Carica di spesa, avvalendomi delle aperture straordinarie di alcuni supermercati, decido di ritornare in autubus verso casa.
Succedeva oggi, intorno all'ora di pranzo dopo una passeggiata in collina a caccia di refrigerio.
Peccato che la metropolitana di Torino abbia sovvertito i percorsi dei pullman, senza che io mi informassi preventivamente.
Argh! A ricordarlo bene lo avevo letto, ma come ogni utente che si rispetti, avevo accartocciato l'informazione nel "cestino delle cose che non mi servono", anzichè catalogarla, attribuirle un codice e ripescarla all'occorrenza.
Così eccomi a fine corsa in piazza Carducci a caccia di un autobus per il mio rientro.
Arrivo alla palina, scruto i numeri, leggo attentamente i percorsi e individuo il mio vettore. Perciò mi accomodo e aspetto.
Dopo un quarto d'ora sotto il sole di agosto, con le derrate in decomposizione e i piedi marci per la stanchezza, inizio a temere che l'autobus non arrivi.
E come ogni utente medio che si rispetti, anzichè leggere più attentamente i cartelli, o telefonare al servizio clienti sempre attivo - sì, a Torino c'è anche questo - mi guardo intorno e chiedo agli astanti.
"Scusi, ma il 66 non passa - interrogo con apprensione due romene che stanno chiacchierando all'ombra - forse la domenica non c'è ?" continuo temendo la risposta.
Una di queste alza lentamente gli occhi sulla palina e legge: "FERIALE" si rivolge nuovamente a me e conferma:
"Feriale: vuol dire che la domenica non c'è"
Già. Il pullman è feriale e io non me ne sono accorta.
Accuso la lezione di cittadinanza attiva delle due straniere e mi dirigo a piedi verso casa.
Domani mi vendicherò con gli utenti ritardatari.
Il titolo l'ho preso in prestito dal libro di Paolo Sorrentino. "Hanno tutti ragione" è una straordinaria prova d'artista e Tony Pagoda è un personaggio a tutto tondo, degno del miglior Dostoevskij. Da non perdere.
domenica 21 agosto 2011
sabato 20 agosto 2011
Alla Posta un mattina d'estate
Il rientro dalle vacanze nei Balcani mi ha regato due avvisi di giacenza. Li ho osservati con attenzione e, nella speranza che non ci fossero le consuete multe, sono corsa in Posta per sapere chi ha l'ardire di scrivermi in pieno agosto.
E visto che c'ero ho deciso di ricaricare la mia carta di credito prepagata.
In filiale, dopo il quarto d'ora d'ordinanza per distinguere tra prodotti postali, servizi postali, servizi assicurativi, piccole e medie imprese e pure l'immobiliare, ho individuato i due ticket segnafila e mi sono accomodata in attesa del mio turno.
Sarà stato caldo torrido, sarà stata una la nuova manovra finaziaria, ma i soliti avventori, prevalentemente anziani e ciarlieri, ma non mancano studenti e extracomunitari costretti a mille adempimenti, oggi erano a pascolare in altre lande. Perciò in pochi secondi il dislay ha segnato il mio numeretto con il consueto bip.
"A009"
"Dicaaaa"
"Buongiorno, sono venuta a ritirare queste due raccomandate, ecco il mio documento"
"Eccole qui, firmi pure sulla riga"
"Grazie, grazie"
Mi allontano sorridendo compiacendomi per tanta efficienza pronta a una nuova attesa su una delle sedie vuote dell'ufficio.
Non faccio in tempo a sedermi che il nuovo bip mi richama allo stesso sportello.
Ma come?
Mi fate impazzire davanti al Vostro totem giallo e poi lo stesso addetto mi chiama due volte? Misteri dello sportello.
"Ah! E' di nuovo Lei"
"Sì. Buongiorno, dovrei ricaricare la mia carta di credito"
"Mi spiace non ho il modulo per la ricarica, deve rivolgersi all'altro sportello"
"!?"
Pago cara la mia esitazione, perchè non faccio in tempo a girare i tacchi che l'unico utente del posto, che in attimo è entrato, indovinato il percorso, srotolato il ticket, è stato convocato dall'impiegato estromettendomi dalle precedenze. In mano il mio inutile ticket.
Quale sentimento abbia mosso l'impiegato non saprei dirlo. Ma ma si è alzato, ha superato il pilastro, parlato con il collega e mi consegnato il modulo per la ricarica ed è tornato alla sua postazione.
Il resto è stato uno scambio di pochi euro e qualche firma ed eccomi fuori a 31 gradi.
Sul contenuto delle raccomandate ho già sventagliato parolacce e bestemmie.
E visto che c'ero ho deciso di ricaricare la mia carta di credito prepagata.
In filiale, dopo il quarto d'ora d'ordinanza per distinguere tra prodotti postali, servizi postali, servizi assicurativi, piccole e medie imprese e pure l'immobiliare, ho individuato i due ticket segnafila e mi sono accomodata in attesa del mio turno.
Sarà stato caldo torrido, sarà stata una la nuova manovra finaziaria, ma i soliti avventori, prevalentemente anziani e ciarlieri, ma non mancano studenti e extracomunitari costretti a mille adempimenti, oggi erano a pascolare in altre lande. Perciò in pochi secondi il dislay ha segnato il mio numeretto con il consueto bip.
"A009"
"Dicaaaa"
"Buongiorno, sono venuta a ritirare queste due raccomandate, ecco il mio documento"
"Eccole qui, firmi pure sulla riga"
"Grazie, grazie"
Mi allontano sorridendo compiacendomi per tanta efficienza pronta a una nuova attesa su una delle sedie vuote dell'ufficio.
Non faccio in tempo a sedermi che il nuovo bip mi richama allo stesso sportello.
Ma come?
Mi fate impazzire davanti al Vostro totem giallo e poi lo stesso addetto mi chiama due volte? Misteri dello sportello.
"Ah! E' di nuovo Lei"
"Sì. Buongiorno, dovrei ricaricare la mia carta di credito"
"Mi spiace non ho il modulo per la ricarica, deve rivolgersi all'altro sportello"
"!?"
Pago cara la mia esitazione, perchè non faccio in tempo a girare i tacchi che l'unico utente del posto, che in attimo è entrato, indovinato il percorso, srotolato il ticket, è stato convocato dall'impiegato estromettendomi dalle precedenze. In mano il mio inutile ticket.
Quale sentimento abbia mosso l'impiegato non saprei dirlo. Ma ma si è alzato, ha superato il pilastro, parlato con il collega e mi consegnato il modulo per la ricarica ed è tornato alla sua postazione.
Il resto è stato uno scambio di pochi euro e qualche firma ed eccomi fuori a 31 gradi.
Sul contenuto delle raccomandate ho già sventagliato parolacce e bestemmie.
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lunedì 8 agosto 2011
Mete lontane
A 700 chilometri dall'Italia, sulle montagne della Macedonia, si consumano le mie vacanze. Alternative e pioneristiche. Su un pullman con sedici persone a bordo battiamo palmo per palmo le vallate a caccia di paesi e villaggi, piccoli, piccolissimi e minuscoli. Meglio se incontamitati e non segnalati sulle cartine geografiche. Tutti a caccia di emozioni da esibire ad amici e colleghi, magari in formato foto.
Nella presunzione del viaggiatore del terzo millennio vive il desiderio di un incontro autentico e primitivo. Dimentico che prima di noi sono passati i tecnici di Sky per una pacifica colonizzazione via etere.
Nella presunzione del viaggiatore del terzo millennio vive il desiderio di un incontro autentico e primitivo. Dimentico che prima di noi sono passati i tecnici di Sky per una pacifica colonizzazione via etere.
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venerdì 5 agosto 2011
Il brutto e il buono
L'albergo aveva una stanza su un giardino di limoni, non me lo dimenticherò mai. Berat è fatata. non voglio andarmene. Andiamo a visitare una casa ottomana e dividiamo la visita con i pipistrelli. Ma tutto sembra una favola.
Lasciamo Berat alla volta di Fier per visitare il monastero di Ardenica e il sito archeologico di Apollonia. Durante il tragitto non posso non fotografare una serie di bunker a forma di fungo fatti costruire dal 1950 dall'ex dittatore Hoxha. Sono bunker monoposto in cemento armato indistruttibili. A tal punto che distruggerli costerebbe così tanto che vengono usati come rifugio per capre o, peggio ancora latrine.
La storia narra che il progettista abbia provato in proprio il bunker, poi bombardato. Poiché lui era sopravvissuto venne considerato solido.
Il problema è che l'assalto dell'occidente non è mai arrivato.
Un bunker
Lasciamo Berat alla volta di Fier per visitare il monastero di Ardenica e il sito archeologico di Apollonia. Durante il tragitto non posso non fotografare una serie di bunker a forma di fungo fatti costruire dal 1950 dall'ex dittatore Hoxha. Sono bunker monoposto in cemento armato indistruttibili. A tal punto che distruggerli costerebbe così tanto che vengono usati come rifugio per capre o, peggio ancora latrine.
La storia narra che il progettista abbia provato in proprio il bunker, poi bombardato. Poiché lui era sopravvissuto venne considerato solido.
Il problema è che l'assalto dell'occidente non è mai arrivato.
Un bunker
giovedì 4 agosto 2011
Le città dalle mille finestre
Tirana, le case colorate |
Certo il resto è architettura di stato anche mal tenuta e la città è maledettamente levantina. Il divertimento è assicurato dalla ricerca di un supermercato per mettere qualcosa sotto i denti. Il pullman commette una serie di infrazioni di ci nessuno si accorge e nel pomeriggio partiamo per un'altra montagna, Dajti, che però raggiungiamo con una funivia di ultima generazione. Finalmente un po' di fresco dopo l'afa della pianura.
E siamo di nuovo in viaggio per Berat, la città dalle 1000 finestre patrimonio dell'Unesco. Da non perdere il museo etnografico di Onufri, oltre alla visita della città.
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