domenica 20 maggio 2012

Terremoto a Torino e l'insonnia

La terra trema alle 4,07 del mattino. Fuori è ancora buio, io invece sono già in piedi causa un attacco di insonnia.

Sono seduta e mi sto gustando caffelatte quando sento tremare la sedia. Ora come mai una persona normale alle quattro di domenica mattina, anziché dormire il sonno dei giusti tra due guanciali, sia di fronte alla colazione, lo spiegherò in un altro post, quando sarò pronta, ma tant'è.

Non che abbia avuto paura, solo quell'effetto sorpresa che sempre ti coglie quando senti la sedia tremare, temi un effetto "morgana", poi vedi tende e lampadario, l'unico non sostituito da applique e tende oscillare e pensi:
"Acc.. allora non sono pazza".

Comunque. Al momento non so quale sia stato l'epicentro, ma speriamo che non abbia fatto danni in altre zone.

martedì 15 maggio 2012

Colombo bianco non avrai il calco (di guano)

Pochi giorni di pioggia e, probabilmente, qualche tempesta magnetica hanno trasformato il mio balcone nell'habitat ideale dei piccioni torinesi che a frotte sono planati all'ultimo piano per trovare riparo sotto la falda del tetto. Non senza prima aver consumato diversi pasti pasti a base di semi, pane secco gentilmente offerto dalle anziane benefattrici, che in questa zona della città sono più numerose dei loro assistiti e perciò rivolgono le loro amorevoli cure pure agli animali, e non so cos'altro.

Ma di sicuro hanno mangiato, perché altrimenti non riesco a spiegarmi, se si esclude qualche alchimia darwiniana che permette a questi uccelli di produrre più sterco di quanto pesino, lo spettacolo che mi si è parato davanti all'apertura delle imposte.

Le simpatiche bestiole avevano lordato, di strisce e di chiazze, il muro del balcone, il pavimento e pure le gelosie con tanto guano da rendere il deserto Sahara più fertile delle sponde del Nilo.

Ma per noi che preferiamo la chimica, il guano di piccione è semplicemente merda. Così per evitare un'ordinanza urgente del sindaco e un'epidemia di psittacosi ho preparato il composto magico per scoraggiarne il ritorno Itaca. Perché non basta pulire, occorre rendere ostile l'ambiente, se no quelli sono sicuri di aver trovato casa.

Sapone di marsiglia bollito e acqua calda: la pozione magica.

Poi ho indossato i dispositivi di sicurezza previsti dalla 626,  infilato i guanti gomma color blu elettrico, regalo della donna delle pulizie dell'ufficio, impugnato il raschietto da muratore,  sono salita sulla scala e ho iniziato la bonifica della parete, delle finestre e dei davanzali.

Ci sono volute sei ore di duro lavoro e due sacchi della spazzatura prima di far ritornare agli antichi splendori la balconata. E vorrei mantenerla così ancora a lungo.

Perciò  sono andata in prefettura a richiedere il porto d'armi e in armeria a comprare un fucile a pompa e ho spedito una lettera di autodenuncia preventiva alla Lipu.

E adesso aspetto.

domenica 6 maggio 2012

Improve your English, but pay attention

Esercitare l'inglese in chat va di moda. Ma attenzione dove si va parare, perché in men che non si dica, tra simboli, abbreviazioni e frasette stringatissime, che a seguirle in inglese non è proprio facilissimo, ti senti chiedere con il proverbiale pragmatismo anglosassone : "Sei nuda?"

Ma come? Eravamo rimasti che fai il manager per un'impresa di noleggio auto, che digitavi dall'Australia, si è vero che mi hai chiesto se sono sposata, ma passare alle vie di fatto, così in fretta. Sono europea , un po' di tatto.

Forse qualche segnale me lo aveva anche lanciato Sam, quando mi ha chiesto se preferivo il miele o il cioccolato. Io pure sono caduta in errore dichiarando il mio amore per il gelato, ma pensavo si stesse parlando di cibo e gusti. Invece. Alla faccia del lifestyle, così si chiamava la chat, fossi andata almeno in  "hot & spicy".

Mi sono sentita una cretina e ho scritto che forse avevo commesso un errore, che quella mi sembrava una hot  chat.
Ha risposto semplicemente: "" e se ne andato.
Per educazione mi sono giustificata dicendo che volevo solo praticare un po' d'inglese, ma Sam non voleva perdere tempo e credo sia andato a cercare qualcuno che conoscesse meglio l'inglese.
Ben mi sta.

martedì 1 maggio 2012

La metro di Torino val bene una corsa

Poiché Hannibal, l'anticiclone africano che avrebbe dovuto portare caldo e sole su tutta l'Italia, come da programma ministeriale, si è fermato sulle Alpi, a Torino da giorni piove senza tregua. E della temperatura non ne parliamo proprio.

Così lasciata a riposo la mia bici, una fantastica Bottecchia con telaio da uomo, taglia 28 che grazie al mio femore posso cavalcare con disinvoltura anche nelle condizioni più avverse, ma i prodromi dell'alluvione non sono stati ancora affrontati e non avendo sottomano un mezzo anfibio dell'esercito, ho ripiegato sul trasporto pubblico.

Perciò, biglietto dell'autobus che faceva capolino dalla borsa,  aumentato a febbraio a 1 e mezzo - così potete usare le linee extraurbane e urbane con lo stesso "titolo di viaggio" per 90 minuti anziché 70 come prima - che Dio fulmini sindaco e tutto il consiglio di amministrazione della Gtt (Gruppo torinese trasporti), sono partita alla volta della tentacolare periferia torinese.

Ora noi a Torino abbiamo la metropolitana solo da 2006, l'anno delle olimpiadi invernali, mica dal secolo scorso, e non siamo mica tanto abituati, figurarsi io che marcio a piedi per tutta la città. E anche i torinesi mica la usano tanto, preferendo il trasporto su terra. Allora dai vertici di Gtt, per invogliare i torinesi, proverbialmente  abitudinari, ad usare la metro, hanno ridotto i percorsi di alcuni mezzi che incrociano la metropolitana. Perciò se vuole andare in centro da piazza Bengasi, uno deve saltare su un autobus, poi scendere sottoterra in una delle avveniristiche stazioni della metro, agguantare il convoglio a guida automatica, cioè senza conduttore, e risalire in superficie. E viceversa. Tutto entro 90 minuti.

Dunque ho pianificato la mia uscita al centesimo.
Sono andata al lavorare a piedi, sono uscita dall'ufficio, mi sono armata di biglietto, sono scesa nella stazione della metro, ho obliterato il titolo di viaggio, ho superato il tornello, ho controllato l'ora, ho preso la metro,  sono risalita in superficie, ho agguantato il pullman, ho letto sette pagine di Delitto e castigo di  Dostoevskij, sono scesa dall'autobus, ho fatto la commissione, ho di nuovo preso l'autobus nella direzione opposta, ho proseguito per sole tre pagine nella lettura di Delitto e castigo perché alcuni ragazzotti, evidentemente poco usi alla cultura, si spintonavano tra loro distogliendomi dall'amena lettura, sono scesa dal mezzo, ho di nuovo controllato l'ora e mi sono rallegrata per il timing perfetto: solo 46 minuti.

Quindi sono rientrata nella stazione della metro, ho di nuovo affrontato i tornelli che hanno magnificato una sonora X rossa al mio cospetto, risputando fuori il biglietto. Nessuna paura mi ha pervasa. Ho ricontrollato l'ora e, rassicurata,  ho reinfilato il biglietto dalla parte opposta. Stavolta me lo ha sequestrato con tanto di bip, perciò sono andata al citofono  customer service, ho chiamato l'addetto e ho presentato vibrata protesta.

L'uomo è arrivato e ha estratto il rettangolino di carta dalla timbratrice e me lo ha consegnato ammonendomi perché sulla metro il biglietto vale solo una corsa, non 90 minuti.  "C'è scritto sul retro"

Ah, non lo avevo letto.

Tuttavia ho manifestato il mio disappunto, poi ho solidarizzato con l'addetto che  non ne può niente, ho promesso lettere ai giornali, poi ho desistito ricordandomi quante risposte prestampate scrivo ai miei utenti, ho ipotizzato una class action, poi mi è tornato in mente che di aule di tribunali in questi ultimi anni ne ho già calcate abbastanza,  infine mi sono immaginata alla guida di un gruppo di cittadinanza attiva per il controllo dei servizi pubblici locali in stile britannico, poi ho lasciato perdere perché vivo in Italia e me sono tornata a casa con una combinazione di autobus e tram da far tremare i polsi al mobility manager della mia azienda. Ma con un solo biglietto.

venerdì 27 aprile 2012

Fuori garanzia


Panni stesi a Sarajevo (foto mia)
Dell'amore che provo per la mia lavatrice ho già scritto in questo blog.

Un amore intenso e confortato da frequenti lavaggi e reciproca soddisfazione. Io acquisto per lei detersivi di primissima qualità, in polvere, liquidi e per capi colorati. Mantengo alto il tono della passione con qualche goccia di ammorbidente e addolcisco l'acqua della centrifuga con un anticalcare di importazione. Costa un po' più degli altri, ma ne vale la pena.

E per non cadere nella monotonia cambio spesso programma: forte con prelavaggio quando necessario, misto nella routine, delicati, lana e seta solo raramente perché la noia è sempre in agguato.

Poi lei ha un posto d'onore nel mio bagno, protetta da un armadio che la ripara da sguardi indiscreti, può mettersi in mostra sono ai palati più esigenti e curiosi.

Sono una donna fortunata. E molto. D'altronde tra le infinite invenzioni che facilitano la vita il posto d'onore spetta alla lavatrice che ha liberato le donne dallo sciabordare dei panni al fiume e gli uomini dalle zecche.

E tuttavia non le basta.

Da un po' di tempo non vuole fare il suo dovere e nel bel mezzo del lavaggio cambia programma. Passa da 1200 giri a zero lasciandomi gli asciugamani in spugna così carichi di acqua che come stendibiancheria occorre usare i cavi dell'alta tensione oppure mi plissetta a 90 gradi le camicie di seta che per stirarle devo metterle sopra un geyser. E non è che Italia se ne trovino molti.

Sono casi estremi, ma mi rompono decisamente le tegoline. Perciò, dopo aver esperito alcuni metodi casalinghi, pulizia del filtro, cambio di detersivo, riduzione il carico, invocazione ai santi, ed esaurita la pazienza, ho chiamato il tecnico.

Va da sé che la garanzia è scaduta giusto giusto tre mesi fa e le tegoline mi girano ancor di più, ma di fronte alla prospettiva di bucati alla lavanderia a gettone insieme a studenti fuori sede e stranieri senza fissa dimora ho avuto paura e ho chiesto aiuto all'assistenza Hoover.

Il tecnico, impegnato su più fronti si è fatto aspettare quattro giorni ma oggi si è presentato.

Ora dove siano andati a finire gli operai con la tuta sporca di grasso e le chiavi inglesi nella borsa che ti smontavano l'elettrodomestico in mille pezzi, ti scheggiavano la ceramica del bagno, sporcavano l'ingresso di terra seccata nel carrarmato delle scarpe e buttavano nel lavandino residui di fili elettrici - plastica e rame - che poi dovevi chiamare pure l'idraulico perché avevano ingolfato il tubo di scarico? Non so. A casa mia si è presentato un signore vestito di Armani, con mani curate dall'estetista e una valigetta piccola, piccola.

L'ho osservato senza alcuna fiducia e gli ho passato la mia cassetta degli attrezzi, perché pensavo se la fosse dimenticata nel furgone. ah, che stupida, lui in città usa la Smart.

Invece dopo un'occhiatina complice e suggerimenti generici, buoni giusto per il manuale istruzioni che io già letto avidamente, ha sostituito la manopola del programma, il motivo di tanta instabilità di lavaggio, e mi ha presentato il conto.
70 euro con ricevuta compresa la chiamata. "Signora, avesse avuto l'estensione dell'assicurazione - ha recriminato - avrebbe pagato solo la chiamata".