giovedì 28 luglio 2011

E se domani

E se domani il giudice del lavoro sentenziasse che si può? E se l'articolo 52 del decreto legislativo 165 del 2001 mi coprisse di pioggia burocratica? E se l'orientamento politico valesse più di anni di lavoro?  

Allora scriverei sui muri della mia coscienza lo stupore della sconfitta, raccoglierei i limoni del mio terrazzo per rendere meno aspro il sapore della sentenza e mi cucirei un vestito di bestemmie perchè tutti possano indovinare la mia rabbia. Infine prenderei una valigia per metterci dentro le poche idee che ancora mi confortano e me andrei.

A cercare nuovi amori e antiche passioni che rendano tollerabile la diuturna attesa della rivalsa.

venerdì 17 giugno 2011

Brunetta e precari nella Pa: ma chi sono e cosa fanno 2

Rispondono al telefono degli infiniti numeri verdi istituiti dalle Pubbliche Amminstrazioni, Vi forniscono informazioni agli sportelli, passano sotto lo scanner i vostri 730, oppure scrivono comunicati stampa sui siti, ma non mancano squadre di verniciatori dei cancelli delle scuole,  addetti alle pulizie negli uffici pubblici, biologi che analizzano il vostro sangue o infermieri - prevalentemente stranieri - che fanno prelievi di sangue o somministrano terapie in ospedali pubblici.
E l'elenco potrebbe continuare. Tutti con le stigmate del precariato.

Entrano in ufficio come me, ma  non timbrano il cartellino,  mangiano come me, ma non hanno diritto alla mensa, si ammalano come me, ma non hanno mutua,  lavorano come me, ma non conoscono  un aumento di stipendio, invecchiano come me, ma non avranno una pensione pari alla mia, lavorano come me, ma ma si prendono il 20 per cento in meno.  Sono i paria del nuovo millennio.

A loro è vietato fare un mutuo o affittare una casa, comprare una macchina a rate o più semplicemente fare un figlio.

Ditemi che lavoro fate e il tipo di amministrazione per la quale lavorate: questo blog è aperto a chi desidera arricchire la lista della vergongna.

Brunetta e precari nella Pa: ma chi sono e cosa fanno

Forse non tutti sanno che da alcuni anni la Pubblica Amministrazione, Comuni, Province, Regioni, ma anche Ministeri e ospedali - sì signori, pure negli ospedali - alcuni servizi, anche fondamentali, si reggono su precariato.
Sia chiaro, il fenomeno non è nuovo. Se interrogate qualche impiegato Vi dirà che è passato dalle forche caudine del "tempo determinato" oppure che è entrato come "avventizio".

Niente di nuovo sotto il sole, dunque.

Non è proprio così. Facciamo qualche passo indietro. Di molti anni.

Erano gli anni Settanta, l'Italia viveva anni bui, l'inflazione correva al 17 per cento, cortei in piazza e scioperi a cadenza settimanale e le P38 colpivano alle gambe. Per far fronte alla dilagante disoccupazione giovanile venne istituita la legge speciale giovani: in sintesi le pubbliche amministrazioni assorbirono una gran numero di giovani, tutti con contratti a termine di tre o sei mesi e qualifiche basse. Ci fu un'infornata di bidelli con licenza liceale, coadiutori amministrativi alle soglie della laurea e postini reduci dall'esame di maturità.

Il meccanismo era semplice e garantista. Dopo qualche rinnovo di contratto si arrivava al concorso riservato e alla stabilizzazione. Posto fisso e stipendio assicurato. Dalle Poste alle Ferrovie dello Stato, con ancora convertiti al capitalismo delle SpA, migliaia di persone si sono assicurate lavoro e futuro dignitoso.

Ma il mondo cambiava veloce  e ci voleva tutti flessibili. I lacci della stabilità imbrigliavano un mercato in continua evoluzione e, dopo la grande abbuffata degli anni Ottanta, quando se non eri un agente di borsa o una Pr, non eri nessuno, le imprese reclamavano flessibilità in nome di un dinamismo e in cambio di crescita economica e ricchezza senza fine.

Ci hanno creduto tutti. Anche Treu, ministro del lavoro nei governi Dini e Prodi, che ha varato il pacchetto di riforme sul lavoro interinale, prima vietato in Italia, ma molto diffuso nei paesi anglossassoni, e altre misure. Era il '97 e queste leggi si applicavano solo al lavoro privato.

Ma nel decreto legislativo 29 del '93 si iniziava a parlare di privatizzazione del  pubblico impiego, rinviando per esempio al Giudice ordinario le cause di lavoro in precedenza dibattute nei sileziosi tribunali amministrativi. E si fissavano i paletti per le grandi riforme sull'occupazione. 
Basta con l'impiego a vita. I vento del cambiamento soffiava forte sul mondo del lavoro e Biagi, quello ucciso dalle Brigate Rosse, lo ha alimentato inserendo nuove tipologie contrattuali, i famosi contratto a progetto. Obiettivo della riforma: contrastare la disoccupazione. Era il 2003

Come sia possibile da buone intenzioni arrivare all'inferno del precariato, non è dato saperlo.
Ma a meno di 10 anni di distanza, il risultato è un  sconfortante aumento non solo del numero dei precari, ma soprattuto dei tempi di precariato. E senza speranza. Altro che due o tre contratti da avventizi, prima del concorso. Nella Pa c'è gente che fa il Co.co.co, il Co.co.pro, l'interinale anche per 10 anni senza alcuna speranza  e lo fa accanto al collega strutturato e garantito facendo lo stesso lavoro, ma a prezzo molto più basso.
Certo è l'Italia peggiore, perchè è il peggio che può dare l'Italia fondata sul lavoro. Sottopagato.
(I continua)

mercoledì 15 giugno 2011

Precari della Pa: Brunetta li ignora


Il giustiziere della Funzione pubblica ha colpito ancora. Lo ha fatto ieri a Roma al convegno sull'Innovazione nella Pa di fronte alla platea accorsa per rendere omaggio al ministro censore.

Perciò, memore dell'impegno verso il pubblico, che ha sempre il diritto di essere ascoltato quando arriva allo sportello, il ministro ha dato prova di come ci si debba comportare con l'utente medio.

Così alla precaria salita sul palco dei relatori è bastato dichiare l'appartenenza alla "rete dei precari della Pa" per far scattare nel rappresentante del governo un moto di stizza che lo ha costretto a lasciare immediatamnte l'aula.

A nulla sono valse le proteste di altri precari, nè il tentativo di fermare la macchina nella quale il giustiziere si era rifiugiato, il ministro ha lasciato il palazzo in tutta fretta lasciando il pubblico basito.

Il video dell'accaduto lo si trova sul sito di Repubblica
Signor Ministro, ma Lei la faccia non ce la mette mai?

mercoledì 25 maggio 2011

Anche oggi

Anche oggi.
Dopo qualche mese di Zoloft - 50mg/die- mi ero guadagnata un po' di stabilità emotiva.
Ma quando le lacrime mi hanno sorpreso sulla strada per l'ufficio, non è bastato ricordare il profumo di gelsomino sul mio terrazzo o i minuscoli limoni che cospargono la chioma del mio alberello.
Ho avuto di nuovo paura.
Mi sono seduta sul marciapiede tenedo la bici con le mani. I sandali mi stringevano i piedi e volevo solo tornare a casa, liberarmi dai vestiti, alzare le lenzuola e dormire.

Sono stata così qualche minuto, incapace di risolvermi, con il sole che illuminava strada e automobili.
Poi in silenzio e con gli occhi ancora umidi ho ripreso il cammino verso l'ufficio. E ho chiamato l'avvocato

mercoledì 18 maggio 2011

Libro e caffè: inusuale bookcrossing di metà settimana

Una deliziosa sorpresa ha illuminato al mia giornata inaugurata da un terribile mal di testa. Appunto.
Dopo aver fatto un giro dal medico per il rifornimento dell'unico farmaco che mi libera dal male, entro in un bar vicino al suo studio per un sorsetto d'acqua che mi aiuti a buttar giù la pillola che zittisce i recettori del mal di testa.
Il posto non è male: arredamento curato, ma non freddo, caffè di ottima qualità, bagno pulito - non è così usuale come si potrebbe credere -  e su un tavolino, piramidi di libri usati.
C'è di tutto, dall'Idiota di Dostoevskij a Simenon.
????

Non mi tengo una curiosità manco se mi pagano a chiedo lumi al barman.

"Scusi, quei libri servono agli avventori che si fermano a lungo nel bar?"
"No. Sono per gli scambi"
"Davvero? Bookcrossing...."
"Sì. Chieda a Francesca"

Allora la dico proprio tutta con nomi e cognomi perchè un'iniziativa così merita che se ne parli. Perchè son tutti bravi a scendere in piazza per l'evento da pubblicità, ma poi la vita quotidiana ci schiaccia sulle nostre abitudini.

Così Francesca del bar Master, di  via Boston 30 a Torino, quartiere Santa Rita, mi racconta di avere avuto questa idea e di averne parlato con la vicina di negozio, la libreria Gulliver, per farsi aiutare. E siccome questi della Gulliver li conosco e sono proprio bravi, non proprio dei dilettanti, allora sono impazzita.

Perciò ho scritto questo post perchè tutti possano partecipare a questa manifestazione semplice, semplice che lascia agli altri le grandi parole e agisce mettendo i libri a disposizione dei suoi frequntatori.

Perciò, torinesi e residenti dei comuni limitrofi, prendete un libro da casa, andate al Master, godetevi un buon caffè, ma anche il cappuccino è giustamente cremoso, lasciate il vostro libro e sceglietene un altro.

E se non Vi bastasse, passate da Gulliver, sempre via Boston angono via Tripoli, e compratene un altro. Fatevi pure aiutare da Rossella che sa il fatto suo. Hanno anche una bella collezione di guide turistiche.

venerdì 13 maggio 2011

Preghiera del venerdì

Dio maledica gli Urp, urpisti e assimilati, gli sportelli, gli utenti e loro parenti dell'“ultimo minuto”,  i politici e i loro lacchè, ma soprattutto Dio maledica virus, vibrioni,  parassiti intestinali e gli effetti, provocati o simulati, il mal di testa con aura e senz’aura e pure quello a grappolo.

Dio maledica anche il giustiziere della funzione pubblica che con il suo blocco degli aumenti contrattuali ha incarognito tutta la categoria senza alcun risparmio sulla spesa pubblica.

E così sia.

Sì, perché alle 8 e 25 di questa mattina mi raggiunge l’ufficio personale per informarmi della desolazione dell’Urp. Io ero immersa nella lettura della cronaca cittadina alla ricerca di qualche sconfortante notizia sul dibattito elettorale e nulla presagiva una giornata ad affrontare utenti.
Invece no.

Così ho inghiottito il tramezzino al prosciutto, ho succhiato con la cannuccia il cappuccino bollente, aspirato a vortice la sigaretta di buon auguro e passato il cartellino nel lettore ottico di prossimità. Poi mi sono fiondata all’Urp dove in numero di 27, gli  utenti aspettavano battendo l’indice sull’orologio in chiaro segno di rimprovero per il ritardo.

Dopo le scuse di rito, i sorrisi remissivi e le promesse rassicuranti apro lo sportello. Intanto i presenti si attaccano al vetro con le mani e mi chiedono almeno sette cose diverse. Invoco la privacy e li disperdo per il salone.

Poi chiamo il primo della coda.
Bip!  I 1
Si presenta  A 23  che ha saltato 22 persone e ha pure toppato sportello. Mi chiede compilargli il modulo per un contributo.
Gesù! Inizio con i respingimenti "categoria leggeri" (con modi gentili si indirizza l'attenzione su un altro problema).

Scusi non posso, sono da sola allo sportello
"E già, a me questo foglio chi me lo scrive?"
"Nessuno può aiutarla, che so,  un figlio, un nipote..."
"No, non ho figli e mia moglie è invalida"
Ma non ha un'assistente sociale?
"Si, ma è in ferie da due mesi".

Avranno riscritto lo statuto dei lavoratori e io non sono stata informata. Poi rilevo che tra gli astanti nessuno si lamenta del salto di coda di A 23.
Molto sospetto. La prendo alla larga.

"La prego, si accomodi a quel tavolo e inizi scrivere, poi io controllo il modulo"
“Ma io sono invalido”
"Alle mani?"
"No, sono cieco"

Il pubblico mi guarda con mezzo sorriso e il sopracciglio alzato.
Sorrido,  mi scuso, imbraccio la penna e spargo inchiostro sulla carta formato A4.

Dio salvi la regina dell'Urp.

martedì 3 maggio 2011

Pasqua di destabilizzazione

Ma cosa avranno da piangere i protagonisti di una nota pubblicità di crociere una volta tornati a casa? Dovrebbero essere felici di aver ritrovato pace e silenzio dopo giorni di spettaccoli a ciclo continuo, corsi di ballo per legni, piscine di quattro metri profonde uno invase da bambini vocianti e buffet dalle sette del mattino fino a notte inoltrata. Solo un provvidenziale mal di testa mi ha risparmiato en plein di cibo e tre chili di adipe sulle cosce

Non c'è pace in una crociera, nemmeno chiusi nella camera perchè l'assistente di cabina viene bussare alla tua porta  almeno quattro volte al giorno per i motivi più svariati.  Dal programma per il giorno dopo, alla consegna della rassegna stampa più generica che si possa immaginare. Per non parlare delle pulizie, ti cambiano gli asciugamani appena usati. Tanto per non inquinare.

Così ho trascorso la mia settimana di Pasqua, nel più consumistico dei pacchetti vacanze, con buona pace degli operatori turistici che vedono aumentare i propri clienti.

Infinite le curiosità: personale di servizio prevelentemente filippino, cameriere con scarpe dotate di una zeppa piatta - ma come faranno a stare in piedi tutto il giorno - turisti di tutte le età che vagolano nei ristoranti coperti dal telospugna della piscina e annunci di nuove attività diramanti su tutta la nave.

No. Non è la mia vacanza.

E come se non bastasse ti lasciano il conto della carta di credito nella cassetta fuori porta, alla portata di chiunque voglia leggerselo. A Pizzetti (l'attuale Garante della privacy n.d.r.)  verrebbe un infarto, se lo sapesse.

Il pubblico parla solo di crociere e di navi da crociera, sono tutti esperti, come nel calcio: c'è sempre qualcuno che garantisce la coppa del mondo, se solo gli facessero allenare la nazionale italiana.

Una nota di merito al personale di intrattenimento: proprio bravi. Deve essere veramente dura cantare per ore e far divertire il pubblico in cinque lingue. Auguro a loro una fulgida carriera. D'altronde qualcuno è diventato poi presidente del consiglio.

lunedì 2 maggio 2011

Tre uomini e una bara 2

Il mio ultimo post ha suscitato il commento velenoso di un anonimo lettore. Non l'ho cancellato perchè credo nella libertà di parola, anche se formalizzata in modo anonimo. Ciascuno si qualifica per quello che fa.
Tuttavia ringrazio Shunrei e Autistaxcaso per la solidarietà. 
La morte è sempre un tema ammantato da una sacralità che la rende inviolabile.  Vietato scherzarci su. La nostra cultura ha ritualizzato la morte per sopportare lo stupore della finitezza umana. E allora via con i funerali, le omelie e i cimiteri, dove "si riposa in pace".
Ma non solo.
Tutti vogliono morire a casa, circondati da parenti e amici, certi che possa essere più dolce il momento del trapasso. Persino la badante ti rassicura dicendoti di aver tenuto la mano al tuo congiunto mentre spirava. Pure il cinema tiene alto l'epos della fine con confessioni dell'ultimo minuto che durano un quarto d'ora, se non addirittura  scritte su una foglio.  E risparmio qui tutta la letteratura sull'argomento e di conversioni che hanno fatto guadagnare almeno il Purgatorio a qualche famoso personaggio.
Ma la verità è un'altra. Con l'approssimarsi della fine si desidera solo risparmiare le forze e avere ancora un po' di ossigeno. L'attività cerebrale è tutta concentrata sulle funzioni vitali: il respiro.
Tutto il resto è retorica per i vivi.
Io, per me, sogno di morire dietro i paravento di un ospedale con un medico pietoso che mi somministra morfina contro l'eventuale dolore e lontano da chi mi garantisce che "andrà tutto bene" o che mi respira ansiosamente addosso.
Il dopo non sarà più un mio problema.
Poco poetico? Forse. Ma reale.

P.S. Per Autistaxcaso: forse hai ragione; chi ha lasciato quel commento forse mi conosce.

venerdì 22 aprile 2011

Tre uomini e una bara


Certo che le studiano proprio tutte per scappare dalla Tunisia e farsi accogliere Italia. Alla faccia del governatore leghista che ha detto no ad accogliere i profughi extracomunitari. Stavolta il mezzo è un po’ claustrofobico, ma l’approdo è garantito. E, soprattutto, gratuito. Altro che 2mila euro a cranio per la traversata del Mediterraneo in balia delle onde e scafisti poco raccomandabili col rischio di sfracellarsi sugli scogli di Lampedusa. Per loro viaggio in prima classe con volo di linea e cerimoniale delle grandi occasioni.
A dirla tutta, la libertà si è fatta attendere non poco, ma le soddisfazioni non sono mancate. Partiti da Tunisi nel 1970, tutti e tre stipati in una sola cassa da morto in cedro del Libano – il migliore per questo tipo di involucro – appena atterrati sono stati immediatamente tumulati nel Cimitero monumentale di Torino, quello che sta  in centro, di fronte a familiari vestiti a lutto e tanti fazzoletti ad asciugare le lacrime per il rinnovato dolore.
Ma se  il tempo è galantuomo,  la  burocrazia no.
Così allo scadere dei 40 anni il Comune di Torino chiama i familiari per sapere cosa fare di quella bara gelosamente conservata nel camposanto dei fighi.
Rapida consultazione tra i parenti, valutazione dei costi per l’acquisto di altri quarant’anni di pietra e sovraffollamento delle cappelle di famiglia. La scelta è obbligata, si vada per l’esumazione e “se la fortuna ci assiste - avranno pensato gli affranti parenti – ‘ste quattro ossa le buttiamo nell’ossario dove qualche vecchia andrà a portare qualche fiore di plastica".

Ma durante le operazioni di esumazione tre scheletri, ben conservati hanno fatto marameo agli astanti confermando quello che tutti quelli dotati di saggezza predicano sempre: la pazienza è la virtù dei forti. Perciò tre cadaveri privi di permesso di soggiorno, anche perché italianissimi sebbene di Tunisi, hanno ottenuto il legittimo rimpatrio.

Adesso è guerra aperta da sindaco di Torino incazzato per l’affronto a 20 giorni dalle elezioni amministrative e presidente della Regione che proprio non si aspettava di essere gabbato in questo modo da tre meridionali.
Agli eredi, invece  l’incombenza di pagare il viaggio di altre due salme emigrate a sbafo, mentre in questi giorni ne arrivano a centinaia, tutte accolte a spese dello Stato. L’ennesimo esempio di sperequazione.

giovedì 21 aprile 2011

Scarto di dizione

Un’altra emergenza ha colpito due delle tre urpiste di stanza all’Urp.
Una è andata a un corso di formazione sulla comunicazione empatica, la seconda ha dovuto liberare la capigliatura della figlia infestata da pidocchi e lendini guadagnati all’asilo - dai giorni di mutua dichiarati credo che li aiuti a fare le valigie uno per uno -  la terza è a grave rischio burnout, perciò mi sono accomodata davanti al grande schermo dello sportello Urp.

Bip I 47

"Buongiorno, mi chiami la signora Pinco"
"Ha un appuntamento a quest’ora?"
"Veramente ce l’avevo alle 11, ma le ho telefonato dicendo che avrei tardato"
"E la signora Pinco le ha confermato l’appuntamento a quest’ora? Sa, fino alle 14.00 gli uffici sono in pausa pranzo e ora sono le 13.10"
"No. Sono arrivato adesso. Lei me la chiami"
"Mi perdoni la signora Pinco è a pranzo e perciò, come Le ho detto prima deve aspettare le 14.00
Poi deve andare all’ingresso, farsi compilare un p…"
"Noooooooo! Quel signore all’ingresso non può controllare la mia vita e voler  sapere tutto di me! Io, con quel meridionale non parlo".
Bava alla bocca e sangue nelle sclere degli occhi completano assertività della dichiarazione

Intanto mi viene in mente che uno dei signori della portineria  ha un accento marcatamente meridionale, ma credevo che di questi tempi la lotta fosse contro gli extracomunitari.
Mi ripropongo di fargli seguire un corso di dizione alla Famija Turinèisa a spese dell’azienda. Tuttavia devo punire il trucido perciò, con grandi sorrisi gli chiedo carta d’identità,  gli preparo il pass e lo spedisco nelle terre del Sud aspettare il suo turno fino alle 14.
Soddisfatta, esco per comprare mandolino e abito di Pulcinella per il prossimo servizio.

mercoledì 20 aprile 2011

L’isola dei morosi

Debitori indolenti, attenzione. Vi aspetta l’isola dei morosi, il girone dedicato agli utenti affetti da dimenticanza diuturna o intermittente o, più semplicemnte, con  qualche bolletta ancora in sospeso.
La Pa si arma e corre ai ripari. E per osteggiare l’inveterata abitudine di saltare qualche pagamento ha messo in campo una squadra specializzata  nel recupero di utenti con licenza di evadere.
Il meccanismo è semplice, ma efficace.

Si esaminano i profili degli utenti, si guardano le bollette non pagate e si procede con la selezione dei morosi. Un lavoro certosino esercitato alacremente da una task force selezionata esclusivamente su criteri professionali: che so, esuli da altri servizi non graditi all’amministrazione, campioni del procedimento disciplinare non altrimenti collocabili, tempi determinati  rotti  a qualsiasi lavoro per un tozzo di pane. Tutti adeguatamente formati per un approccio contemporaneamente rassicurante e prescrittivo.

Il progetto è stato implementato con accuratezza certosina, ma suscettibile a miglioramenti e innovazioni. Cinque punti programmatici che attendono ancora il via libera del direttore, che non tarderà.
Poi occorre la stesura di un regolamento attuativo, la redazione di note esplicative, una procedura di qualità, la verifica sul campo, i correttivi e le segnalazioni di difformità e la revisione della procedura.

Tempo di attuazione: 82 anni

martedì 19 aprile 2011

Alla luce del sole

"No, non è una rappresaglia nei confronti della ricorrente"
"Bene, avvocato, accolgo favorevolemente la Sua dichiarazione"
"Grazie signor Giudice, infatti è solo una sequenza temporale di eventi, è cambiato il colore dell'amministrazione e noi abbiamo destinato la ricorrente ad altro incarico"
"Ah, si chiama spoil system"
"....."
"E lo fate con tutti i dipendenti?"
"No, lo abbiamo fatto solo con l'addetto stampa"
"Interessante, lo metto a verbale"

mercoledì 13 aprile 2011

Babel

Nel  grande salone dove sono posizionata manu militari la giornata  è, per chi sa prestare orecchio, una babele di dialoghi che emergono ad intermittenza.

Dall’Appennino del protocollo, alle Ande della segreteria, non posso esimermi di captare la conversazione globale priva di nessi logici.

Maledette buste
Come?
I peroni ripieni….
Ma i residui ci sono, perché mi hai messo in questo turno
L’avvocato Bianchi ha scritto
Scotta?
L’impegno di spesa per l pubblicazione è uguale al 2006
Quando?
Drin drin drin
Fumi?
Dov’è il toner
Uhuu! I bambini a scuola!
Scarica protocollo
Giovanna, il telefoninooooooo
Biiiiiiiiiiip
No!
La  stazione appaltate rilascerà il Durc relativo al dirigente della struttura
Datemi il verbale
Scrivi qualcosa.
Uno di uno, poi?
Posso prenotare una panoramica per un bimbo di tre anni?
Ma Brooke (Logan) che ha fatto?

Io me ne sto nascosta dietro la pianta nella speranza che mi ritrovino fra un anno. Nel frattempo assumo uno Zoloft  ogni giorno, la pillola della felicità, che  rende sopportabile la mia inutile presenza in questo ufficio.

Elezioni 2011: innovare per credere

A maggio Torino dovrà eleggere un nuovo sindato e la competizione elettorale è già entrata nel vivo. Non potendo replicare quanto accaduto nel 2001, un candidato morto d'infarto durante un incontro con i commercianti, e l'opposizione che ha assitito il proprio cavallo di razza nella camera di un ospedale, i partiti utilizzano nuovi sistemi di propaganda.
Assolutamente bipartisan.
Perciò al via con le telefonate presentazione registrate: non te ne liberi neanche strappando il filo del telefono, puoi solo rispondere no alla domanda "Vuole conoscermi meglio?" "Digiti il tasto asterisco per confermare"
Grazie a Dio non lo trovo.
Questo è il metodo preferito dai candidati di destra, poco usi al comizio pubblico, riepiegano sulla tecnologia. Evidentetemente la legge dei grandi numeri li premia.
I candidati di estrazione cattolica o, come dire, più ecumenici, tentano il contatto diretto, anche se telefonico. Così oggi mi ha chiamato Raffaele per informarmi che loro fanno una politica vicino al cittadino, che vogliono ascolatare la gente, raccogliere proposte.
Ho declinato educatamente l'invito e,  prima che riuscissi a liquidare il giovane, ecco la domanda delle 100 pistole: "Quale pensa sia il problema più importante per Torino?"

Ho pensato a lungo, scorrendo la mia quotidianità, dalle piste ciclabili interrotte, alle cacche di cane che tappezzano i marciapiedi, poi c'è la sicurezza, la cassa integrazione che aumenta, la spesa per l'assistenza sociale ridotta a lumicino, le partecipate del Comune da ripianare, la manutenzione dell'arredo urbano e molto altro ancora.

Ho deciso: al prossimo suggerisco la lettura di questo post per ispirarsi nel progamma elettorale.
Così risparmia soldi in telefonate.
Questa sì che è innovazione.

venerdì 8 aprile 2011

Polveri sottili






Il silenzio di questi giorni è giustificato dai lavori di ristrutturazione del mio minuscolo attico. Per una settimana due espertissimi uomini hanno levigato il mio parquet dissestato dalle piogge dello scorso anno.
Nel frattempo ho vissuto in una bella casa d’epoca del mio ex ex ex fidanzato con il quale ho barattato un letto con cenette a base di verdura e pesce. Una settimana da finta maglie senza obbligo di dovere coniugale.
Ma il rientro è stato fantastico, con tutto quell’odore di vernice ad acqua che mi ottenebrato la mente: un’euforia degna delle migliori sostanze psicotrope.
Rimane la polvere di legno in tutti gli interstizi del mondo, una polvere sottile resistente a ogni tipo di aspiratore che mi ributta nella più vintage delle scope.  

domenica 27 marzo 2011

Call me

E' stata una sorpresa che mi ha bloccato in mezzo all'incrocio: un telefono pubblico proprio all'angolo vicino casa mia. In tutti questi anni non me ne ero mai accorta. Da quando cioè l'avanzare dei cellulari ha definitivamente soppiantato le cabine telefoniche. E quelle superstiti vanno bene per ripararsi dalla pioggia o, all'occorrenza, per sostituire i vespasiani.
Invece no. Questa mattina un signore di mezza età, con accento italiano, stava parlando nella campana di protezione acustica del telefono pubblico, anche se così ad alto volume che l'ho sentito.

Affetta da cecità pregressa, ho chiesto lumi al bar di fronte, perchè io proprio non ci volevo crdere che ci fosse un telefono funzionante in mezzo al traffico del corso.

Il solito avventore, che tutto sa della zona, conferma la presenza da circa un anno del fungo telefonico e mi fornisce anche le statistiche del fermo impianto.

Ora io mi riprometto di usare l'apparecchio al più presto perchè occorre premiare tanto senso civico. E soprattuto rimbalzare indietro nel tempo, quando c'era ancora la lira e per telefonare dovevi farci cadere dentro una moneta da cento lire, tariffa urbana illimitata, oppure quando, nelle sere d'inverno ti stropicciavi nelle cabine con il tuo fidanzato o, ancora anche, quando la cabina telefonica era il posto da dove venivano rivendicate azioni  sovversive: "Qui gruppi armati ecc. abbiamo eseguito esproprio proletario." Click. Oppure  presentate richieste di riscatto "Portate mezzo miliardo in banconote da mille non segnate nel posto , vi faremo sapere."

Chissà con chi parlava quel signore di mezza età in modo così concitato.

giovedì 24 marzo 2011

Totem e tribù

Sono prove importanti quelle che la sorte, qualche volta, ti chiama a superare. E per chi vive dietro lo sportello la sfida sta nel sopravvivere quando il totem elimina coda si rompe e non eroga più minuscoli foglietti con numeri progressivi per rabbonire l’utente.
È successo questa mattina.
Erano circa le dieci e l’urpista diligente mi ha cercato sul telefonino per annunciarmi disordini nel salone: utenti in derelegulation rimbalzavano tra gli sportelli senza riuscire a consegnare documenti o perfezionare pratiche.

Cristo! E tu che hai fatto?” l’ho interrogata con ansia.
E cosa vuoi che abbia fatto – mi ha risposto con tono compiaciuto – ho chiamato l’assistenza e ho distribuito i numeri a mano”.

Tiro un sospiro di sollievo e penso al caffè, ma l’urpista diligente affonda il colpo:
“Già, adesso c’è poca gente, ma domani, all’ora di apertura, come faremo?”
Il muro umano schiacciato sulla porta vetri dell’ingresso alle 8.30 del mattino mi fa tremare i polsi. Occorre ritornare al lavoro manuale. Allora scendo per preparare almeno 227 biglietti con il numero disegnato a pennarello, confido su maschio di razza bianca e corporatura robusta posizionato all’ingresso per domare folla e nuovi disordini
In ascensore imploro il tecnico del totem.

Ma il destino, per la verità un po’ avverso di questi ultimi tempi, mi dà una mano. L’uomo del totem mi apostrofa e mi prospetta una soluzione rapida. Poi armato di spry, olio e un lunghissimo bastoncino flessibile, ha rimesso in funzione la macchinetta salva-sportello che ha ripreso a sputare biglietti a ripetizione con una sola carezza sullo schermo - tecnologia touch screen - ricomponendo la pace nel salone.

mercoledì 23 marzo 2011

Abuso della professione medica



Lui si chiama “Animalware Doctor” ed è un virus che si è installato sul mio sistema operativo sotto le mentite spoglie di un programma che ti protegge dalle infezioni.
Falso.
Il lurido cavallo di Troia anziché curare il pc, vuole impossessarsi della mia identità e di tutte le password che io non ho mollato.
L’ho respinto, ho cercato debellarlo, ho scansito il disco con l’antivirus poi, vinta dall’abuso, ho spento il computer e ho chiamato un softwarista di lungo corso, un vero dottore del computer, che il giorno successivo è corso al capezzale del morituro.

La cura è stata pesante e radicale, una bonifica file per file prima di trovare l’insidioso batterio in salsa bit e, successivamente, l’escissione chirurgica a colpi di mouse.
Un ultimo controllo e una nuova scansione con uno speciale antivirus e il mio hard disk è avviato a una veloce ripresa.

Problema. A chi denunciare l’abuso di professione medica?

martedì 15 marzo 2011

La spoon river delle scuse

L'utente medio attinge a un fondo dedicato alle scuse che sfodera tutte le volte che scopre di essere in ritardo.

Stavolta è un sussidio erogato tutti gli anni, e sempre nello stesso periodo, ad alcune famiglie. Dopo il primo assalto degli utenti più zelanti, il flusso si regolarizza per toccare un nuovo picco all'approssimarsi della scadenza.
L'ultimo giorno, indossata l'armatura e si affronta l'ultimo assalto. Mentre la giornata successiva è dedicata ai respingimenti.

E il dialogo si declina sempre uguale.

"Davvero?"
"Sì"
"E quando?"
"Ieri"
"Allora non posso più presentare la domanda?"
"No"
"Ma io sono stato in ospedale..."
"Per 56 giorni?"
"No, ieri a fare degli esami."
"Ha avuto 55 giorni per presentare la domanda."
"E adesso che faccio?"
"Paga tutto."

"Davvero?"
"Sì"
"E quando?"
"Ieri"
"Allora non posso più presentare la domanda?"
"No"
"Ma io solo ieri ho trovato la lettera."
"L'abbiamo spedita a gennaio."
"Sarà colpa del postino"
"Gli chieda i danni"


"Davvero?"
"Sì"
"E quando?"
"Ieri"
"Allora non posso più presentare la domanda?"
"No"
"Non ne sapevo niente."
"Sono dieci anni che Lei ottiene il sussidio, non può non saperlo?"
"La mia assistente sociale non ha voglia di lavorare"
"E Lei?"


"Davvero?"
"Sì"
"E quando?"
"Ieri"
"Allora non posso più presentare la domanda?"
"No"
"Sul cartello c'era scritto che scadeva oggi"
"Maledetto inchiostro simpatico"


"Davvero?"
"Sì"
"E quando?"
"Ieri"
"Allora non posso più presentare la domanda?"
"No"
"Ma da quando scade oggi?"
"Dal '96"


"Davvero?"
"Sì"
"E quando?"
"Ieri"
"Allora non posso più presentare la domanda?"
"No"
"L'ascensore non funzionava"
"Lei è privo degli arti inferiori?"
"No"

martedì 8 marzo 2011

Dolenti casse

Anche al supemermercato l'utente medio sfodera pezzi da novanta. Solo che lì si chiamano clienti. Ma per il cassiere, condannato a passare sul lettore ottico migliaia di prodotti in turni di due ore senza pausa, il risultato è lo stesso.

Così, con l'approssiamarsi dell'ora x, l'addetto alla cassa accende il semaforo rosso, mette il cartello "CHIUSO", avverte l'ultimo della fila e spera nella buona sorte.

Ma al cliente distratto, con il telefonico ultima generazione attaccato all'orecchio, per parlare, quando il discorso si fa aulico, di pappe per cani, non basta una faglia oceanica per interrompere il suo inutile interloquire vie etere.

Ci cade dentro mentre continua a berciare.
Così il cassiere di fine turno esercita le gambe alzandosi ogni volta e intimando l'altolà a ogni nuovo avventore che allunga la fila.
Ma merita un oscar alla carriera l'espressione stupita del cliente quando viene bloccato: "Ma questa cassa è chiusa?!"

lunedì 7 marzo 2011

Day off

Dopo 20 minuti attaccata al termosifone della cucina per trovare uno stratagemma che mi spingesse al lavoro, ho deliberato:  mi meritavo giorno di ferie.

Un calcolo veloce sul residuo del 2010 ha abbattuto il muro della mia indecisione. Ho alzato il telefono, composto il numero, annunciato all'ufficio personale la mia assenza e ho tirato un sospiro di sollievo.

Alla riunione sulla firma digitale può andarci qualcun altro. Non io.

Io mi godo il dolce far niente a casa mia, mi lacco le unghie, leggo la cronaca bianca sul giornale, faccio surfing in internet. Ma l'ufficio non avrà il mio cervello. Almeno per oggi

venerdì 4 marzo 2011

Bit e non più bit


Succede così. Il computer del mio ufficio ha smesso di funzionare. Si accende, mi chiede login e password e, dopo un tempo infinito, si materializza il primo avviso:
"Aggiornamento non riuscito"

Insisto e vado avanti, ma di scaricare la posta elettronica non ne vuol sapere, nè di entrare nel sistema, figuriamoci fare surfing su  internet.

Il tecnico per venire a dargli  un'occhiata vuole una richiesta via e mail

"Scusa, ma ma posta elettronica non funziona, non posso mandarti la richiesta?"
"Chiedi al referente per l'informatica del tuo servizio, è la procedura".

Giro lo sguardo in cerca di aiuto e la collega indulgente capisce ed invia in tempo reale una richista  in bit al servizio informativo aziendale.

Questo succedeva martedì.

Per due giorni si son alternati al capezzale del mio computer due esperti in hardware e software, hanno riprogrammato il computer, reinstallato il bios (?), sostiutito il cavo, controllato la funzionalità del punto rete, spostato gli attacchi.

Ma la macchina si ingrippa sempre. Apre la sua schermata, sembra che carichi il programma, poi, dopo che sullo schermo sono passate migliaia di righe bianche su sfondo nero, emette la sentenza:
"Aggiornamento non riuscito".

E io sempre lì ad attendere un segnale di vitalità, mentre i colleghi del protocollo mi guardano sospettosi, la segretaria incuriosita da tanto movimento chiede cosa stia succedendo.

Non voglio neanche immaginare che sia una strategia aziendale, qui la persecuzione batte vie mai percorse. Ma tant'è.

Per due giorni ho vagolato per il palazzo in attesa delle 17.30 l'ora della mia libertà.
E domani è un altro giorno.




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