martedì 24 settembre 2013

Alta pressione e falsa abbronzatura

Nonostante l’alta pressione che ci regala ancora uno scampolino d’estate, il mattino fa un po’ freschetto per indossare la gonna senza calze. Specie se si va in bici. Se si aggiunge la consolidata abitudine di fare vacanze culturali, che so, città e villaggi situati tra Balcani e Carpazi, che arricchiscono la mia interiorità, possono anche migliorare il curriculum, ma di abbronzatura non se ne parla proprio, il gioco è fatto.

Così il mattino mi rimanda gambe ancora piacenti, ma inesorabilmente bianche. E non bastano quei pochi minuti di colazione o di gardeng sul terrazzo di casa mia, sebbene esposto a sud, a donare il colore del miele, ma neanche una scottatura a fasce orizzontali.

Per carità, non si suggerisca l’autoabbronzante, un maledetto fluido che spalmato sulla pelle regala mani da tintore di Fes e sugli abiti disegna stelle e strisce color terra di Siena, rigorosamente indelebili.

Perciò non rimangono che le vecchie e care calze, oggi prodotte in 50 sfumature di oro, che rendono le gambe abbronzate, lisce e addirittura più lunghe. Peccato dover rinunciare al sandalo e/o all’open toe, così di moda nelle mezze stagioni. Sì, perché rinunciare a esibire pedicure impeccabile e smalto rosso cina è un insulto alla vostra estetista, quella laureata in scienze della formazione, con un master in antropologia delle popolazioni migranti e poliglotta anche sulle lingue emergenti, ma che per lavorare ha dovuto seguire un corso regionale di 90 ore sulle applicazioni del fornetto per 37 marche di smalto semipermanente.

E se non altro per questo che occorre  rendere onore al nails decor. Niente paura. Ci ha pensato una nota marca di calze, che per la modica cifra di 6 euro e mezzo, regala alle vostre gambe un incarnato degno di una mulatta pur offrendo agli sguardi interrogativi delle vostre amiche, dita dei piedi libere dalla microfibra.

Sì, sì. Avete capito bene. Stiamo parlando di calze open toe.

Un successone quando le indossate per andare al lavoro in bici. Le donne guardavano stupefatte indicando i piedi, i muratori lanciavano contro il muro la cazzuola per poter fischiare con entrambe le dita, i vigili non riescono  a dirigere il traffico, i semafori impazziscono,  gli uomini alla guida sbirciano sottecchi e le mogli coprono loro gli occhi, creando, tutti insieme, un disordinatissimo ingorgo di cui voi siete l'unica responsabile. E le vostre calze, delle complici.
Il mio ingresso in ufficio è stato salutato da grida di giubilo e sguardi maligni, mentre io gongolavo come una coccinella su un filo d'erba.
Ma tutto questo è durato meno di un’ora.
È bastato il bisogno fisico e una visitina al bagno, uno sgabuzzino in stile ex Ddr  dalle dimensioni lillipuziane che poco si adatta alle mie forme giunoniche, e pure alla mia distrazione, per rompere l'incatesimo. Infatti  mentre armeggiavo sotto la gonna, ecco il maledetto ciondolo che si impiglia bruciando in un attimo la spesa più intelligente che abbia fatto negli ultimi sei mesi.

Così la mia vanità è stata punita, ferendomi nell'orgoglio. E di fronte alla smagliatura che si allargava  a vista d’occhio, non ho potuto fare a meno di sfilarmi i collant e uscire dal cesso con le gambe bianche come due mozzarelle.
Volevo sprofondare.

domenica 1 settembre 2013

Preghiera di un inizio di settembre




Addirittura la crisi ipertensiva ci si è messa per procrastinare il rientro in ufficio. E dopo questa non mi rimante il rapimento dei gruppi separatisti baschi, evento neanche impossibile, viste le mete dei miei viaggi, e poi le ho provate di tutte per non andare a lavorare.

E questo corpicino, attraversato da cotanto senso del dovere, avendo respinto con ineguagliabile veemenza l'assedio della malattia domani mattina mi riporterà in ufficio.

Gesù, dammi la forza di sopportare senza rompere l'occipitale a qualche collega o utente, che oramai sono della stessa forza.

Amen

domenica 11 agosto 2013

Romeno: lingua neolatina

Adesso mi tocca anche imparare il romeno. Appena attraversata la frontiera ecco il primo impatto con questo paese. É vero, ci sono cani randagi ovunque e i cartelli stradali sono imprecisi, perciò dopo aver sbagliato direzione, ritornando nella Bulgaria appena lasciata alle spalle, imboccato una superstrada in opposto senso a quello di marcia, abbiamo prima eseguito il test alcometrico all'autista bulgaro, le cinque birre della sera precedente - e anche due ragazzone che gli hanno tenuto compagnia - potevano aver lasciato un qualche insano residuo.
Poi, verificato che l'alcool non c'entrava niente, attestato che il giovinastro legge solo in cirillico e perciò la segnaletica direzionale rappresenta per lui un vero arcano, prima di consumare l'intero serbatoio, abbiamo proseguito il viaggio per approssimazioni successive.

Il gruppo, per niente scoraggiato dalle difficoltà, anzi galvanizzato da nuove e impreviste sfide, delibera quasi all'unanimità di chiedere a qualcuno.

I passanti si avvicendano sulla strada ignorandoci con regale sussiego. E ogni tentativo di contatto nella variegata lingua anglo bulgaro parlata dall'autista e il capogruppo non sortiscono alcun effetto.

Nell'incertezza si avviano le consultazioni per un nuovo referendum consuntivo sulla strada da imboccare.
Il risultato regala un apprezzabile 3 voti per proseguire 1 per tornare indietro, la solita "fiorellini " che non ha capito e chiede di votare di nuovo, 1 che denuncia brogli, 2 che invocano una nuova legge elettorale, mentre gli altri 8 che si facevano io i cazzi loro durante la democratica votazione, si lagnati per la decisione.

Mentre nelle retrovie del pullman si esercitava la dialettica trascendentale a fini turistici, il capogruppo dal suo avamposto vedeva un uomo dietro la cancellata e lo molestava con le sue richieste in inglese.

Questi, che pur di toglierselo dai coglioni, lascia la vanga e cerca di capire dove vogliamo andare, poi parte con le spiegazioni, in romeno, mentre 15 facce sono attaccate ai finestrini per indovinare cosa dice l'oracolo di Giurgiu.

Al termine della dettagliata spiegazione, che nessuno ha capito, ci si lancia nell'interpretazione autentica. Chi sostiene che bisogna andare dritto e poi girare a destra dopo un incrocio, chi dopo una ferrovia: "ha detto ferreu" ricordando a tutti che il romeno é lingua neolatina e perciò simile all'italiano, io obietto che gli ho visto incrociare i polsi come i carcerati, ma "voleva dire incrocio". Perciò si segue la strada col fiato sospeso aggrappati a un filo di speranza. Così quando compaiono le torrette di guardia gli astanti si lasciano andare in grida di giubilo e pacche sulle spalle, congratulandosi l'un l'altro per aver compreso la spiegazione.

Risultato due ore e mezzo per 94 chilometri che, tra inversioni e cambi di rotta, prima dell'autostrada per Bucarest, sono diventati 221

giovedì 8 agosto 2013

Se mi freghi non vale

Diciamolo. Non si può mica fregare un italiano. Se non altro per l'atavica consuetudine a fottere il prossimo coltivata con lodevole pervicacia negli anni sessanta quando i turisti calavano a frotte nel bel paese e tornavano a casa i mutande dopo un mese sulla costa romagnola o a Roma. Però contenti per aver comprato il Colosseo.

Perciò doveva aspettarsela una qualche violenta reazione l'omino del cambio con botteghino a Nesēbar, delizioso paese sul mar Nero in Bulgaria, che ha pensato bene di esporre un cartello ingannevole per il cambio di euro in moneta locale, e si è trovato di fronte due bruti poliglotti e multiboxing born in Italy.
Invece lui no. Come se niente fosse ha sfidato la sorte.

E la reazione è arrivata sotto forma di urla, minacce e tirate di bavero se non avesse restituito gli euro che aveva sotto il banco e per il quale voleva una stecca del 2 per cento non dichiarata. In un attimo l'atmosfera si è scaldata, ben di più della calura che avvolgeva la cittadina e il poverino si è trovato a sgambettare a 20 centimetri da terra tenuto da un montagna d'uomo di 123 kg, che di solito è un pezzo di pane, ma quando cercano di fotterlo si arrabbia molto. Io, quando ho visto la mala parata, mi sono ricordata di aver trascorso la mia adolescenza a Mirafiori e mi sono buttata nella mischia, tanto per cissare la marmaglia, mentre il biellese gli sventolava un pugno chiuso sulla faccia e il compagno di Bolzano lo chiamava ladro, che in tedesco suona molto più dispregiativo. O quasi. Fuori gli altri aspettavano e stigmatizzavano l'accaduto, mentre alcuni, come sempre non si sono accorti di nulla. Tra costoro spiccava gonnellino a fiori, che  in stato di totale estraneità, chiedeva a perché fossimo ancora lì.

Adesso volete sapere qual é il cambiavalute incriminato? Quello che si affaccia sulla destra della porta centrale.