mercoledì 15 agosto 2012

Lucca: sono single, merito un posto al ristorante?

Di vacanze distensive ne ho piene le tasche. Ma me lo sono imposto e vado avanti. Però non posso stare tutti i giorni in piscina, anche perché temo eritema più di quanto Monti tema la fine dell'euro. Perciò oggi visitina a Lucca. Cittadina graziosa, circondata da mura che ho percorso per intero e tanta cultura. Io e i soliti francesi, olandesi, americani e altri. Insomma, la solita babele delle città d'arte.

All'ora di pranzo, colta da solito languorino che mi sarei mangiata un bue intero di traverso, in un ristorantino dietro piazza Napoleone, dall'indimenticabile nome "Ale's bar" chiedo di potermi sedere.

L'omone all'ingresso mi squadra dall'alto e mi chiede se sono da sola.
"Sì, caro signore. Sono sola e voglio un tavolo fuori con vista sulla piazza?"

Scuote la testa e mi dice che non c'è posto fuori, ma solo dentro. Passa il suo assistente, e scambiandomi per una turista tedesca, evidentemente il mio abbigliamento e la macchina fotografica al collo lo hanno ingannato, si rivolge a me in tedesco dicendomi di entrare. Non che io parli la lingua teutonica, ma qualcosetta ho studiato e poi di quello si stava parlando.

Sorrido tra me e me per l'errore, e anche un po' compiaciuta, poi  giro i tacchi indispettita alla ricerca di altri lidi.

Ed eccomi in piazza San Giusto. Chiesetta e bistrot con dieci tavolini. Mi lancio:

"Avete posto? Sono sola."

"Certo signora  - mi risponde una giovane e indaffaratissima cameriera - dove vuole stare, dentro o fuori?"

Mi accomodo fuori in un tavolo da quattro e la proprietaria non batte ciglio, anzi manda via quattro turisti francesi che vogliono stare fuori,  ma l'ultimo tavolino me lo sono beccato io.

Perciò mi sono mangiata un tagliere di salumi grande quanto tutto il tavolino, un po' di pane d'accompagnamento, per sentirmi meno in colpa, un piatto di verdura grigliata, caffè, acque e dolce per 24 euro con ricevuta.

Perciò grazie bistrot Cuore, sono stata proprio bene.





martedì 14 agosto 2012

Lei partita, io tanto bene, ma un po' invidiosa

Finalmente è partita. Domenica mattina io sono uscita presto per visitare Carrara, le cave di marmo e il museo del marmo. Un pezzo di storia dell'Italia riassunta in una galleria dentro il cuore delle montagne toscane.

Al mio ritorno era ancora lì e me è preso un coccolone. Ma la sera finalmente se ne andata. Madame Bovary della Transilavania ha caricato la macchina il mattino, si è goduta la giornata in piscina e poi si è fatta venire a prendere dallo Ieti in fuoristrada che l'ha traghettata verso un'altra meta.

"Io parte, ciao. Bello conoscerti. Tu brava donna."

"Ciao, buon rientro in Romania"

"Romania? No, io va in altro posto ancora settimana, poi lui porta me in vacanza"

Vacanza? E i nipotini, i figli, il richiamo della terra natia?

"Lui, tanto male. Così, lui porta me in vacanza"

E fino adesso cosa ha fatto? Ditemi dove si impara a vendersela bene e se c'è il test d'ingresso, perché temo di non superarlo.

sabato 11 agosto 2012

Lui tanto male, io parte domani


Comunque se ne doveva andare questa mattina. Una certezza che mi ha fatto sopportare continui inviti a prendere un caffè “Freddo di stamattina Cassandra vuoi?” Sigarette da far guadagnare ai  dipendenti dei monopoli di Stato un premio aggiuntivo sulla produttività “Dai Cassandra, fuma sigaretta con noi (Lei e lo Ieti)” O vino che reggo come un mattone sullo stomaco “Solo bicchiere di vino, non male poco vino” il tutto con la speranza che madame Bovary della Transilvania questa mattina andasse via.

Mi sono alzata in grande forma per la colazione e l'ho vista intenta a sistemare i vettovagliamenti.

Gioia mi assale e azzardo un dialogo di cortesia, certa che si tratti delle ultime battute del logorroico assedio mitigato solo da fughe e bugie.

Allora parti?
Si oggi
Ottenuta conferma mi dirigo nel patio per la colazione.

Fai colazione? Io vengo” annuncia con tono dimesso seguendomi verso la terrazza.
Sento che l'incantesimo si sta sbriciolando e perciò cammino più forte per non pensare.
Che dire tu Cassandra, porta soldi io?
????????
“Si per colazione! Oppure paga dopo. Tu che dire?
Oddio! Un nuovo dilemma.

Non so che accordi tu abbia con i gestori....” rispondo con tono neutro senza perdere il passo da bersagliera.

Non c'è trippa per gatti e quindi lascia cadere l'argomento.

Beh, io prende solo caffè

Ma quando si siede al tavolino si succhia mezza moka del mio caffè e un quarto di bricco del mio latte e rifiuta sdegnosamente il pane “No, no, grazie, non mangia io mattino, no fame

Come non compatirla, le si sarà chiuso lo stomaco per la sofferenza.

Ma...... non c'è quello pane con marmellata, quello poco piccolo pane..
Croissant?

Sì, sì, quello, non vedo su questo tavolo

No, non c'è. Perchè a me schifo i dolci, io mangia pane” “Se lo vuoi devi chiederlo tu”. Dichiaro.  

No, no. Io no fame mattino, io dice così, tanto per dire” non per mangiare, ovviamente.

Cala nuovamente il silenzio e mentre lavoro di mandibole sul pane tostato lei emette un sospirone.

Tu non sa Cassandra. Tanto male lui rimasto quando io detto lui che parto. Tanto male lui”.

Scusa, ma allora, giacché non hai un posto dove andare perchè non vai a stare a casa sua, visto che sta tanto male” e mi tolgo il sassolino dalla scarpa per tutte le manipolatrici che mi rompono le tegoline con il loro dubbi.  

"Tu pensa questo Cassandra, anche io pensa questo."

Ogni donna normale pensa questo, solo che tu vuoi alzare il prezzo.

La conversazione cade, la colazione finisce e io passo la giornata pigramente tra sole, piscina e la lettura di "Le avventure di Hackleberry Finn", straordinario romanzo di  di Mark Twain. 

La sera ritorno e la ritrovo nel patio a fumare.  

"Fuma sigaretta Cassandra"

"Ancora qui?"

"Si, io parto domani" annuncia trionfante.
Come diceva mia madre, certe donne ce l'hanno d'oro. 

venerdì 10 agosto 2012

Archeologia dei beni culturali


Dopo aver dribblato con abile mestria la madame Bovary della Transilvania, in una giornata ancora torrida nonostante le nuvole, decido di dedicarmi alla cultura e vado a visitare il sito archeologico di Luni, paese al confine della Liguria ma con lo sguardo verso la Toscana.

Sono le quattro del pomeriggio e a passeggiare tra i resti delle mura erette nel 177 a.c.  dai romani per ingraziarsi la dea Luna dopo una logorante guerra contro i Liguri Apuani, siamo io e un coppia di anziani francesi di stanza a Lerici.

Mentre passeggio tra quel che rimane della città e dei mosaici che hanno impreziosito i grandi ingressi delle ville patrizie e un anfiteatro abbastanza ben conservato piango per la sorte dei beni culturali in Italia.

Le erbacce la fanno da padrone, i pochi pannelli esplicativi sono scritti esclusivamente in italiano, operatori demotivati si rianimano alla vista di coraggiosi visitatori e un senso di desolazione mi opprime il petto.

Penso ai paesi stranieri dove basta un rocco impolverato per creare un polo d'attrazione per turisti di ogni parte del mondo, e questo maledetto paese che ha un terzo del patrimonio modiale, ma non sa valorizzarlo. Ha ragione Settis quando compie una delle più spietate analisi sulla negligenza italiana. 

La prossima volta che mi viene in mente di andare in vacanza in Italia, sparatemi.






mercoledì 8 agosto 2012

Manipolazioni verbali

La vacanza al mare che io immaginavo in assoluta solitudine, si è rivelata una fotocopia della mia vita di città, delle amiche sposate e dello Ieti a corredo, ma targato La Spezia.

E sì che quando ho prenotato il titolare ha giurato sulla propria madre, che a questo punto temo odi profondamente: “No signora ci sono solo francesi e olandesi” e io sono corsa con il miraggio di un otium di rinascimentale memoria.

Invece no. Da oggi orde di italiani caciaroni sono calati dalla pianura padana per uno scampolo di sole. Ed è finita la quiete.

E come se non bastasse la mia vicina di bungalow, una signora romena in attesa di nuova occupazione, mena la giornata in attesa dell'amante. Lo Ieti lavora di giorno e arriva la sera, la chiama ogni tre minuti per controllarla, fa battute grasse.
Lei passa la giornata a girare i petali della margherita – m'ama o non m'ama – e a chiedersi cosa fare. Ma soprattutto a chiederlo a me.

Cassandraaaaa, che devo fare? Vado in Romania o resto con uomo? Tu dà me consiglio”.
Io che non sopporto la somministrazione di consigli preconfezionati, cerco di eludere la domanda e rimango interlocutoria.

Cara, io non dà te consiglio perché tu solo sai che fare”.

La mia vicina, evidentemente non avvezza a tanta saggezza, torna alla carica.

No, Cassandra, io sempre sentire suggestio di persona amica, poi fare di mia testa

Cara, se tu fare di tua testa, perché farmi perdere tempo e fiato per elaborare suggestio?”.

No, Cassandra, tu dare me... come dite voi? Consiglio, io piace sentire amici

Io non so che diavolo vuoi fare, quindi non posso darti un consiglio;  e adesso mi lasci leggere?

E sento che la mia riserva di pazienza sta per esaurirsi.
Dopo qualche minuto di silenzio che mi ha permesso di leggere giusto, giusto tre righe, eccola di nuovo all'attacco.

Tu hai bello pigmento, hai preso colore su gambe, io da più tempo di te al mare, ma bianca. Guarda!

Capisco che è solo uno stratagemma per la prossima imboscata verbale, perciò rimango incollata alla pagina sibilando un “”.

Nuova pausa di pochi minuti e tenta di aprire un nuovo varco.

Cassandra, vuoi frutti. Io sempre mangia frutti quando è caldo. Mela, susina. Mangia. Per te ho comprato”.

Eccola la femmina manipolativa che fa capolino. Anche se ho la bocca riarsa, rifiuto. Lei insiste, io chiudo il libro, sto per pronunciare un verbo, che lei mi sovrasta:

Cassandra, tu che dici, parto? Io parto per Romania. Tutto fatto per miei figli. Ora loro bisogno di me e io parto. No?

Io invece voglio partire per Torino, i 40 afosissimi gradi della città adesso mi sembrano un miraggio.