martedì 23 settembre 2014

Equinozio d'autunno: meno male che me lo avete ricordato


colori autunnali in un bosco

Era rimasta sepolta nella mia mente, dove autorevoli studiosi giurano "nulla si perde", anche se non sarei in grado più in grado di illustrarne in dettaglio i fondamenti. Già, perché la spiegazione scientifica dell'equinozio d'autunno  me la ricordo dai tempi del liceo, quando l'ho studiata in una materia denominata genericamente "geografia astronomica", disciplina che spaziava dai moti tellurici fino allo studio della volta terrestre e dei moti di rivoluzione e rotazione della Terra con calcoli sessagesimali che non saprei più ripetere, ammesso che ne sia mai stata capace.

Alle menti più distratte oggi basta un doodle di Google per inaugurare ufficialmente l'autunno mentre gli esserini più curiosi di un bradipo potranno approfondire l'argomento semplicemente cliccandoci sopra o andando a zonzo per il web.
Facile, veloce ed effimero. Infatti della approfondita spiegazione del fenomeno non rimarrà persistenza alcuna fino al prossimo equinozio, quello di primavera, dove si ritornerà  a parlare di moto di rivoluzione che niente ha a che vedere con l'insurrezione delle masse, quanto un simpatico giretto ellittico del nostro pianeta intorno al Sole.

Così con le nuove tecnologie io mi perdo quell'aria da saputa, e anche un po' antipatica, che ha sempre accompagnato l'esposizione orale del mio sapere enciclopedico, atteggiamento che riconosco in questo post.
Grazie per avermi letto.

giovedì 18 settembre 2014

Ciao magre: a 50 anni si ingrassa di meno



Sarò magra.

O meglio: non ingrasserò più con pervicace costanza come in passato. Me lo annunciano in pompa magna i ricercatori  svedesi, i quali, dopo anni di studio e indagini su oltre 21mila cristiani, sono arrivati alla conclusione che ogni donna aspetta per una vita: dopo i 50 anni si ingrassa di meno.

La notizia arriva  dall'autorevolissimo Sole24ore  Salute. E io ci credo.

Certo, non è che basti aver superare il mezzo secolo per vedere assottigliarsi glutei, polpacci e fianchi, bisogna fare anche un po' di ginnastica, preferire frutta e verdura, ridurre grassi e dolci, dormire bene e a lungo, evitare gli stress e tutti gli altri suggerimenti che il buon senso suggerisce e i giornaletti di moda riportano per il lettori più zucconi. Insomma: niente di nuovo sotto il sole.

Allora cosa hanno scoperto gli autorevolissimi  ricercatori svedesi?
Semplice: che sei sei arrivato sano a 50 anni sano e salvo godrai di una impercettibile differenza rispetto al passato nella tendenza alla pinguedine. Quindi anziché conquistare un chilo all'anno, che per 20 anni fanno 20 chilogrammi al netto di vestiti e scarpe, si può sperare in uno sconto di 20 grammetti per ciascuno chilo.
Fanno sempre un etto in meno ogni cinque anni e mezzo chilo in 25!

Così se si escludono il mal di schiena costante, l'obbligo di lenti per leggere il giornale, la frequentazione assidua dal parrucchiere per coprire la chioma bianca, qualche carenza di memoria e la pelle avvizzita, sono a posto e alle prossime vacanze potrò sfoggiare un fisico da  pin up e diventare miss Tardona 2015.

martedì 16 settembre 2014

Scaramucce all'Urp


Se la mamma degli sciocchi è sempre incinta, quella degli stronzi fa parti plurigemellari e omozigoti. 

Perciò al collega che ciclicamente accusa l'Urp di ogni nefandezza commessa dagli utenti,  l'Urp, anziché dilungarsi in una serie di spiegazioni circa le funzioni dell'ufficio relazioni con il pubblico, l'analisi dei rapporti con l'utenza, la valutazione dei servizi offerti dall'ente e altre amenità di questo tipo buone giusto, giusto  per i seminari sulla gestione dei conflitti negli ambienti di lavoro, l'Urp appunto seppellisce il collega astioso con una tonnellata di ironia. 

Non si otterrà comunque niente, ma ci si guadagna in buonumore. E scusate se è poco. 

L'occasione è arrivata oggi, mentre ero impegnata in una delle attività più noiose del mondo: la transumanza delle giustificazioni aziendali sui pascoli degli utenti, attività che richiede una guida  ferrea per evitare la fuga di supercazzole tanto diffuse nel nostro ambiente. 

Il mio computer si illumina per l'arrivo di una e mail dal collaborativo collega che così recita: 


"È già il quarto utente stamattina che, mandato dall’URP, chiede agli sportelli (disturbando l’utenza che stiamo servendo) di fissare appuntamento.
Per cortesia verificare la veridicità di quanto dagli utenti asserito, e se del caso, comunicare di telefonare o prendere la lettera “A” se ancora disponibile" 
Manco un saluto e firma. 

Mi si arricciano i denti per gli anacoluti mentre il corpo freme per il tono supponente e, sebbene desideri riempirgli la bocca di vermi antropofagi, mi attengo all'etichetta e gli rispondo con garbo. 
Ecco il testo. 


È garantito. Nessuno ha mai invitato gli utenti ad andare agli sportelli  per prenotare un appuntamento. All’Urp si spiega la procedura, e cioè che occorre telefonare, poi si forniscono foglietti prestampati con le indicazioni per fissare un  appuntamento -  sugli stessi foglietti sono elencate le pratiche che si possono espletare su appuntamento, infine ribadisce che gli appuntamenti si prendono al telefono.

Ma l’utente medio, ovviamente, ci prova e domanda serafico:

Ma se vado agli sportelli mi dovranno dare un appuntamento, o no?

Allora le colleghe dell’Urp diffidano verbalmente l’utente dal presentarsi nuovamente agli sportelli e ripetono daccapo la procedura in dettaglio declinando la casistica al completo. 

L’utente medio ascolta con attenzione, conferma di aver capito e garantisce che telefonerà, gira le spalle come se tutto fosse chiaro e sulla porta, colto da improvviso raptus viene attirato da un megamagnete, evidentemente posizionato al centro del "salone al pubblico",  che gli procura disorientamento spazio-temporale,  perdita della memoria  e stati di allucinazione cancellando ogni informazione appena ricevuta all’Urp: potere della fisica.


 A quel punto se ne perdono le tracce e soprattutto il potere persuasivo delle urpiste si affievolisce in un amen.  

In sintesi: se gli utenti vengono allo sportello dicendo bugie non possiamo farci niente.
Ma sia chiaro: non è dall’Urp che li si invita ad andare allo sportello per chiedere un appuntamento.
Grazie per aver offerto l’ennesima opportunità per spiegare il difficilissimo lavoro che si svolge all’Urp.
Un caro saluto.
Cassandra Cassandrini

Obiezione del capo che aveva ricevuto per conoscenza l'email 
"Come mai non usate quel foglio che avevo fatto fare apposta per questi casi?"

Allora con santa pazienza riprendo il daccapo e da vera burocrate chioso: 

Nella narrazione del dialogo con l’utente  per errore è stata omessa un’azione eseguita dalle colleghe dell’Urp che riporto immediatamente. Me ne scuso con i destinatari e con i colleghi: 
  
Quindi dopo la riga 4 occorre aggiungere:

In ogni caso, visto che l’utente si è presentato di persona, gli si consegna un modulo prestampato affinchè possa chiedere l’agognato appuntamento, magnificando i vantaggi di un servizio modulato sulle esigenze del pubblico e giurando su parenti stretti che saranno richiamati.
A questo punto l’utente medio prende il modulo e, tranne pochissimi casi di " diligenza civica" che si risolvono con una compilazione manuale e riconsegna della richiesta, in linea di massima ci sputano sopra lasciando un escreato dalle variopinte venature, bestemmiano Dio e i parenti, poi lo appallottolano per aumentarne il peso specifico e la lanciano contro la zelante Urpista che ha proposto  una soluzione così semplice.
I meno temerari lo gettano semplicemente nel cestino.
La narrazione riprende dalla  riga 5
Grazie ancora
Cassandra Cassandrini 

sabato 30 agosto 2014

Raccolta differenziata: le sorprese del "clean day"

Sarò banale, ma il sabato lo dedico alle faccende domestiche respingendo sdegnosamente al mittente i plurimi inviti a mostre, incontri, dibattiti e party di fine stagione.

In sintesi mi piace farmi gli affarucci miei in santa pace e ripulire il minuscolo attico dove vivo dalle nefandezze accumulate nel corso degli anni. Come sia possibile che in quaranta metri quadrati  ci stia tutta questa mercanzia è un'incognita da Nobel. E potrebbero essere necessari molti anni prima che qualcuno lo vinca, perciò, direttamente dal passato, mi dedico alla raffinata arte del repulisti.

E questo sabato è toccato a due cuscini, acquistati moltissimi anni fa nello store Ikea per quattro soldi, colpevoli di avermi "sturzellato" il collo e perciò  finiti nel fondo di un armadio.

Ora, non volendo infliggere a nessun altro una simile pena, ho modestamente deliberato di buttarli via. Certo un anno fa sarebbe bastato scucire la federa, ridurre la supersintetica imbottitura in minuscoli pezzetti con le cesoie da giardiniere, mettere il tutto in un sacchetto della spazzatura e accompagnare i pietosi resti nel bidone della spazzatura. Peccato che la mia ossessione classificatrice, la vocazione ambientalista e pure il Comune, con la raccolta differenziata porta a porta, ci abbiano messo lo zampino costringendomi a fare i conti con la differenziazione dei rifiuti solidi urbani.

Uhhhhh! E dove lo conferisco il cuscino?

Perciò ho consultato avidamente il rifiutologo, la bibbia del perfetto cittadino, quello che ogni sindaco del sud Europa vorrebbe come elettore, alla ricerca del sito perfetto per depositare  un quarto di metro cubo di imbottitura: ma  non ho trovato risposta.

Ho scorso diligentemente il dettagliatissimo elenco senza trovare la voce "cuscino", quindi sono passata alla voce "imbottitura" anche nella sua declinazione plurale, ma anche in questo caso non ho individuato alcunché. Allora sono ho deciso di passare alla nomenclatura del "letto", che in prima battuta me lo passava come rifiuto ingombrante e dovevo chiamare il servizio di "prelievo a domicilio". Beh, scomodare un camion per due cuscini mi sembrava uno spreco di soldi pubblici. Allora ho cercato la voce "lenzuola" e anche in questo caso nisba, l'occhio mi è poi caduto sulle successive "lettiere per animali" e "lettiere compostabili" che non facevano  propriamente il caso mio. Ho tralasciato anche "libri"  e "lische" e con la lettera "L" avevo terminato. Quindi ho indirizzato lo sguardo speranzoso alla voce "coperta", buttata lì tra "coperchi di yogurt in carta stagnola" e "cosmetici vari" i quali, sia detto per inciso pedagogico, vanno gli uni nel "vetro e lattine" e gli altri nell'indifferenziata. Le coperte, invece vanno nel "tessile".

Ed ancora al punto di partenza.

Quindi non avendo capito ancora dove buttare questi maledetti cuscini, e il tempo trascorreva inesorabile, temendo di sprecare un'altra mezz'oretta di una sabato pomeriggio qualunque,  ho assunto la determinazione di portarli all'ecocentro, luogo ameno dove i rifiuti di ogni tipo, dall'abecedario del nonno sopravvissuto a quattordici traslochi alla zappa monca che ha conosciuto ben altri splendori, trovano la loro ultima collocazione, e forse anche una nuova vita.

Così con la morte nel cuore ho caricato sulla mia fantastica Aygo i due negletti per accompagnarli nel loro ultimo viaggio.

Sopraggiunta all'ecocentro chiedo lumi su dove conferire i cuscini a due signore gentilissime, probabilmente per gli effetti della nicotina combusta,  che mi indicano il bidone dell'indifferenziata, un container dalle dimensioni di un rimorchio di un Tir con apertura superiore.

Ho cercato disperatamente una balestra per lanciare il materiale all'interno senza alcun risultato, così   le due sempre gentilissime signore mi hanno indicato una scala per realizzare l'improba impresa.

Quale spettacolo mi si è parato davanti non appena mi sono affacciata al ciglio del cassone! Si butta proprio di tutto. Giacevano senza soluzione di continuità teste di bambole separate dal corpo, residui di scaffali di ignota manifattura, pezzi legno, metallo e altri materiali non identificabili, l'intera collezione in cassette del corso di francese proposto da Repubblica negli anni '90 e che ha migliorato i rapporti con i cugini d'oltralpe, persino un'intera dispensa di sottaceti, presumo scaduti, tutti in barattolo di vetro, che a rigor di differenziata bisognava svuotare il contenuto e  dopo averlo sgocciolato, gettarlo nell'umido, mentre i barattolini, a seguito di accurato lavaggio, erano destinati al "vetro e lattine". Mi è rimasto qualche dubbio sui coperchi. Ma nessuno è perfetto.