

Le onde del vicino



L'interno di una casa popolare di Reims, Francia
 

La mia vicina di casa, dopo un silenzio di qualche mese, si è di nuovo fatta sentire, promettendo lettere all'amministratore, esposti ai vigili urbani e querele alle autorità giudiziare, tutto al telefono e a voce altissima. L'ho ascoltata con animo stoico, intercalando le sue ingiurie con un laconico "si".
In un litigio, niente fa arrabbiare di più che una arrendevole silenzio.
Le beghe condominiali occupano le aule giudiziare. I motivi? Rumori molesti, spese non pagate, bambini che giocano in cortile, automobili posteggiate negli spazi comuni.
La mia vicina sostiene che io faccio rumore di notte, da mezzanotte alle 5 del mattino, poi sente un rumore strano, e mi telefona. A qualsiasi ora. A nulla sono valse le mie dichiarazioni di innocenza, le spiegazioni su come si propagano le onde sonore e neppure gli inviti alla tolleranza. Lei non ne vuol sapere. Mi telefona e urla.
Questa mattina a farla arrabbiare è stato il rumore del martello del muratore che metteva cinque mattonelle di legno dopo l'ultimo allagamento.
Aveva ragione: facevo rumore.
Non posso che comprenderla per questo suo malessere anche quando sono costretta ad ascoltare lei che urla contro il marito alle 11 di sera, lei che sbatte i piatti, sempre dopo le 10 di sera, lei che parla della propria madre come di una rompicoglioni, perchè è ricoverata in un cronicario.
D'altronde il buongiorno si vede dal mattino. La prima volta che si è lagnata della mia presenza, eravamo ancora in una fase interlocutoria, mi ha detto, abbassando la voce con tono complice: "Sa, non per essere maligna, ma io sento tutto."
Gesù!
"Strano, signora" le ho risposto, maligna "Io, lei,non l'ho mai sentita".

mercoledì 8 dicembre 2010

Tassonomia dell'utente

C'è il predatore, il collerico,  l'esasperato, il dimesso, il sorpreso, lo svanito, il furbetto, il raccomandato, il saputo, lo psichiatrico, lo stratega, il fazioso, il disarmato, il prevaricatore, l'anacastico, il querulo, l'ossessivo, il manipolatore,  il callido, il remissivo, l'interlocutorio...

post in aggiornamento

martedì 7 dicembre 2010

Procedure d'emergenza

Il consueto tran tran dell'Urp viene improvvisamente interrotto da urla sovraumane e da alcuni colpi in successione.
L'urpista diligente, impegnata nell'esercizio delle sue funzioni, indovina il dramma e accorre nel bagno degli utenti.
Bene ha fatto: l'utente anziano, spinto dal bisogno, dopo aver espletato le funzioni primarie, si è trovato prigioniero nel piccolo gabinetto del salone. Perciò, assente la catenella di soccorso, all'utente non è rimasto che utilizzare il più atavico richiamo d'aiuto, forse un po' desueto, ma sempre efficace come dimostrano i fatti.

In pochissimi secondi sono intervenuti sul posto il referente della sicurezza dei lavoratori per accertarsi che non ci fossero trasgressioni al regolamento, il responsabile del pronto soccorso per decidere se chiamare un'ambulanza o mettere il pratica le regole del Bls, basic life support, apprese durante uno specifico corso aziendale, il responsabile del salone per verificare se era necessario chiamare la squadra di supporto psicologico prevista dal piano di emergenza e di crisi, il delegato dei lavoratori del piano per stabilire se le norme contrattuali dei dipendenti fossero state rispettate, un gruppo di utenti con un ariete per sfondare la porta e un secondo gruppo di utenti per dirigere le operazioni di sfondamento.

Ma per l'utente anziano non si vedeva un prospettiva di libertà.

Nel frattempo il resto dell'Urp era impegnato a chiamare in ordine: il contact center segnalazioni guasti tecnici  dell'azienda che interverrà entro 24 ore dalla segnalazione come stabilito dalla procedura di qualità, il responsabile della manutenzione del palazzo al quale l'urpista ha dovuto declinare il numero di segnalazione già effettuata, il suo vice che interviene in caso di assenza del responsabile - anche a lui l'urpista delegata ha dovuto comunicare il numero di segnalazione - il responsabile della squadra di pronto intervento che ha chiesto se era stata fatta la segnalazione al contact center prima di poter inviare il tecnico, ma ha garantito una dettagliata relazione al proprio dirigente.

Intanto l'utente anziano sollecita un intervento: è ancora chiuso nel cesso.

Allora l'urpista diligente, di fronte a tanto pubblico, sfida le regole aziendali e, sprezzante del rischio di una sanzione disciplinare per eccesso di potere, chiama dal proprio cellulare Gari, operario extracomunitario con contratto a progetto, l'unico rimasto a fare un lavoro manuale su 500 dipendenti, che, brugola in mano, in un solo click ha manomesso il lucchetto incastrato regalando la luce al povero utente.

Come premio l'utente ha conquistato altre due ore di fila perchè nel frattempo ha perso il turno: è l'automazione, bellezza! E tu non puoi farci niente.