martedì 3 maggio 2011

Pasqua di destabilizzazione

Ma cosa avranno da piangere i protagonisti di una nota pubblicità di crociere una volta tornati a casa? Dovrebbero essere felici di aver ritrovato pace e silenzio dopo giorni di spettaccoli a ciclo continuo, corsi di ballo per legni, piscine di quattro metri profonde uno invase da bambini vocianti e buffet dalle sette del mattino fino a notte inoltrata. Solo un provvidenziale mal di testa mi ha risparmiato en plein di cibo e tre chili di adipe sulle cosce

Non c'è pace in una crociera, nemmeno chiusi nella camera perchè l'assistente di cabina viene bussare alla tua porta  almeno quattro volte al giorno per i motivi più svariati.  Dal programma per il giorno dopo, alla consegna della rassegna stampa più generica che si possa immaginare. Per non parlare delle pulizie, ti cambiano gli asciugamani appena usati. Tanto per non inquinare.

Così ho trascorso la mia settimana di Pasqua, nel più consumistico dei pacchetti vacanze, con buona pace degli operatori turistici che vedono aumentare i propri clienti.

Infinite le curiosità: personale di servizio prevelentemente filippino, cameriere con scarpe dotate di una zeppa piatta - ma come faranno a stare in piedi tutto il giorno - turisti di tutte le età che vagolano nei ristoranti coperti dal telospugna della piscina e annunci di nuove attività diramanti su tutta la nave.

No. Non è la mia vacanza.

E come se non bastasse ti lasciano il conto della carta di credito nella cassetta fuori porta, alla portata di chiunque voglia leggerselo. A Pizzetti (l'attuale Garante della privacy n.d.r.)  verrebbe un infarto, se lo sapesse.

Il pubblico parla solo di crociere e di navi da crociera, sono tutti esperti, come nel calcio: c'è sempre qualcuno che garantisce la coppa del mondo, se solo gli facessero allenare la nazionale italiana.

Una nota di merito al personale di intrattenimento: proprio bravi. Deve essere veramente dura cantare per ore e far divertire il pubblico in cinque lingue. Auguro a loro una fulgida carriera. D'altronde qualcuno è diventato poi presidente del consiglio.

lunedì 2 maggio 2011

Tre uomini e una bara 2

Il mio ultimo post ha suscitato il commento velenoso di un anonimo lettore. Non l'ho cancellato perchè credo nella libertà di parola, anche se formalizzata in modo anonimo. Ciascuno si qualifica per quello che fa.
Tuttavia ringrazio Shunrei e Autistaxcaso per la solidarietà. 
La morte è sempre un tema ammantato da una sacralità che la rende inviolabile.  Vietato scherzarci su. La nostra cultura ha ritualizzato la morte per sopportare lo stupore della finitezza umana. E allora via con i funerali, le omelie e i cimiteri, dove "si riposa in pace".
Ma non solo.
Tutti vogliono morire a casa, circondati da parenti e amici, certi che possa essere più dolce il momento del trapasso. Persino la badante ti rassicura dicendoti di aver tenuto la mano al tuo congiunto mentre spirava. Pure il cinema tiene alto l'epos della fine con confessioni dell'ultimo minuto che durano un quarto d'ora, se non addirittura  scritte su una foglio.  E risparmio qui tutta la letteratura sull'argomento e di conversioni che hanno fatto guadagnare almeno il Purgatorio a qualche famoso personaggio.
Ma la verità è un'altra. Con l'approssimarsi della fine si desidera solo risparmiare le forze e avere ancora un po' di ossigeno. L'attività cerebrale è tutta concentrata sulle funzioni vitali: il respiro.
Tutto il resto è retorica per i vivi.
Io, per me, sogno di morire dietro i paravento di un ospedale con un medico pietoso che mi somministra morfina contro l'eventuale dolore e lontano da chi mi garantisce che "andrà tutto bene" o che mi respira ansiosamente addosso.
Il dopo non sarà più un mio problema.
Poco poetico? Forse. Ma reale.

P.S. Per Autistaxcaso: forse hai ragione; chi ha lasciato quel commento forse mi conosce.

venerdì 22 aprile 2011

Tre uomini e una bara


Certo che le studiano proprio tutte per scappare dalla Tunisia e farsi accogliere Italia. Alla faccia del governatore leghista che ha detto no ad accogliere i profughi extracomunitari. Stavolta il mezzo è un po’ claustrofobico, ma l’approdo è garantito. E, soprattutto, gratuito. Altro che 2mila euro a cranio per la traversata del Mediterraneo in balia delle onde e scafisti poco raccomandabili col rischio di sfracellarsi sugli scogli di Lampedusa. Per loro viaggio in prima classe con volo di linea e cerimoniale delle grandi occasioni.
A dirla tutta, la libertà si è fatta attendere non poco, ma le soddisfazioni non sono mancate. Partiti da Tunisi nel 1970, tutti e tre stipati in una sola cassa da morto in cedro del Libano – il migliore per questo tipo di involucro – appena atterrati sono stati immediatamente tumulati nel Cimitero monumentale di Torino, quello che sta  in centro, di fronte a familiari vestiti a lutto e tanti fazzoletti ad asciugare le lacrime per il rinnovato dolore.
Ma se  il tempo è galantuomo,  la  burocrazia no.
Così allo scadere dei 40 anni il Comune di Torino chiama i familiari per sapere cosa fare di quella bara gelosamente conservata nel camposanto dei fighi.
Rapida consultazione tra i parenti, valutazione dei costi per l’acquisto di altri quarant’anni di pietra e sovraffollamento delle cappelle di famiglia. La scelta è obbligata, si vada per l’esumazione e “se la fortuna ci assiste - avranno pensato gli affranti parenti – ‘ste quattro ossa le buttiamo nell’ossario dove qualche vecchia andrà a portare qualche fiore di plastica".

Ma durante le operazioni di esumazione tre scheletri, ben conservati hanno fatto marameo agli astanti confermando quello che tutti quelli dotati di saggezza predicano sempre: la pazienza è la virtù dei forti. Perciò tre cadaveri privi di permesso di soggiorno, anche perché italianissimi sebbene di Tunisi, hanno ottenuto il legittimo rimpatrio.

Adesso è guerra aperta da sindaco di Torino incazzato per l’affronto a 20 giorni dalle elezioni amministrative e presidente della Regione che proprio non si aspettava di essere gabbato in questo modo da tre meridionali.
Agli eredi, invece  l’incombenza di pagare il viaggio di altre due salme emigrate a sbafo, mentre in questi giorni ne arrivano a centinaia, tutte accolte a spese dello Stato. L’ennesimo esempio di sperequazione.

giovedì 21 aprile 2011

Scarto di dizione

Un’altra emergenza ha colpito due delle tre urpiste di stanza all’Urp.
Una è andata a un corso di formazione sulla comunicazione empatica, la seconda ha dovuto liberare la capigliatura della figlia infestata da pidocchi e lendini guadagnati all’asilo - dai giorni di mutua dichiarati credo che li aiuti a fare le valigie uno per uno -  la terza è a grave rischio burnout, perciò mi sono accomodata davanti al grande schermo dello sportello Urp.

Bip I 47

"Buongiorno, mi chiami la signora Pinco"
"Ha un appuntamento a quest’ora?"
"Veramente ce l’avevo alle 11, ma le ho telefonato dicendo che avrei tardato"
"E la signora Pinco le ha confermato l’appuntamento a quest’ora? Sa, fino alle 14.00 gli uffici sono in pausa pranzo e ora sono le 13.10"
"No. Sono arrivato adesso. Lei me la chiami"
"Mi perdoni la signora Pinco è a pranzo e perciò, come Le ho detto prima deve aspettare le 14.00
Poi deve andare all’ingresso, farsi compilare un p…"
"Noooooooo! Quel signore all’ingresso non può controllare la mia vita e voler  sapere tutto di me! Io, con quel meridionale non parlo".
Bava alla bocca e sangue nelle sclere degli occhi completano assertività della dichiarazione

Intanto mi viene in mente che uno dei signori della portineria  ha un accento marcatamente meridionale, ma credevo che di questi tempi la lotta fosse contro gli extracomunitari.
Mi ripropongo di fargli seguire un corso di dizione alla Famija Turinèisa a spese dell’azienda. Tuttavia devo punire il trucido perciò, con grandi sorrisi gli chiedo carta d’identità,  gli preparo il pass e lo spedisco nelle terre del Sud aspettare il suo turno fino alle 14.
Soddisfatta, esco per comprare mandolino e abito di Pulcinella per il prossimo servizio.

mercoledì 20 aprile 2011

L’isola dei morosi

Debitori indolenti, attenzione. Vi aspetta l’isola dei morosi, il girone dedicato agli utenti affetti da dimenticanza diuturna o intermittente o, più semplicemnte, con  qualche bolletta ancora in sospeso.
La Pa si arma e corre ai ripari. E per osteggiare l’inveterata abitudine di saltare qualche pagamento ha messo in campo una squadra specializzata  nel recupero di utenti con licenza di evadere.
Il meccanismo è semplice, ma efficace.

Si esaminano i profili degli utenti, si guardano le bollette non pagate e si procede con la selezione dei morosi. Un lavoro certosino esercitato alacremente da una task force selezionata esclusivamente su criteri professionali: che so, esuli da altri servizi non graditi all’amministrazione, campioni del procedimento disciplinare non altrimenti collocabili, tempi determinati  rotti  a qualsiasi lavoro per un tozzo di pane. Tutti adeguatamente formati per un approccio contemporaneamente rassicurante e prescrittivo.

Il progetto è stato implementato con accuratezza certosina, ma suscettibile a miglioramenti e innovazioni. Cinque punti programmatici che attendono ancora il via libera del direttore, che non tarderà.
Poi occorre la stesura di un regolamento attuativo, la redazione di note esplicative, una procedura di qualità, la verifica sul campo, i correttivi e le segnalazioni di difformità e la revisione della procedura.

Tempo di attuazione: 82 anni